L’autobiografia (anche politica) degli
italiani
di Luciano Lanna
E’ forse persino scontato ricordarlo: ma il suo volto tipico, il
suo vocione, le sue mimiche ammiccanti, la finezza della sua
recitazione resteranno negli anni a raffigurare l’icona
dell’italiano del Novecento. Il cosiddetto italiano medio,
l’italiano e basta: né arcitaliano, né antitaliano. L’italiano che
è in tutti noi, l’italiano della vera autobiografia delle nostre
famiglie. Forse non è un caso che si intitolasse proprio “Storia
di un italiano” una fortunata trasmissione televisiva del 1980
realizzata dallo stesso Alberto Sordi per la Rai: attraverso un
collage commentato di sequenze tratti dai suoi film veniva infatti
ricostruita una storia reale, del costume e dei valori,
dell’italiano medio dagli inizi del Novecento alla fine del
secolo. Tanti i volti di questo proteiforme attore, scomparso a 82
anni nella sua Roma: eroe suo malgrado ne “La Grande Guerra”;
squadrista per caso ne “La marcia su Roma”; “romano de’ Roma” che
sogna gli States negli anni Cinquanta in “Un giorno in pretura” e
ne “L’americano a Roma”, dove interpreta il personaggio di Nando
Moriconi; ex partigiano e giornalista del dopoguerra in bilico tra
conformismo e coraggio in “Una vita difficile”; “borghese piccolo
piccolo”, nella omonima pellicola di Monicelli; arrampicatore
sociale tutto determinazione e competenza come Guglielmo il
Dentone nel film “I complessi”; “borsanerista” sempre senza soldi
ne “Il boom” di De Sica. E per molti, comunque, l’Albertone
nazionale, resterà nell’immaginario soprattutto l’attore di
varietà che in “Polvere di stelle” gira l'Italia con una
sgangherata compagnia teatrale cantando “ma ‘ndo vai? Se la banana
non ce l’hai?”.
In centonovanta pellicole, diretto da Steno e Pietrangeli, Risi e
Monicelli, Zampa e Scola, Sordi ha rappresentato soprattutto
l’italiano del miracolo economico sempre diviso tra superficialità
e senso del dovere, tra provincialismo e esterofilia, tra
cialtroneria, pressappochismo e onestà di fondo. La scena di Nando
Moriconi deluso dalla mostarda e vorace davanti al piatto di pasta
è la metafora migliore di questa coincidenza degli opposti.
D’altro canto, Albertone aveva proprio la faccia giusta, per
mostrarsi allo stesso tempo mammone e finto cinico, opportunista
per “tirare a campare” e sentimentale nell’intimo. Ma nonostante
questo, Sordi negli anni Settanta riuscirà a esprimere anche una
sua via all’impegno di quegli anni. Sarà il dottor Guido Tersilli,
che naviga a modo suo tra i mali della sanità italiana,
raffigurazione straordinaria dell’italietta dei “furbi” e del
“Francia o Spagna purché se magna”, che cerca scorciatoie per il
successo. Così come denuncerà la malagiustizia in “Detenuto in
attesa di giudizio”. E così come rappresenterà la condizione dei
nostri emigrati in “Bello, onesto, emigrato Australia, sposerebbe
compaesana illibata”.
Un’icona politica, in fondo, quella di Alberto Sordi, un’icona in
grado di raccontarci l’Italia meglio di tanti libri di scuola e di
tante interpretazioni sociologiche. Basterebbe andarsi a rivedere
due film come “I due nemici” o “Tutti a casa” per avere una
percezione profonda dello stesso trauma dell’8 settembre e della
“morte della patria”. Un’icona politica che, forse, è la migliore
raffigurazione della lunga stagione dell’Italia democristiana.
Alberto Sordi - del resto mai a sinistra anche in stagioni in cui
tutti gli uomini di spettacolo scalpitavano per firmare appelli o
schierarsi col vento progressista – non ha nascosto in nessuna
occasione la sua anima profondamente italiana, fatta di realismo
politico, buonsenso pratico e disincanto nei confronti del potere.
Arrivando ad ammettere non certo di essere – o essere stato –
“democristiano”, ma di “aver votato, come la stragrande
maggioranza degli italiani Dc” per fronteggiare la minaccia di
un’Italia spostata a Est. E arrivando pure, in una celebre
conversazione con alcuni giornalisti nell’autunno del 1991, ad
ammettere di provare – senza essere o essere mai stato fascista -
una certa nostalgia per l’Italia in camicia nera della sua
infanzia, quando tutti i bambini vestivano alla stesso modo. Un
italiano del Novecento, insomma, Alberto Sordi. Un italiano vero.
L’italiano che resterà nell’immaginario (non solo cinematografico)
di tutto il mondo.
28 febbraio 2003
lucianolanna@hotmail.com |