Biotecnologie: l’uomo oltre l’uomo
di Paolo Terenzi
I legislatori e i ricercatori non dovrebbero dimenticare che “il
fine principale della medicina è quello di curare i malati, e non
quello di trasformare persone sane in superuomini” (p. 284).
Questa lapidaria affermazione fa un po’ da filo conduttore al
recente volume di Francis Fukuyama dedicato alle biotecnologie. In
L’uomo oltre l’uomo, l’autore del discusso “La fine della storia”
cerca di dimostrare che “la minaccia più reale posta delle
biotecnologie contemporanee è costituita dalla possibilità che,
alterando la natura umana, diamo origine ad una nuova fase storica
postumana” (p. 14). Il tono del libro non è improntato allo
sconforto e al disfattismo, traspare semmai un certo scetticismo
verso il futuro radioso promesso dagli apprendisti stregoni. Le
biotecnologie possono essere foriere sia di evidenti benefici sia
di svantaggi latenti, il futuro è aperto: “Saranno le decisioni
politiche che prenderemo nei prossimi anni a proposito del modo di
rapportarci con queste tec-nologie che decideranno se entreremo o
no in un futuro postumano e nel potenziale abisso morale che tale
destino ci prospetta” (p. 27). Ciò che è certo è che lo
sviluppo
delle biotecnologie avrà conseguenze importanti sul quadro
politico del Ventunesimo secolo.
I progressi ottenuti daranno luogo a controversie sull’uguaglianza
tra gli uomini, sulla responsabilità personale, sull’universalità
dei diritti umani. Rivoluzioneranno le gerarchie sociali,
modificheranno la natura delle politiche globali: “Cosa ne sarà
dei diritti politici il giorno in cui, di fatto, saremo in grado
di far nascere alcune persone con la sella sulla schiena e altre
con stivali e speroni?” (p. 17), si chiede in modo provocatorio
l’autore. Nel libro si parla anche del controllo e della modalità
di regolamentazione delle biotecnologie. Fukuyama non ritiene,
infatti, che il perseguimento del progresso scientifico sia da
considerare legittimo per definizione. Riconoscere poi che le
leggi non sono mai pienamente rispettate, non è un’obiezione in
grado di vanificarne la validità e l’opportunità.
La politica non deve assumere un atteggiamento inerte, altrimenti
finisce per legittimare i risultati ottenuti dalla tecnologia e
per lasciare spazio alla creazione di diritto da parte della
giurisprudenza. Il fatto che sia auspicabile un quadro di
regolamentazione con validità internazionale, non rende inutile la
legislazione nazionale, come affermano certi sostenitori ad
oltranza delle biotecnologie. L’unica strada possibile, peraltro
seguita già in altri campi, non passa attraverso l’istituzione di
una nuova organizzazione internazionale, ma nell’impegno per
armonizzare le legislazioni interne dei vari Stati. In
conclusione, anche questo libro di Fukuyama, di sicuro, farà
discutere, poiché ha il merito di fare luce su sfide dai contorni
ancora incerti, ma che presto, volenti o nolenti, saranno chiare a
tutti.
31 gennaio 2003
Francis Fukuyama, L’uomo oltre l’uomo. Le conseguenze della
rivoluzione biotecnologica, Milano, Mondadori, 2002, pp. 343
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