I vini del Franco bevitore.
Figlio di
Puglia, omaggio a Federico II
di Franco Ziliani
Anche se sul regno del Cabernet Sauvignon, dello Chardonnay e del
Merlot (spesso introdotti canagliescamente, a tradimento e in
totale spregio delle leggi vigenti, nei nostri vigneti) non sembra
tramontare il sole, la valorizzazione dei moltissimi vitigni
autoctoni italiani viaggia sempre più spedita e va segnalato
pertanto come un felice segnale di questa riscoperta delle nostre
radici il libro, Vigneto Italia, (in collaborazione con Mario
Busso e Carlo Vischi, Edizioni Gribaudo il Gusto Tel 0172 381300
edizioni.gribaudo@libero.it) della collega statunitense, ma
residente a Verona, Patricia Guy. In attesa di recensire con
l'attenzione che merita questo volume, voglio solo sottolineare
come sia bello e consolante tornare ad addentrarsi, con lusso
calma e voluttà, tra la sapida mineralità di un Trebbiano ben
fatto ed il salino calore di un Fermentino, tra la vinosità
fruttata e ammandorlata del Groppello, la florealità soave della
Malvasia, la mora fitta e speziata del Lagrein, la contraddittoria
dolcezza della mandorla amara nel Fiano, definizioni, tutte, che
devo alla mia preziosa collaboratrice Wilma Zanaglio, firma di
punta del sito Internet WineReport www.winereport.com, baluardo
della difesa (questa sì davvero no-global!) degli italici vini
contro la standardizzazione e l'omologazione in nome del gusto
internazionale e dei diktat del mercato.
Anche io, questa settimana, voglio offrire il mio convinto
contributo alla riaffermazione, possiamo dirlo, del primato delle
italiane varietà ampelografiche su quelle foreste, (volete mettere
il Nebbiolo, l'Aglianico, il Sangiovese con un banale, anche se
capace di grandezza, Merlot?), segnalandovi, in anteprima
assoluta, un vino alla sua prima uscita sul mercato. Siamo in
Puglia, terra di rossi importanti, ricchi di corpo, e nella sua
zona vinicola più settentrionale, quell'area in provincia di Bari
che fa capo ad Andria e alla Doc che prende il nome dal magnifico
Castel del Monte fatto erigere da Federico II di Svevia. Il vino
vuole proprio essere un omaggio, sin dal nome latino, Puer Apuliae
o Figlio di Puglia, al grande imperatore, con la ripresa
dell'appellativo affettuoso che gli era stato attribuito voluta
dal produttore faro di questa zona, e sicuramente uno dei migliori
dell'intera regione, l'azienda vinicola Rivera già nota per vini
come i Castel del Monte riserva Falcone e Cappellaccio, il
Rupicolo e l'ottimo Moscato di Trani Piani di Tufara. Puer Apuliae
oltre che omaggio colto ad un uomo che fece grande la Puglia, non
è nome casuale, perché dichiara apertamente di essere un vino
orgogliosamente figlio del più rappresentativo, ma meno noto,
vitigno autoctono a bacca rossa della Puglia centrale: l'Uva o
Nero di Troia.
Un'uva forse proveniente dall'Albania, o da Troia, dalla quale
potrebbero essere partiti i greci giunti sulle coste pugliesi nel
periodo della colonizzazione greca, o, ancora, da Troia, piccolo
paese del foggiano, già prevista nella composizione delle Doc
Castel del Monte, Rosso Barletta, Rosso Canosa, Rosso di Cerignola,
Cacc'e mitte di Lucera, che proprio in un vino di forte carattere
come questo, ottenuto da un clone quasi dimenticato, ad acino
piccolo, selezionato nei vigneti più vecchi dell'azienda ha
trovato la sua definitiva consacrazione. Vinificato in chiave
moderna quanto a tecnica d'affinamento, ma ottenuto con una
macerazione lunga, e molto tradizionale di ben venti giorni, per
avere la massima estrazione di colore e di sostanza, il Puer
Apuliae di questa beneaugurante annata 2000 d'esordio sorprende
per il suo equilibrio, la sua eleganza, la sua complessità, da
vino che dimostra di aver già pienamente trovato la propria
dimensione ed identità. Colore rubino molto fitto, che mantiene
ancora una notevole e vivace unghia violacea, mostra un naso
ricco, complesso, di grande concentrazione, ma di estrema
fragranza e freschezza, grazie a note balsamiche e mentolate che
equilibrano un succoso fruttato fatto di prugna, marasca, mora,
uva passita, impreziosito da accenni speziati che richiamano
l'incenso e calde note terrose di viola e sottobosco.
La bocca rispetta in pieno lo stile e l'impianto del vino, che
mostra una piena maturazione delle uve, quasi una
sovra-maturazione che ricorda l'Amarone o un altro grande rosso
pugliese, il Graticciaia di Vallone, e quindi grande dolcezza, una
succosa e polputa ricchezza e densità di frutto, ma senza mai
scadere nel marmellatoso, nello scontato e nel pesante, e
mantenendo sempre, nonostante una struttura importante, un alcol
sostenuto, ma bilanciato, grande larghezza e persistenza, pulizia,
freschezza, un pizzico di sapidità che regalano grande
piacevolezza al bicchiere. Un vino perfettamente riuscito, anche
per quanto riguarda il difficile rapporto con la barrique, dove il
vino si è affinato, ma che non si fa mai sentire, da gustare con
cibi ricchi di sapore, come arrosti di carni rosse, selvaggina,
carni con preparazioni salsate o con fondo bruno, formaggi
stagionati. Alla vostra salute, orgogliosi e tenaci cultori
dell'italico vinicolo primato!
22 novembre 2002
Bubwine@hotmail.com
Azienda vinicola Rivera. S.S. 98 70031 Andria - Bari. Tel. 0883
569501 fax 569575 www.rivera.it info@rivera.it prezzo 23 Euro
|