Libri. L'altra metà del cielo
di Maria Teresa Petti
Qual è agli esordi del Ventunesimo secolo il ruolo e l'importanza
delle donne nella società e nella politica italiane? Ancora,
purtroppo, un ruolo da "escluse", soprattutto dai luoghi delle
decisioni politiche e istituzionali. Una "democrazia imperfetta",
almeno dal punto di vista delle donne? E' questa la tesi di
Susanna Creperio Verratti, studiosa del pensiero politico nelle
sue interconnessioni con la questione femminile. Quello che
l'autrice scandisce da subito è un netto no ai luoghi comuni. E
l'argomento viene anzi trattato con l'atteggiamento di chi lancia
una sfida: riuscire a pensare alla trasformazione del principio
universale di uguaglianza e di non discriminazione, realizzandola
in un'insieme di regole certe, applicate con rigore. E' senz'altro
vero che le donne sono più della metà della popolazione italiana,
ma è pur vero che esse sono rappresentate come una minoranza (meno
del 10 per cento). Ciò è grave, anche in considerazione del fatto
che si tratta di una percentuale tra le più basse del mondo. Che
la società italiana sia davvero poco democratica e libera? Di
fatto il potere politico è sotto il totale monopolio maschile,
cosicché la Verratti può affermare che il vero nemico della
democrazia italiana è "il dispotismo della consuetudine". Ma se il
titolo già presagisce un atteggiamento di indagine dei concetti di
diversità e uguaglianza, il testo non delude su questo. Viene
infatti analizzato il concetto di uguaglianza, considerandolo come
un'idea che potrebbe finire con l'appiattire la donna sul modello
maschile. Per capire il vero rapporto tra uguaglianza e diversità
bisogna invece prendere atto che i generi sono due, distinti, con
esperienze e visioni del mondo diverse. Bisogna capire che tutti
siamo diversi, ma che la differenze tra la donna e l'uomo è sia
fisica che culturale.
Il concetto di uguaglianza deve essere rivisto insieme a quello di
"parità nella differenza". In virtù di questi concetti le donne
italiane devono esigere pari rappresentanza, non come diritto ad
essere elette, ma come diritto ad essere scelte in condizione di
parità rispetto agli uomini. Hanno il dovere morale di assumere
oggi un ruolo pubblico attivo, contribuendo così ad elevare e
migliorare la politica. Le virtù peculiari possedute dalle donne,
ed utilizzate quasi sempre solo nel privato, potrebbero essere
trasferite nella sfera politica come portatrici di nuovi ideali,
producendo un valore aggiunto di arricchimento per tutta la
società. Se si realizzerà così una battaglia per le parità
politiche, quest'ultima favorirà non solo le donne, ma anche gli
uomini, perché aggiungerà nuove e importanti qualità e abilità
alla politica stessa. Le donne italiane sono una "risorsa
sotto-utilizzata".
Una nuova legge sulla parità di accesso alle cariche elettive e
alle funzioni pubbliche sarebbe un ottimo vantaggio per l'Italia,
che sfrutterebbe abilità, meriti e competenze delle donne. Ciò è
già stato realizzato in diversi paesi d'Europa (Gran Bretagna,
Francia, Spagna, Nord Europa). Insomma: forse è vero che il
livello di democrazia di un paese si misura in relazione alla
realizzazione delle libertà fondamentali e del diritto
all'uguaglianza nella diversità. E, dunque, è un sistema
migliorabile gradualmente. Se - come conclude la Verratti - ogni
grande civiltà si muove seguendo alcuni ideali scaturiti da
utopie, sogni e speranze, l'utopia della contemporaneità è la
democrazia liberale capace di rappresentare al meglio una società
plurale.
8 novembre 2002
matpetti@hotmail.com
Susanna Creperio Verratti, Uguali e diverse. Per la parità
politica in democrazia, Bastoni, Foggia, 2002, pp. 93 - € 7 |