Vino: lo spettro del proibizionismo
di Franco Ziliani

Il provvedimento del ministro Lunardi che prevede la diminuzione allo 0,50 mg/dl della soglia massima del tasso alcolico presente nel sangue, tale da far scattare automaticamente, ad un controllo di polizia, pesanti contravvenzioni, è la classica misura che partita con le migliori intenzioni, rischia, anzi, sta già creando danni, ben superiori alle previsioni. Giustissima l’idea di usare il pugno di ferro contro le stragi del sabato sera, contro lo stordimento dovuto a super alcolici (spesso uniti in un micidiale mix a pasticche varie ed erba) consumati in beata incoscienza dal popolo delle discoteche. Legittima la volontà di fare in modo che chi si mette alla guida di un’autovettura lo faccia in condizioni di massima lucidità ed efficienza fisica. Pretendere però che il tasso alcolico incriminato sia solo di 0,50 mg/dl, in altre parole l’equivalente di un bicchiere o poco più non tanto di vodka, gin, whisky, ma di Barolo, Valpolicella, Chianti Classico, Franciacorta, Cirò, porta inevitabilmente a criminalizzare non tanto le sbornie pericolose, ma il semplice, normale, pacifico e tutt’altro che dannoso - come hanno dimostrato ampiamente le ricerche mediche in tutto il mondo - consumo ragionato, moderato, sano e consapevole di vino.

Una cosa è purtroppo certa: con le attuali disposizioni di legge noi bevitori, non solo gli addetti ai lavori, produttori, enologi, giornalisti degustatori, bensì il normale consumatore, che si concede il piacere di un paio di bicchieri a pranzo, a casa o al ristorante, siamo tutti finiti nel mirino, passibili di pesanti multe, se non del ritiro della patente. Possiamo tutti, dopo aver bevuto in maniera normalissima, senza perdere in alcun modo la lucidità ed il controllo, senza aver compromesso i nostri riflessi, senza essere diventati in alcun modo pericolosi, per noi stessi e per il prossimo, incappare in un controllo, in una pattuglia della polizia stradale, e una volta sottoposti alla prova del palloncino essere incriminati. Questo è totalmente assurdo, ma lo è soprattutto se si considera che profondamente diverse sono le soglie di tolleranza di ognuno e che non è possibile, in nome di una norma standard, mettere sullo stesso piano il bevitore occasionale, per il quale un paio di bicchieri possono rappresentare un notevole strappo alla regola e costituire una soglia critica, e il bevitore regolare, colui che beve, anzi, assaggia, per professione, che può tranquillamente mettersi al volante, con pieno controllo della guida, anche dopo una serie di assaggi o una degustazione professionale. Né tantomeno queste due figure possono essere confuse, e parimenti criminalizzate, con quella dei ragazzi che si mettono al volante dopo la discoteca. Questo manicheismo legislativo, una soglia alcolica così bassa che non mette nessuno, tranne gli astemi, al riparo dal rischio della prova palloncino e di pesanti contravvenzioni, non solo è sbagliato e sbrigativo, non solo equipara il bevitore maturo, in grado di reggere perfettamente due o tre bicchieri, bevuti non a digiuno ma durante i pasti, oppure il degustatore professionale abituato ad assaggiare senza bere con chi fa un uso eccessivo di alcolici e superacolici, ma sta creando seri problemi anche all’economia che ruota intorno al vino.

Basta parlare con qualche ristoratore, in questo periodo, per raccogliere lamentele e proteste, per sentire che il consumo di vino al ristorante è nettamente calato, e che in molti casi, quando un gruppo di clienti che compone una tavolata non può contare sull’amico delegato al ruolo di autista, che rimane rigorosamente a secco, ai tavoli da due, o quelli di un single non si vedono troneggiare che gran bottiglie di acqua minerale. Lo stesso problema nei wine bar, nelle enoteche, quasi si fosse piombati in un clima di proibizionismo che non ha alcuna ragione di essere. Per questo motivo, di fronte al fondato pericolo che il vino, il normale consumo di vino, la civiltà del bere vengano poste sul banco d’accusa, e che la gente, obtorto collo, si abitui a considerare il vino come qualcosa cui rinunciare, senza voler passare per paladini e difensori della sbornia, (che ogni tanto, soprattutto se il vino è molto buono e genuino, non fa certo male…), chiediamo che il mondo del vino si faccia sentire e non subisca passivamente questa assurda situazione.

Chiediamo che intervengano l’Unione Italiana Vini, la Federvini, l’Associazione Enologi, l’Associazione Italiana Sommelier, e tutte le voci libere del giornalismo enoico, per chiedere, non per spirito corporativo, ma in nome del buon senso, che questo limite venga rivisto e innalzato, che i professionisti che sono in grado di dimostrare di saper reggere due bicchieri di vino senza diventare dei pericoli pubblici ricevano una sorta di patentino, di attestato, di dichiarazione che li liberi dal pericolo di essere multati o di vedersi ritirare la patente al primo fiscale, tassativo, controllo di polizia. Chiediamo in ogni che siano inoltre diffusi chiarimenti circa i tempi di assorbimento, ovvero il periodo che deve intercorrere dal consumo di vino e il momento in cui ci si può mettere al volante senza rischiare alla prova palloncino. Combattere efficacemente la guida in stato di ebbrezza, rendere le strade più sicure, ha un senso ed è giustissimo e doveroso. Ma, volendo fare ciò si finisce per ridurre il consumo ragionevole, maturo, moderato di vino ad un crimine. Nel 2002 non abbiamo certo bisogno di proibizionismi…

29 ottobre 2002


Bubwine@hotmail.com
stampa l'articolo