La memoria delle nazioni
di Cristiana Vivenzio
Una Raccomandazione del Parlamento europeo datata 1996, e dedicata
alla storia e all’apprendimento della storia in Europa,
“incoraggia gli Stati membri dell’Unione ad istituire dei musei
nazionali, sul modello della Casa della storia di Bonn”. Dalle
colonne del Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia
lanciava, qualche tempo fa, un suggerimento al presidente della
Repubblica per la costituzione di un museo della nazione italiana
“destinato ad ospitare tutte le memorie della storia d’Italia”.
Contemporaneamente, il presidente Ciampi e il ministro dei Beni
culturali Giuliano Urbani annunciavano l’intenzione di realizzare
un grande museo della nazione che celebri “l’Italia delle cento
città, delle mille bandiere, di una sola lingua, di una sola
civiltà, di un solo Stato”. In questo clima, nel corso delle
celebrazioni della Festa della Repubblica, la più alta carica
dello Stato ha inaugurato una sezione di quello che dovrebbe
essere il nucleo centrale del futuro museo. Il percorso è lungo,
ma sostanzialmente avviato. La riscoperta del “nazionalmente
corretto”, intrapresa già da qualche tempo attraverso la
valorizzazione di alcuni simboli dell’identità storica della
nazione (l’inno, la bandiera, i luoghi delle patrie battaglie, la
riscoperta di un certo patriottismo), ha certamente indotto ad una
riflessione più approfondita sull’idea di nazione e su quella di
identità nazionale. Creare allora un luogo in cui sia tangibile in
maniera permanente il rapporto degli italiani con la propria
storia, con le proprie tradizioni, con la propria cultura,
significa dare concretezza a questo processo.
Farlo, significa tener conto di almeno due aspetti: da una parte
la necessità di non trascurare quella funzione
pedagogico-divulgativa che conferisce al museo una sorta di ruolo
di “educatore civico” del cittadino; dall’altra il bisogno di
creare una struttura che sia in grado di espletare una funzione
simbolica, una funzione eminentemente evocativa da cui emerga il
senso dell’appartenenza e dell’identità. Le scelte da compiere
saranno molte. Dovrà essere stabilito in che modo realizzare il
progetto, se attraverso un circuito museale che si sviluppi su
un’area estesa o concentrato in una sola struttura. E se prevedere
delle strutture permanenti da affiancare a strutture variabili che
diano significato a qualcosa in continuo mutamento. Dovrà essere,
poi, stabilito accuratamente di quali strumenti fare uso per
realizzare gli obiettivi preposti. Strumenti che possono essere i
più vari: da quelli iconografici a quelli documentari (documenti
ufficiali, diari, lettere, ecc.), dai filmati agli oggetti che
appartengono alla storia materiale fino alla ricostruzione di
scene e ambientazioni del passato o all’uso dei recenti mezzi
della comunicazione telematica.
Gli esempi cui attingere sono moltissimi, anche già presenti sul
territorio nazionale. Eppure, per realizzare un museo della
nazione italiana si può guardare anche ad altre realtà, europee ma
non solo. Vale la pena allora soffermarsi su alcuni di questi
esempi. La scelta è stata compiuta sulla base di specifici
parametri. Alcuni dei musei presi in esame sono un buon modello,
per la completezza dell’esposizione. Altri rappresentano un
esempio per le capacità evocative dell’allestimento. Altri ancora
lo sono per le specifiche tematiche sviluppate. Ne emerge così nel
complesso un quadro esaustivo cui poter fare riferimento.
Naturalmente gli esempi potrebbero essere i più vari: quelli
descritti sono rimandi puramente indicativi, che devono servire
solo da spunto di riflessione, così come ancor più interessante
sarebbe poi andare ad indagare come, nello specifico delle diverse
realtà museali, in altri luoghi si sono celebrate la memoria e
l’identità, in che modo altre nazioni hanno fatto i conti con la
propria storia.
Nel cuore dell’Estremo Occidente
Questo viaggio attraverso i musei della nazione nel mondo parte
dall’Australia perché probabilmente questo rappresenta il museo
più completo e rappresentativo fatto ad oggetto del nostro
interesse. Si tratta di cinque gallerie permanenti attraverso le
quali gli australiani celebrano la propria storia e la propria
identità culturale. “Exploring the past, illuminating the present
and imagining the future” così recita il motto del National museum
of Australia inaugurato a Camberra nel 2001. La finalità dei
programmi sviluppati è quella di rivolgersi a tutti gli
australiani, ma l’idea è che anche all’ignaro visitatore esterno
sia permesso di capire e conoscere approfonditamente il percorso
di formazione che l’Australia ha compiuto dal 1788 ad oggi.
L’allestimento museale segue un approccio chiaramente
multidisciplinare e combina un’impostazione storica tradizionale –
di tipo politico-economico – con impostazioni più affini alla
storia sociale (dalla storia delle migrazioni alla storia urbana,
alle più recenti innovazioni della storia ambientale e della
storia personale). Combinando diversi livelli d’analisi e non
potendo provvedere a una copertura completa delle vicende, delle
culture e degli ambienti australiani, il museo ha sistematicamente
selezionato storie, argomenti e temi secondo tre percorsi
specifici, tre nuclei tematici principali messi in
interconnessione tra loro e cioè il territorio, la nazione e la
popolazione d’Australia. L’interesse specifico per questo museo,
oltre che nella modalità di realizzazione va rintracciato anche
nel modo in cui ne è stato deciso l’allestimento. Sono stati
esperti, persone appartenenti al mondo dell’arte, delle scienze e
dell’industria a contribuire con le proprie conoscenze e
competenze alla realizzazione. Questa partecipazione plurima ha
fatto sì che il museo divenisse rappresentativo di un’ampia gamma
di punti di vista, tutti convergenti in un progetto comune: creare
una retaggio culturale della nazione australiana. A questo aspetto
se ne aggiunge poi uno interattivo che consente ai visitatori,
attraverso un forum, di discutere e confrontare le proprie idee,
esprimendo che cosa, a loro avviso, significa essere australiani.
Si possono distinguere cinque livelli espositivi, ognuno dei quali
rappresenta il titolo di una delle cinque gallerie che compongono
il museo: la prima sezione “Tangled destinies”: indaga i rapporti
e la natura dell’interazione tra popolazione e territorio
australiani. Quei “destini intrecciati” che descrivono
dinamicamente il rapporto tra l’uomo e l’ambiente naturale. La
seconda sezione, “Nation”, quella che forse più ci interessa, è
dedicata ai momenti simbolici più significativi nello sviluppo
dell’identità della nazione, quegli elementi che più di tutti
trasmettono e comunicano lo spessore e anche le peculiarità della
storia australiana e del popolamento del suo territorio. Vi sono
raccontate le speranze e le paure per la costituzione della
Federazione; si ricostruiscono le guerre e i conflitti; vi si
celebrano i simboli ufficiali: il Parlamento, la bandiera, i
canguri, la flora e la fauna australiane; si celebra l’iconografia
aborigena, essenziale nella costruzione dell’identità australiana;
si ricorda l’importanza del ruolo che hanno avuto le
infrastrutture – dalla comunicazione ai trasporti – nel creare
l’idea di nazione; si ricostruisce il periodo della febbre
dell’oro; si rievoca la nascita e lo sviluppo dell’inglese
australiano. La terza galleria, che porta il nome originale di
“Eternity”, racconta le storie, la vita, le emozioni, le
esperienze d’Australia, la quarta “Horizons” ricostruisce il
popolamento del continente a partire dal 1788, infine, l’ultima
sezione, denominata “First australians”, che descrive i rapporti
tra australiani e popolazioni aborigene.
Sempre molto simile come impostazione, il National museum of
american history di Washington. Gli americani, che possiedono un
forte senso dell’identità nazionale, hanno dedicato molti musei al
tema della nazione e ai simboli nazionali. Questo di Washington è
certamente uno dei più completi e rappresentativi. Tre piani,
ognuno dei quali descrive alcuni degli aspetti più tipici
dell’identità statunitense, non sempre strettamente connessi alla
storia o a eventi del passato. Quanto è rappresentativa della
nazione americana la storia delle scienze e la tecnologia
piuttosto che la storia sociale o quella culturale? In questo
museo non manca certo la sezione dedicata ai presidenti americani,
alla rivoluzione, alla bandiera o alla storia delle Forze armate,
uno spazio riservato alla guerra in Vietnam o la ricostruzione
storica dell’intervento degli Usa nelle guerre mondiali. Ma a
fianco ci sono sezioni dedicate alle first ladies e al ruolo da
esse svolto nei secoli all’interno del sistema politico Usa,
riservate alle grandi migrazioni interne degli anni tra il 1915 al
’40, alle grandi figure femminili del passato, alle tecniche
agricole, alle ceramiche e alla fotografia, agli strumenti
musicali, ai ponti e alle gallerie, così come ai mezzi di
trasporto. E molti altri temi che messi insieme riescono a creare,
e comunicare, il valore organico e funzionale del museo.
Casa della storia e Vecchio Continente
Ma arriviamo in Europa. Avvicinandoci a noi è più facile
rintracciare aspetti d’interesse specifico per l’Italia. È stato
recentemente pubblicato un prezioso, oltre che piacevole volume
sui musei sulla storia del Novecento (Nuovi musei di storia
contemporanea in Europa, a cura di Roberto Guerri e Massimo Negri,
ed. Comune di Milano, 2002, pp. 176). Un libro che descrive,
raggruppandoli per aree tematiche, oltre trenta musei di storia
contemporanea, allestiti in Europa negli ultimi dieci anni. Questa
ricerca, condotta sotto la direzione scientifica di Massimo Negri
– che è amministratore unico della Kriterion Consulting, nonché
direttore dallo European Museum Forum – e di Roberto Guerri –
direttore del museo di Storia del Risorgimento di Milano – fa
emergere un quadro complessivo della realtà museale d’Europa e
rappresenta un valido strumento di confronto, oltre che un buon
modello di riferimento, per quanti si apprestano a realizzare il
progetto per l’Italia.
Questo viaggio virtuale per i musei europei parte da Bonn in
Germania e da quella Casa della storia della Repubblica Federale
Tedesca che la Raccomandazione del Parlamento europeo del 1996
porta a modello per i musei della nazione da creare nei Paesi
dell’Unione. Fu Kohl, nel 1986, a voler realizzare questo che è il
più importante museo della storia della Germania dell’Ovest dal
dopoguerra ad oggi, oltre che il museo europeo maggiormente dotato
di mezzi audiovisivi e strumenti telematici. L’intento era, ed è,
quello di raccontare e rievocare cinquant’anni di storia tedesca,
una tra le più travagliate del panorama occidentale dal ’45 ad
oggi. In realtà, la Casa della storia svolge una duplice funzione.
Da una parte una funzione strettamente informativa: il museo
costituisce, infatti, un vero e proprio centro di documentazione,
che attraverso filmati, documenti, plastici, oggetti, immagini,
effetti sonori ricostruisce la storia della società, della
politica e della cultura tedesche dal secondo dopoguerra a oggi,
passando per gli anni della divisione e della Guerra Fredda, gli
anni dello sviluppo economico e dei mutamenti sociali, fino alla
riunificazione e alla nuova Germania nell’Europa unita. Dall’altra
parte il museo svolge la sua funzione rievocativa, che viene
realizzata attraverso la ricostruzione di ambientazioni storiche:
come quella della sala del primo Parlamento federale, ricostituita
con arredi originali e nella quale vengono proiettati i filmati
con i dibattiti parlamentari degli anni Cinquanta e Sessanta.
Braveheart: l’esempio della Scozia
L’orgoglio e l’identità scozzesi si ritrovano tutti nel Museo di
Scozia ad Edimburgo. Sei piani in cui viene ricostruita la storia
di Scozia, dalle origini ai giorni nostri. L’interesse legato a
questo museo, che conta oltre 10.000 oggetti in esposizione, nasce
dal fatto che l’ultima sezione, quella dedicata alla storia
contemporanea, è stata realizzata in maniera del tutto singolare.
I responsabili del museo hanno infatti messo insieme oltre mille
oggetti, grazie alla scelta non condizionata dei cittadini
scozzesi. In che modo? Attraverso l’uso delle tecniche della
ricerca sociale e grazie ad Internet, è stata formata una mailing
list di persone – scelte all’interno di istituzioni universitarie,
associazioni, scuole, biblioteche – cui è stato chiesto di
individuare, rispondendo alle domande di un questionario, quale
fosse a loro avviso l’oggetto di maggiore interesse e portata
storica del Novecento per la Scozia. La scelta è ricaduta su
oggetti di tutti i tipi, sia rappresentativi della collettività
sia della sfera personale. E ne è emersa, nel complesso,
un’immagine assolutamente reale della Scozia e degli scozzesi che,
attraverso un migliaio di oggetti di ogni genere, hanno raccontato
– come nel rispetto della più tipica tradizione orale – il proprio
Paese, il proprio passato e naturalmente il proprio presente: la
casa, la salute, il tempo libero, lo sport, i trasporti, le nuove
tecnologie, l’educazione, il lavoro.
“Gli oggetti – scrive Negri – hanno didascalie con notizie di
ordine tecnico e sono accompagnati sistematicamente dalla
dichiarazione scritta e registrata su nastro della persona che li
ha scelti, con una grande foto della stessa. Ne risulta un
caleidoscopio di sensazioni, di punti di vista, di atteggiamenti
che attraversano diverse generazioni. […] L’intento evidente di
questa presentazione è quello di fare della galleria una sorta di
specchio della società contemporanea in continuo mutamento”. A
fianco della struttura “canonica” vi sono, poi, spazi
appositamente predisposti e dedicati alle esposizioni temporanee e
ad iniziative culturali di vario genere (dai concerti, a vere e
proprie lezioni, conferenze stampa, visite guidate) e una
biblioteca specialistica che raccoglie solo volumi sulla storia
scozzese.
E’ in Slovenia, a Celje, uno dei musei di storia contemporanea più
interessanti. Riallestito recentemente, prima della fine degli
anni Novanta il museo nella ex Jugoslavia commemorava la storia
della Repubblica Socialista. Oggi, vi si rievoca la storia slovena
dell’ultimo secolo, col preciso intento di ricostruire il percorso
di formazione dell’identità slovena, prendendo come filo
conduttore la tragedia della guerra e i radicali mutamenti
politici e sociali da essa prodotti. Dalla dominazione asburgica
alla Grande Guerra, dalla costituzione del regno
serbo-croato-sloveno all’occupazione nazista, fino alla
costituzione della repubblica socialista di Tito, la guerra
fredda, l’indipendenza slovena. La narrazione storica prende corpo
a partire dai diari di tre generazioni che hanno vissuto in prima
persona quegli eventi storici della propria patria.
L’esperienza della guerra resta, dunque, uno dei momenti più
significativi dell’esperienza umana. Del resto, le due guerre
mondiali, hanno segnato in maniera indelebile anche il senso
stesso dell’identità nazionale italiana: merita per questo
un’attenzione tutta particolare il Museo di Caporetto, sempre in
Slovenia, allestito proprio per commemorare la celebre battaglia
del 1917. Organizzato su tre piani e dodici sale, nel museo di
Kobarid viene ripercorsa la storia della cittadina slovena, fino
all’operazione militare che ha preso nome dalla città. La
rievocazione storica è resa efficace perché chi ha realizzato il
progetto del museo non ha mancato di curare diversi aspetti della
vicenda storica. Dalla descrizione delle strategie militari in
senso stretto, attraverso mappe e documenti militari, alla
rievocazione dei momenti più intimi e umani di coloro che ne
furono protagonisti, di coloro che combatterono e non tornarono,
dei sopravvissuti, di quanti ebbero o persero i propri cari in
quella battaglia. Ne emerge una ricostruzione a tutto tondo che –
vale la pena sottolinearlo – è stata realizzata senza far ricorso
ad alcun eccesso di retorica o di magniloquenza. Il rilevante
successo di visite registrato dal museo conta anche un gran numero
di visitatori italiani che spesso si recano a Kobarid anche per
ritrovare tracce dei familiari scomparsi.
Sullo stesso stile, per quanto attiene il percorso narrativo e le
finalità, si colloca il Museo “In Flander Fields” di Ieper in
Belgio. Il nome del museo ricorda il titolo di un poema scritto
durante la grande guerra da un ufficiale medico canadese.
“L’intento – scrive Negri – è di rendere attuale una guerra
avvenuta quasi 90 anni fa, lasciando che a raccontarla sia chi
l’ha vissuta in prima persona: i soldati, i medici al fronte, i
politici, gli intellettuali, chi vi ha perso persone care, i
sopravvissuti”. L’allestimento, che rappresenta il pregio maggiore
del museo, concilia perfettamente il dramma della guerra con la
coerenza informativa, tanto che, sollecitato negli elementi
sensoriali (la vista in particolare, ma anche tatto e udito), chi
visita questo museo è immediatamente coinvolto in prima persona
dagli eventi. All’interno del museo, nella parte più centrale
dello spazio espositivo vi è un’area, “il cuore del museo”,
volutamente lasciata libera per consentire un momento di
riflessione individuale. Il percorso riprende con un climax di
emozioni e suggestioni. Un museo più tradizionale è rappresentato
dalla Storia della Francia attraverso i documenti, allestito
presso gli Archivi nazionali di Parigi. In questo luogo, e
attraverso quest’unica fonte archivistica vengono ripercorsi oltre
mille anni di vita della nazione francese, da Carlo Magno fino
alla Quinta Repubblica, con una selezione di documenti di
eccezionale rilievo storico, accompagnati però anche da altri di
carattere più quotidiano, relativi alla vita culturale, economica
e sociale del Paese.
L’Italia è terra di emigranti, gli italiani nel mondo sono oltre
tre milioni e mezzo, oltre sessanta milioni gli oriundi. Sarebbe
bene che un museo che parla dell’Italia non trascuri questo
aspetto fondamentale dell’identità italiana. In un convegno
recentemente organizzato in Umbria si è discusso delle strutture
dedicate a questo tema già esistenti sul territorio nazionale.
“Uscendo” dall’Italia il Museo dell’Emigrante di San Marino
ricostruisce attraverso l’utilizzazione di fonti diverse
(audiovisive, documentarie, ecc.) la storia della Repubblica
raccontando la storia dei suoi emigranti. Perché non pensare
allora ad una sezione del museo della nazione dedicata proprio
agli italiani che hanno scelto di vivere fuori dall’Italia, ma che
ancora sentono così forte il legame con le tradizioni, con la
storia del proprio Paese?
Un’ultima notazione. Anche la ricostruzione della storia di un
personaggio rappresentativo di un’epoca può acquistare un valore
simbolico nella descrizione dell’identità di un popolo. Esistono
musei dedicati esclusivamente a personaggi e personalità
politiche, culturali e storiche. Un esempio emblematico in questo
senso è il Museo di Andrei Sakharov di Mosca. Uno dei pochi musei
che, nel ricostruire la storia del fisico russo scomparso nel
1989, racconta, attraverso un’esposizione dettagliata ed
esauriente, i crimini del totalitarismo sovietico, oltre che la
resistenza al regime staliniano. Lo fa attraverso l’uso di
strumenti diversi: documenti e fotografie in memoria delle vittime
dello stalinismo (“Passato totalitarista”) e della vita del
dissidente sovietico (“Vita e attività di Andrei Sakharov”), in
entrambi i casi, con il chiaro intento di condannare il
totalitarismo.
29 ottobre 2002
(da Ideazione 4-2002, luglio-agosto) |