Cattivi pensieri. Roma, la capitale dei “Lavori in Corso”
di Vittorio Mathieu


“Ara pacis” o “Ara belli”? L’altare, inaugurato nel 9 a.C. per celebrare la pace introdotta da Augusto, e ricostruito nel 1938 oggi dà luogo nelle alte sfere ad una guerra di movimento tra alti burocrati, politici e sovrintendenti. Sul terreno, però, la guerra di movimento si è trasformata in una guerra di posizione, con reticolati, trincee e bunker. Un’area grande almeno 100 volte il monumento in questione è inaccessibile. Il vecchio involucro di cemento e cristallo, che lasciava vedere le sculture anche dall’esterno, dovrebbe essere sostituito da una cittadella del valore di un numero imprecisato di milioni di euro.

Fino a poco fa potevano costeggiare la zona solo i pedoni. E questo poteva anche essere un vantaggio. Ora, però, anche loro rischierebbero graffi, lacerazioni di abiti e multe. Se questo non bastasse, suppongo che si ricorrerebbe ai cecchini. Il caso, peraltro, non è eccezionale, se non per la sua estensione. Il criterio per conservare i monumenti di Roma è quello dappertutto. E Roma è tutta un cantiere. Alla base della colonna nel foro di Traiano un grembiule di latta è lì da tre anni e, per quel che si sa, i lavori non sono neppure cominciati.

La procedura che sta a monte è comprensibile. Gli architetti da favorire vanno selezionati, le ditte a cui assegnare gli appalti istruite, le percentuali conosciute come “tangenti” soppesate e ripartite con accuratezza. E ciò richiede tempo. Accettabile finché non si ripercuota sulla libertà di circolazione. Al contrario, i luoghi protetti da transenne, da griglie, da nastri, da false facciate destinate alla pop-art si moltiplicano a pelle di leopardo e si espandono a macchia d’olio. La campagna romana, dove Goethe si adagiava su un sepolcro per farsi ritrarre da Tischbein, è invasa da edifici che gareggiano in un concorso di bruttezza. Intorno, vie di comunicazione interrotte per lavori. Il territorio del Comune di Roma meriterebbe di essere circondato tutto da un’unica striscia continua di carta bianca e rossa, che non impedisca intrusioni abusive, ma avverta che l’interno è un percorso di guerra.

11 ottobre 2002

(da Ideazione 4-2002, maggio-giugno)
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