I vini del Franco bevitore. Tradizione barolista da riscoprire
di Franco Ziliani

E' stato così frenetico lo sviluppo, nel mondo del Barolo degli ultimi vent'anni, che al rivelarsi e al salire alla ribalta di nuovi protagonisti, spesso aziende create da viticoltori che per anni avevano conferito le uve a grandi aziende, ha fatto riscontro la scomparsa, o l'entrata in un cono d'ombra, di produttori che sul mercato erano già presenti da tempo. Un fenomeno interessante, che se da un lato va attribuito alla scarsa capacità, di alcuni soggetti, di capire il cambiamento avvenuto nel mercato e nel discorso sul Barolo, mutamenti che implicavano non solo produrre bene da buoni vigneti, ma saper commercializzare e proporre i propri vini e comunicare la propria realtà, dall'altro lato chiama in causa il pesantissimo e spesso nefasto ruolo avuto da alcune guide cosiddette di riferimento nell'informare il consumatore. Sposato in toto, anzi promosso con vigore, il "Rinascimento Barolista" - così lo definisce Duemilavini 2002, guida dei sommelier, esaltando le "provocazioni con fermentazioni di tre giorni e gli affinamenti con botti piccole come quelle per l'aceto balsamico" di Elio Altare "Vate di La Morra" - per molti produttori che non hanno voluto inserire la barrique in cantina e convertirsi al Barolo new wave e si sono ostinati a produrre in maniera tradizionale, come facevano i loro padri ed i patriarchi del Barolo, con macerazioni lunghe e affinamenti in grandi fusti di rovere di Slavonia, è stato deciso una sorta di tacito ostracismo che si è tradotto nell'ignorarli, nel non parlarne, nel non dedicare schede alle loro aziende nelle varie guide.

Un modo di fare cialtronesco, quando non disonesto, che, considerata l'influenza straordinaria d'alcune guide su una fetta di consumatori che degustano non con il loro palato, ma con quello dei guidatori proferitori di vaticini, ha finito con il creare considerevoli danni economici e d'immagine a molte aziende. Una di queste, colpita dagli effetti dello strano teorema secondo il quale se non sei recensito da Vini d'Italia (ed in misura minore da Duemilavini) non esisti e non meriti di essere preso in considerazione, è senza dubbio l'Azienda agricola Giacomo Fenocchio di Monforte, che nonostante sia in attività già dagli anni Cinquanta e abbia avuto una buona notorietà negli anni Settanta-Ottanta e piazza praticamente l'ottanta per cento della propria produzione, 40 mila bottiglie di Barolo, 15 mila di Dolcetto e 10 mila di Barbera, ottenute da circa 9 ettari di vigna, all'estero (Germania, Svizzera, Norvegia, Canada, Regno Unito), in Italia è seguita da una percentuale molto più ridotta di appassionati e clienti fedeli che, fregandosene bellamente di ciò che scrivono le guide e dei loro omissis, continuano ad acquistare fidandosi unicamente del proprio gusto e premiando la serietà e la continuità qualitativa della cantina.

I fratelli Albino, Claudio e Alberto Fenocchio, che dopo la morte del padre Giacomo conducono l'azienda dividendosi tra vigne e cantina, non si preoccupano più di tanto di questa strana situazione. Continuano a non fornire campioni per le degustazioni alle varie guide, ma sicuri del fatto loro, consapevoli di poter disporre di vigneti che si chiamano Cannubi Boschis, Bussia Sottana (che rappresenta il grosso della produzione barolesca ed il vanto dell'azienda) e Villero (un ettaro e mezzo con piante di 60 anni acquistato nel 1995), estremamente disponibili, confidano, senza dover rinunciare al loro stile riservato, di convincere pian piano anche gli appassionati italiani della bontà del loro lavoro. Assaggiati più volte, nel corso di un mese, i loro Barolo 1997 e 1998, che, si noti bene, sono venduti in cantina ad un prezzo intorno ai 20 euro, da vero rapporto prezzo-qualità, mi sono piaciuti moltissimo dimostrando di avere quel particolare "respiro", il timbro distintivo, la classe ed il fascino dei Barolo di razza. Ottenuti con macerazioni dai 20 ai 25 giorni, con pazienti affinamenti in fusti di rovere di Slavonia di media capacità e commercializzati senza fretta, aspettando, anche nel caso del Dolcetto e della Barbera, che maturino adeguatamente. Il Villero 1998, (6000 bottiglie) è molto femminile, elegantissimo, fragrante, di bella dolcezza, dotato di un frutto molto pulito e succoso, molto equilibrato, il Cannubi 1998 (6000 bottiglie) dotato di grande compattezza e fittezza di profumi, densi, maturi, ricchi, di splendida rotondità e dolcezza in bocca, di una salda struttura tannica, terrosa e calda, molto persistente, tipica dei vini di grande carattere.

Il vino simbolo però, cui i Fenocchio tengono particolarmente, per ragioni affettive e perché convinti che quella della Bussia Sottana sia una sottozona (elogiata non casualmente da Renato Ratti nella sua Carta del Barolo) dotata di un peculiare microclima, dovuto alla posizione in una conca riparata protetta dalle correnti d'aria fredda, tale da consentire produzioni di spicco, è il Bussia, prodotto in 25 mila bottiglie con l'annata 1998. Un vino esemplare, dotato di un colore rubino profondo carico di bella profondità e densità nel bicchiere, di un naso fitto, caldo, maturo, concentrato con note di tabacco liquirizia sottobosco, accenni selvatici e minerali ed uno bellissimo, fragrante carattere nebbioloso, caratterizzato, al gusto, da una bellissima materia densa e succosa, da un'ottima struttura tannica, già molto equilibrato, anche se ancora giovane e dotato di notevole potenziale d'invecchiamento, avvolgente, terroso, di grande personalità e lunghezza. Assaggiato ora lo stesso vino, d'annata 1997, appare ancora più carnoso, con un bouquet complesso tra il selvatico e l'animale dove emergono note di cuoio e sottobosco, e di una ancora più spiccata morbidezza e rotondità (tipica dei Barolo 1997), e ricchezza di frutto. Sono forse produttori troppo veri, uomini dignitosi, asciutti, autentici, di poche parole e tanta sostanza, i Fenocchio, per essere presi sul serio dai capataz delle guide? Probabilmente, ma a me piacciono così, del tutto refrattari alle e al marketing, servitori dell'anima antica del Barolo, "sentenziosa e prudente, ricca ma pudica, esaltante ma entro le quinte di un giudizio che non esorbita mai", come ha acutamente osservato uno scrittore e uomo di Langa che il Barolo lo conosceva bene, Giovanni Arpino.

27 settembre 2002

Bubwine@hotmail.com

Azienda agricola Giacomo Fenocchio, località Bussia 72 12065 Monforte d'Alba - Cuneo). Tel. 0173 78675 - 78311 / fax 0173 787218, € 20. c.fenocchio@areacom.it


 
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