La riscossa di Ricossa
di Renato Tubére
Torino, primi anni Cinquanta: la FIAT, grande moloch cittadino e
nazionale dell'industria, vigila attenta sulla voglia di sviluppo
dei torinesi e dei piemontesi. L'auto è il simbolo concreto di una
rinascita i cui effetti dirompenti sono ancora oggi ben visibili:
a molte persone non basta però l'assunzione nella grande fabbrica,
i primi risparmi sudati nell'avventuroso dopoguerra vanno
impiegati in ben altro modo. La lotta quotidiana per una fetta di
mercato: ecco ciò che desiderano! Come fare perché questi pionieri
dell'imprenditoria nostrana non disperdano inutilmente tante
energie, tanto spirito di sacrificio nell'escogitare e distribuire
prodotti e servizi innovativi, così necessari per corredare l'auto
del fascino indiscreto del genio italico? Di questo e di altro si
discute nel centro studi della locale Unione Industriale, dove fa
capolino un poco più che ventenne economista con la passione per
la pittura, dai modi estremamente cortesi ma dal carattere di
ferro: è Sergio Ricossa.
In lui la convinta adesione al pensiero liberale di Adam Smith, di
John Locke, della scuola austriaca di Hayeck e Von Mises,
affermando la necessità di un mercato libero dalle pastoie del
dirigismo, si manifesta attraverso una prosa in bilico fra
leggerezza d'espressione e raffinato umorismo: è subito scandalo!
Infatti l'Italia di allora s'incammina su una strada opposta a
quella indicata dai liberisti: l'assistenzialismo e la presunzione
folle di pianificare tutto ciò che sia pianificabile trova terreno
maledettamente fertile in una classe politica decisa a fare del
voto di scambio l'arma vincente per farsi rieleggere da lì
all'eternità. Unica fra le economie occidentali, l'Italia vede
nascere in quei convulsi anni l'imprenditore/finanziere ruota di
scorta del politico, un mostro della cui immagine ancora oggi non
siamo riusciti a liberarci definitivamente.
Sergio Ricossa, fautore dell'imprenditore-capitalista abituato ad
assumersi veramente il rischio d'impresa, è ben presto isolato da
colleghi cattedratici ostili pregiudizialmente al capitalismo ed
ai suoi attori perché "nutriti a pane e Keynes", come
scherzosamente ricorderà anni dopo in un suo articolo sul Giornale
diretto da Vittorio Feltri. Anni dapprima grigi, poi
drammaticamente bui sono poi trascorsi da allora sotto la Mole:
gli scherani del post-azionismo, alimentando pericolose illusioni
dirigistiche in tutti i campi dello scibile e soprattutto
diffamando esplicitamente chiunque si definisse liberale dalle
colonne dei maggiori quotidiani dell'epoca, costringeranno Ricossa
a ritirarsi da ogni incarico rappresentativo per continuare ad
elaborare in solitudine i diletti studi econometrici e, con nostro
grande piacere, per scrivere i suoi straordinari pamphlet.
Oggi, a distanza di cinquant'anni, Sergio Ricossa si è preso una
sonante rivincita sui suoi avversari ideologici di sempre: proprio
Torino, grazie all'iniziativa dell'attuale presidente dell'Unione
Industriale di Torino, Andrea Pininfarina, e di due suoi allievi
pugnaci quanto geniali come Alberto Mingardi ed Enrico Colombatto,
ha celebrato la grandezza della sua figura di liberale eterodosso.
Un convegno dal titolo emblematico: "Gl'intellettuali ed il libero
mercato: l'esempio di Sergio Ricossa" rilancia con energia il
messaggio vincente oggi, ma disatteso in passato, di questo grande
economista. "Nelle democrazie occidentali l'avvento della
globalizzazione, grazie alla realizzazione di alcune nostre idee,
ha contribuito in pochissimo tempo ad avviare il libero scambio di
capitali, a ridurre l'inflazione, a defiscalizzare l'economia, a
migliorare sensibilmente la qualità della vita" in queste parole
affettuose di uno dei più illustri partecipanti a questa giornata,
il ministro della Difesa Antonio Martino, c'è il profondo
significato della vittoria morale ed etica di Sergio Ricossa
nell'Italia di oggi. Un paese finalmente disposto a voltare
pagina, lasciandosi alle spalle i disastri provocati dallo
statalismo pianificatore delle coalizioni di centrosinistra del
passato, ma ancora faticosamente alla ricerca di una politica
davvero liberale.
13 settembre 2002
renatotubere@email.it
|