Il democidio, quando lo Stato mangia i propri figli
di Carlo Stagnaro


Il potere uccide, e il potere assoluto uccide assolutamente. E' così, parafrasando il grande cattolico libertario Lord Acton, che Rudy Rummel riassume il suo intero lavoro. Professore emerito dell'Università delle Hawaii, egli si è infatti impegnato in una gigantesca indagine sulla storia del Ventesimo secolo, allo scopo di documentare con la massima precisione possibile i misfatti dello Stato moderno. A tal fine, ha voluto escludere le guerre tra Stati, concentrandosi sui disastri prodotti ai danni dei civili. Il nome dello studioso americano, una delle massime autorità nel campo delle relazioni internazionali, è già noto al pubblico italiano grazie a una preziosa intervista di Alberto Mingardi, riportata nel suo libro "Estremisti della libertà". La pubblicazione nella prestigiosa collana Laissez-faire della Leonardo Facco Editore dell'antologia "Lo Stato, il democidio, la guerra" (a cura di Stefano Magni, pp.152, € 10.32) riempie però un vuoto. E spalanca la finestra sui troppi olocausti, martiri, persecuzioni, gulag e lager che hanno macchiato indelebilmente i cent'anni appena trascorsi.

Per raccogliere sotto un unico ombrello tutti questi crimini (diversi tra loro, ma riconducibili a una medesima matrice e attribuibili allo stesso serial killer), Rummel conia un nuovo termine: "democidio". "Spesso - afferma - i termini di genocidio, politicidio, omicidio di massa o massacro e terrore si sovrappongono e spesso sono usati in modo intercambiabile. Chiaramente, un concetto che includa tutti gli omicidi governativi a sangue freddo e che sia comparabile con il concetto di omicidio per un'uccisione privata, è necessario… Il significato necessario e sufficiente di democidio è: uccisione intenzionale di persone disarmate da parte del governo". In effetti, l'autore di "Death By Government" si spinge oltre: secondo le sue stime, lo Stato ha distrutto la vita di oltre centosettanta milioni di individui - senza contare, è il caso di ribadirlo, i caduti nei conflitti interstatuali. Quello che più sconvolge, anche al di là della cifra spaventosa, è la ragione per cui essi sono stati soppressi: semplicemente, il governo (che giustifica se stesso come difensore dei diritti) non tollerava la loro esistenza. Così, lo "statista" di turno (si chiami Hitler o Churchill, Clinton o Stalin, Roosevelt o Pol Pot poco importa) ha premuto il bottone e la "nera signora" è calata su centinaia di milioni di uomini e donne e bambini innocenti. Senza che neppure il responsabile del disastro si dovesse sporcare le mani.

Si potrebbe obiettare: questa analisi terrificante vale per i regimi del passato, e da essa dobbiamo trarre lezione. Tuttavia, oggi il mondo sta conoscendo un grande processo di democratizzazione, che porterà inevitabilmente alla scomparsa della guerra e alla vittoria della pace. Le cose, sfortunatamente, non stanno così. Se i paesi occidentali (democratici) non si fanno la guerra non è grazie al suffragio universale, o alle libere elezioni; semmai, lo dobbiamo agli stretti legami economici dovuti alla divisione del lavoro e ai serrati scambi commerciali, nonostante gli uomini politici ricevano un preciso incentivo nella direzione opposta. Tale è la tesi di Alessandro Vitale, autore di un eccezionale saggio introduttivo: un autentico gioiello che chiama sul banco degli imputati il mito della "pax democratica" e lo abbatte sotto i colpi della ragione. "Lo studio storico-sperimentale dei democidi di Rummel - egli scrive - dimostra che lo Stato, i governi sono i maggiori responsabili delle stragi di massa perpetrate ai danni delle popolazioni civili, da loro stessi previamente disarmate". "Lo Stato moderno - prosegue - diventa tanto più potenzialmente democida quanto più fa dipendere i diritti individuali da se stesso, diventandone addirittura la fonte e l'arbitro assoluto, negando qualsiasi validità al diritto naturale e alla sfera privata".

In verità, i nostri governi e parlamenti si adoperano proprio per imporre un diritto da loro stessi scritto e definito, senza alcun riguardo alla legge di natura. In questo senso, è importante indagare razionalmente sulla natura dello Stato, e rendersi conto che non solo non vi è contrapposizione tra le tirannidi di qualsiasi colore (naziste e comuniste in primis) e la democrazia, ma addirittura vi è continuità. "I meccanismi delle democrazia - sostiene infatti lo studioso milanese - non sono sufficienti per difendere le popolazioni da una sfera decisionale legibus soluta come quella del governo, che nelle questioni riguardanti la sopravvivenza dello Stato deve agire usando qualsiasi mezzo per preservare quest'ultimo". Del resto, le cataste di morti prodotte nel secolo statalista per antonomasia, il Novecento, stanno lì a richiamare l'attenzione su questa scomoda verità. Grazie all'attenta analisi di Rummel e alla chiave interpretativa fornita da Vitale, nessuno ormai potrà più dire di "non sapere". Certo, sarà ancora possibile far finta di niente, distogliere gli occhi, tapparsi le orecchie. Ma i milioni di vittime dello Stato gridano vendetta, e questo urlo di dolore è così acuto da trapassare qualunque barriera.

13 settembre 2002

c.stagnaro@libero.it

Rudy Rummel, Lo Stato, il democidio, la guerra. Antologia di scritti sulla violenza dei governi, Treviglio, BG: Leonardo Facco Editore, 2002,  pp. 152, €10.32.


 
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