Un realista tra filosofia e politica
di Kenneth W. Thompson


E' di moda osservare come il filosofo che mostri un atteggiamento critico nei confronti della situazione attuale è un politico frustrato che nell'intimo aspira al potere. I filosofi che trattano il tema del potere incorrono in particolar modo in questo genere di accuse. Tali accuse ignorano il fatto che i politici all'inseguimento del potere raramente o mai scrivono di esso e certamente non della sua influenza corruttrice. Quando viene loro offerta una scelta tra il dire la verità sul potere e stendere la mano per afferrarlo, inevitabilmente essi optano per la seconda opzione. E' vero che non si può mai dire: la storia offre esempi di filosofi che giungono a un bivio e, purché disposti a sacrificare la verità, possono accettare di aumentare la propria sicurezza, la propria influenza e il proprio potere. Morgenthau, al contrario. ha costantemente perseguito la verità ovunque questa lo conducesse, spesso perdendo il favore di coloro che detenevano autorità e potere. […]

Spesso ho pensato che Morgenthau avrebbe potuto aggiudicarsi più sostegno per la propria posizione se avesse mostrato un atteggiamento in qualche modo più conciliante verso le altre scuole di scienze politiche. Durante gli incontri con i giuristi internazionali o quando si confrontò con gli scienziati politici quantitativi, egli non mancò mai di richiamare l'attenzione sui limiti del diritto internazionale o sulla povertà metodologica del comportamentismo. Parlava con una durezza che mascherava una compassione di fondo, cosa che una volta indusse Walter Lippmann a fare un acuto commento, udito per caso da alcuni di noi: "Lei non è lo spietato realista che dipingono bensì l'uomo con il più alto senso della morale che io conosca". Morgenthau era particolarmente sfortunato nel costruire coalizioni politiche all'interno del dipartimento e gli stratagemmi politici di colleghi e talvolta amici lo sconcertavano e raggiravano molto più di quanto l'azione lo galvanizzasse. Le sue repliche a quelle posizioni che egli trovava inaccettabili giungevano immediate, taglienti, ostili e intransigenti. Egli reagiva alle critiche con forti controattacchi. Amava dire: "2Quando ti gettano nella gabbia dei leoni le cose sono due: o i leoni acchiappano te o tu acchiappi i leoni".

[…] Morgenthau è stato un critico costante e coerente delle politiche adottate dai segretari di Stato che ebbe modo di conoscere nel corso della sua esistenza, inclusi uomini quali Dan Acheson, George C. Marshall e Henry Kissinger, che egli considerava essere tre dei sei più grandi segretari di Stato del paese. Le sue critiche erano mosse sempre con riferimento al merito della questione e raramente, o mai, erano ad hominem o motivate da questioni personali. Per un brevissimo periodo di tempo fu membro del Council for Foreign Relations a New York; si dimise perché si sentiva totalmente fuori posto in una istituzione in cui "i membri dell'establishment rendevano omaggio l'uno all'altro". Fu consulente per il Dipartimento di Stato ma è lecito domandarsi quanti funzionari compresero i fondamenti dei suoi commenti e delle sue critiche.

Alla ricerca delle leggi e dei principi della politica

Probabilmente, dal momento che era così determinato a parlare in modo schietto con chi era al potere, "non sempre ha sbagliato", per parafrasare Churchill. Le sue opinioni sul processo di Norimberga, sulle Nazioni Unite, sulle relazioni tra Oriente e Occidente e in particolare sulla politica estera di tipo messianico, sull'Ostpolitik, sul contenimento globale e sulla dottrina Truman, sulla politica di liberazione del segretario di Stato Dulles e sul Vietnam, hanno superato l'esame del tempo. Morgenthau fornì i contributi più illuminanti su ampie questioni di strategia generale, piuttosto che su problemi tattici. Ragion per cui, il suo suggerimento di negoziare con i russi era giusto, i tempi non necessariamente. Per fare un esempio, Morgenthau e Reinhold Niebuhr avevano opinioni marcatamente differenti circa la possibilità di negoziare il futuro delle due Germanie alla fine degli anni Quaranta e nei primi anni Cinquanta. Durante l'epoca staliniana, il primo intravide una buona possibilità di negoziazione, mentre il secondo si dimostrò più scettico. Retrospettivamente, l'opinione di Niebuhr era, dati i tempi, probabilmente più esatta […] di quella di Morgenthau, forse perché era in contatto più stretto tanto con gli uomini di Stato tedeschi che con quelli americani. Tuttavia la teoria diplomatica di Morgenthau si è dimostrata più in sintonia con gli sviluppi storici degli anni Sessanta e Settanta.

Filosofia per Morgenthau significava l'indagine di questioni generali piuttosto che particolari, schemi ricorrenti distinti da eventi storici unici, "leggi" e principi della politica e le conseguenze politiche della natura umana. Per alcuni dei suoi critici, la sua filosofia era troppo operativa, troppo incentrata sull'operatività di principi diplomatici e politici. Per altri, l'enfasi sulla storia del pensiero o sulle "leggi" razionali lo collocava in un contesto troppo ristretto. Se queste obiezioni sono antitetiche, è anche vero che si neutralizzano a vicenda. L'oggetto di entrambe è uno specifico atteggiamento filosofico che non corrisponde a quello di Morgenthau. Il suo fine era più semplice della costruzione di ampi sistemi di pensiero. Al contrario egli concordava con William James nel dire che "la filosofia è principalmente un tentativo insolitamente caparbio di pensare in modo chiaro".

La materia prima del filosofo è costituita tanto da eventi contemporanei quanto da eventi storici. Morgenthau si riferiva spesso a John Stuart Mill, il quale prendeva in considerazione gli accadimenti della giornata, ivi incluse le ultime sentenze della corte, come elementi della sua filosofia politica in fieri. Lo scopo di una teoria delle relazioni internazionali, scrisse Morgenthau, è fornire una prima mappa per guidare gli uomini che si sforzano di dare un senso ai conflitti e alle contraddizioni nelle relazioni tra gli Stati nazionali. La verifica cui sottoporre la filosofia di Morgenthau è se sia atta a questo scopo. Il punto non è stabilire se ogni singola politica o azione di nazioni e uomini di Stato rientri nella sua teoria. La questione è come si rapporta ad altre teorie nel rintracciare coerenza e attribuire un significato allo studio delle relazioni internazionali. Risulterebbe difficile mostrare che non è riuscita a fornire un terreno migliore per la comprensione della politica internazionale rispetto, ad esempio, ad una filosofia delle relazioni internazionali che guardi solamente agli ideali nazionali degli Stati. In effetti, nello scontro tra una filosofia realistica e una filosofia idealistica, i cui portavoce si fronteggiarono negli anni Quaranta e Cinquanta durante quello che divenne noto come il "grande dibattito," la conclusione cui giunsero osservatori relativamente neutrali fu che il realismo era in grado di descrivere meglio gli schemi di relazioni internazionali esistenti, qualunque fosse stato il nuovo ordine mondiale futuro.

Scienziato politico ed intellettuale impegnato

A prescindere dalla conclusione che storici e politologi possono trarre a proposito della filosofia delle relazioni internazionali di Morgenthau, resta da risolvere la questione di quale influenza la sua vita ed il suo lavoro hanno esercitato sulla politica interna ed estera americana. La questione non si pone nel caso di teorici di altro tipo, sostanzialmente distaccati dalle esigenze della vita quotidiana. Noi non ci chiediamo cosa abbia fatto il biologo quest'oggi, nel suo laboratorio, per liberare il mondo dal cancro né ci chiediamo cosa abbia fatto lo scienziato per assicurare a tutti l'energia nucleare a basso costo. Nel caso degli scienziati politici, specialmente nel caso di quelli che hanno la pretesa di trattare l'attualità, le funzioni della scienza di base e della scienza applicata si combinano; e questa combinazione è croce e delizia delle scienze umane. E' croce in quanto produce illusioni su quanto gli scienziati politici sono in grado di fare; ed è la loro gloria in quanto obbliga lo studioso e l'osservatore ad attenersi alle questioni che contano, ad agire come un medico, attento al paziente e al letto, senza quel distanziamento dalla realtà tipico dello scienziato di base. Nelle condizioni migliori la scienza politica è contemporanea e classica, generale e concreta, trascendente e rilevante, descrittiva e prescrittiva, distaccata e umana.

I contributi di Morgenthau alla vita politica vanno giudicati tenendo conto della natura ambigua e contraddittoria della stessa scienza politica, dei suoi limiti non meno che delle sue potenzialità. I suoi primi scritti riflettono un profondo scetticismo a proposito di una scienza della politica che consenta agli uomini di verificare, prevedere e predire. Egli iniziò i suoi studenti alla letteratura sui limiti della profezia politica. Le sue lezioni vertevano sul conflitto tra il ruolo del filosofo e quello dell'uomo di Stato. Morgenthau non si spinse mai tanto lontano quanto J. Robert Oppenheimer, il quale sostenne che chiunque tentasse di essere al tempo stesso attore e spettatore fallirebbe su entrambi i fronti, ma vi andò vicino. Morgenthau offrì un esempio vivente, in particolare nei suoi scritti occasionali, dello scienziato politico che si trova dentro e fuori l'arena politica, partecipe del dramma umano che tenta di descrivere ma al contempo distaccato e distanziato da esso in virtù del suo "giuramento ippocratico". Quel giuramento era niente di meno che parlar chiaro con chi era al potere, giudicarlo in base ai successi e fallimenti morali e politici, e misurare le azioni politiche in base ai principi della sua filosofia. Si dice cha a causa di certe illusioni liberali, Morgenthau avesse un atteggiamento ostile nei confronti dell'esercizio del potere. Sarebbe più esatto dire che egli si attenne inesorabilmente al suo giuramento nel valutare l'azione politica non in base ai vantaggi o alla convenienza ma sulla scorta di criteri superiori e di principi immutabili che, sebbene veri, non potranno mai realizzarsi in pratica. I criteri di valutazione che Morgenthau impiegò nel giudicare i vari segretari di Stato americani non furono mai mutevoli o opportunistici, ma essenzialmente i medesimi in tutti i casi.

Contro i falsi insegnamenti, contro profeti e idealisti

Qualsiasi cosa Morgenthau abbia scritto o detto a proposito delle limitazioni del filosofo in ambito politico, lo ha, in certa misura, contraddetto nella pratica. Docente universitario di successo straordinario, egli cercò di fare del Parlamento, dei vari governi e di ogni spazio pubblico disponibile la sua aula. Lezioni aperte al pubblico negli angoli più remoti del paese e del mondo erano altrettanto frequenti di quelle tenute presso l'ateneo. Qualcuno ha detto che Morgenthau non rifiutò mai un invito ad una conferenza. E' come se fosse mosso da un bisogno irrefrenabile di provare come tutto ciò che aveva scritto a proposito dell'abisso tra filosofia e azione fosse falso. In questo era condannato a fallire; eppure proprio in virtù di questo fallimento egli lascia una ricca eredità fatta di teoria ed esperienza, utile a comprendere il ruolo dello studioso in politica. Si tratta di un'eredità caratterizzata da un tema carico di grande problematicità e tragicità in quanto esemplifica la lotta del genere umano per la trascendenza e l'inevitabile fallimento.

Il desiderio di scoprire e divulgare la verità non è diverso dal desiderio di vivere. Per un uomo e uno studioso come Morgenthau le due cose possono facilmente essere inseparabili. Se per lui le due cose non fossero connesse, difficilmente potremmo spiegare la lotta su base razionale. E' l'elemento tragico della politica e dell'esistenza che preoccupa Morgenthau più di ogni altra cosa: gli uomini anelano al potere come mezzo per raggiungere fini degni; gli uomini e i loro fini, tuttavia, sono corrotti dal perseguimento del potere. Una politica estera ideologica contraddice la diplomazia, ma una politica estera che non si radichi in uno scopo nazionale è vana; lo Stato nazionale è obsoleto, ma una comunità mondiale non è ancora effettivamente nata. La vita è vissuta sul filo di tali contraddizioni ed antinomie apparenti. Gli uomini sono di fattura sufficientemente robusta da riuscire a convivere con contraddizioni drammatiche facendo appello a risorse intellettuali e morali interiori e non grazie a qualche ingegnosa programmazione sociale o in virtù di qualche espediente alla moda.

Per quasi mezzo secolo Morgenthau viaggiò in ogni angolo del mondo insegnando e predicando questo messaggio. Così come i profeti dell'antichità, egli non si risparmiò e si dimostrò inesorabile nella denuncia di falsi insegnamenti e di panacee predominanti. Il suo appello si rivolse a piccoli gruppi di uomini e donne riflessivi, quasi mai alle masse. Nei dibattiti con chi faceva propaganda di cause popolari, si piazzò quasi sempre al secondo posto. Anche sulla questione israeliana e nella veste di critico precoce della guerra del Vietnam, l'effetto che sortì fu di consentire una comprensione e una riflessione più approfondite, non di dare vita a un movimento organizzato. Morgenthau seminò il grano, non lo raccolse. I suoi studenti, di cui non tutti erano iscritti ai suoi corsi, sono sparsi in giro per il mondo; alcuni fanno parte di istituti culturali, ma un numero uguale se non superiore lavora nei centri di potere, e molti si rifanno al suo pensiero senza nemmeno conoscere o ricordare il suo nome. Pertanto, il suo fallimento nel forgiare in modo nuovo la politica estera o nell'influenzare la politica tout court possiede anche una dimensione eroica.

Negli anni Settanta, nessuna figura pubblica americana in posizione di responsabilità osa parlare con sdegno della necessità di considerare l'interesse nazionale nella formulazione della politica estera americana. Nessun segretario di Stato può fare finta che il mondo sia al riparo da rivalità internazionali o da politiche di potere. Nessun giornalista che si rispetti può ignorare le forze opposte del nazionalismo e dell'internazionalismo. Nessuno scienziato politico che si interessi di pace trascurerà il ruolo della diplomazia. Naturalmente Morgenthau non è stato il solo ad offrire un insegnamento in materia, ma resta difficile immaginare come tale insegnamento potesse essere trasmesso in modo altrettanto efficace senza la sua voce chiara ed infaticabile. Alla fine dei conti, a prescindere dai trionfi e dagli insuccessi di pubblico, questo è il vero indice del successo di Morgenthau nel ruolo di studioso di politica.

21 giugno 2002

(da Ideazione 3-2002, maggio-giugno 2002, traduzione dall'inglese di Consuelo Angiò)

 
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