Un analista del potere, tormentato e geniale
di Alessandro Campi


Hans J. Morgenthau (1904-1980) è stato uno dei più influenti studiosi di politica del Novecento, conosciuto in Italia dagli specialisti ma del tutto ignoto al grande pubblico. Negli Stati Uniti, dove è emigrato nel 1937 per sfuggire la persecuzione nazista contro gli ebrei, ha avuto un'enorme influenza accademica (ha insegnato nelle più importanti università del paese, in particolare in quella di Chicago). Il suo libro più famoso, "Politics among nations. The struggle for power and peace", pubblicato in prima edizione nel 1948, è stato per decenni uno dei testi più diffusi nei campus e più in generale nel mondo politico-istituzionale ed è oggi giudicato un vero e proprio classico nello studio della politica internazionale (la traduzione italiana è apparsa presso il Mulino di Bologna nel 1997 senza tuttavia suscitare un grande dibattito). Considerato, abitualmente, il capofila del "realismo politico" nelle relazioni internazionali, Morgenthau è stato non solo un brillante analista di politica estera, il teorico riconosciuto del concetto di "interesse nazionale", uno storico attento della diplomazia statunitense (che spesso ha criticato e contestato in modo clamoroso e con grande libertà intellettuale), ma anche un filosofo politico a tutto tondo, capace di misurarsi, sin da giovane, con Schmitt e con la sua concezione del "politico", di sviluppare un originale approccio allo studio dei fenomeni politici interamente fondato sul concetto di "potere".

Morgenthau ha avuto un'esistenza particolarmente drammatica, segnata dalla sua nascita ebraica. Ha dunque sviluppato, sulla scorta di esperienze umane e professionali sovente traumatiche, un carattere difficile e, per certi versi, francamente sgradevole. La lettura della sua breve autobiografia (di prossima pubblicazione presso Antonio Pellicani Editore con il titolo "Memorie di un realista") ci restituisce uno studioso tormentato e combattuto, capace di non nascondere nulla della propria psicologia ma al tempo stesso estremamente lucido dal punto di vista scientifico e degli interessi di studio. Nel Novecento, Morgenthau spicca come uno degli esponenti di punta del pensiero politico realista. La sua critica all'utopismo, all'idealismo giuridico ed all'universalismo anti-politico ne fanno un autore ancora oggi di grande interesse. Il presente dossier dovrebbe stimolare l'attenzione dei lettori su un autore (e quindi su una corrente di pensiero, quella appunto realista) dal quale si ha molto da imparare ancora oggi. Il prossimo anno, Ideazione editrice pubblicherà la traduzione italiana di uno dei suoi libri più importanti: "Scientific Man vs Power Politics" (del quale l'articolo "Liberalismo e politica estera", compreso in questa sezione, costituisce un'anteprima). Per illustrare, in prima battuta, la posizione di questo originale studioso, siamo ricorsi alla traduzione di un articolo di Kenneth W. Thompson, che ne è stato il principale allievo. Il secondo articolo firmato da Morgenthau costituisce invece un omaggio all'opera di un altro grande realista statunitense, il teologo Reinhold Niebuhr, pensatore anch'egli quasi del tutto sconosciuto in Italia, il cui pensiero ha avuto non poche affinità con quelle dello stesso Morgenthau.

21 giugno 2002

(da Ideazione 3-2002, maggio-giugno 2002)

 
stampa l'articolo