Il caso Autant-Lara
di Ivo Germano
Maurizio Cabona, critico cinematografico del Giornale racconta la
parabola metapolitica di Claude Autant-Lara, gauchista ed
eccellentissimo ragazzo d'Europa che dagli anni Trenta al 2000,
data della sua morte, ha lasciato la sua firma autorevole negli
annali dell'immaginario cinematografico. Chi non ricorda i suoi
lavori? Film belli e ribelli, amati, osannati, ma anche esecrati,
come "Le diable au corps" del 1947, ed "En cas de malheur",
intitolato in Italia "La ragazza del peccato", del 1958, con una
strepitosa Brigitte Bardot. Indimenticabile la scena in cui la
Bardot, disinibita e allegra, si alzerà la gonna fino alla vita
mettendo d'un tratto a soqquadro la morale e l'ipocrisia
perbenista, bigotta e benpensante del secondo dopoguerra. E poi:
Occupati di Amelia; I sette peccati capitali; La traversata di
Parigi. Caso davvero strano quello di Autant-Lara vittima di una
delle più sconcertanti ed agghiaccianti damnatio memoriae.
Nel febbraio 2000 la stampa francese e quella italiana riferiscono
senza risalto la sua morte a novantotto anni. Per i media, il
regista del "Diavolo in corpo" e di "Le Rouge et le noir" era
ormai un reietto sin dal 1989, da quando, cioè, eletto al
Parlamento europeo col Front national, tiene come decano
dell'assemblea il discorso inaugurale. Improvvisamente tutti
dimenticano il sindacalista comunista, l'uomo di cinema che
combatté per l'obiezione di coscienza e per l'aborto. Da allora,
la dimenticanza. Libero come ogni francese sa esserlo, la sua
personalità viene adesso riapprofondita da Cabona e da Alan D.
Altieri, Michel Marmin e Aldo Tassone, grazie all'editore Asefi
(via San Simpliciano, 2-20121 Milano, telefono 02-86463056, e-mail
info@asefi.it).
Da uomo libero e da novello eurodeputato novantenne, Autant-Lara,
durante quell'assise del Parlamento europeo, difese le ragioni
della cultura europea e si scagliò contro l'egemonia di Hollywood.
"Mi rivolgo a chiunque nel nostro continente, di qualunque fede
politica, si erga contro la minaccia e la fatalità dell'estinzione
della nostra cultura. Chiunque egli sia, è mio fratello".
Naturalmente la platea girò i tacchi e fece spallucce, alla faccia
della fraternità. Nasceva "il caso Autant-Lara", il regista che in
passato aveva unito, nel giudizio entusiastico e nella stima, il
trotzkista Sadoul e il conservatore Cocteau. Cronache degli ultimi
anni Ottanta, quando la ragione politica e il "politicamente
corretto" prevalevano ancora sull'arte e la libertà d'espressione.
24 maggio 2002
ivogermano@libero.it
Il caso Autant-Lara, a cura di Maurizio
Cabona, Asefi, Milano, 2001, pp.175 - € 8,78.
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