Ventunesimo secolo, una rivista per le transizioni
di Aldo G. Ricci


Il concetto di transizione, con cui s'intende analizzare i caratteri di una fase di mutamento di un paese, con il passaggio da un assetto politico-istituzionale ad un altro diverso dal precedente, è tipico delle scienze sociali moderne, in particolare della seconda metà del Novecento, e anche la ricerca storica l'ha progressivamente posto al centro della sua attenzione. Oggi, per la prima volta, non a caso al volgere del nuovo millennio e di svolte epocali sul piano geo-politico globale, nasce una nuova rivista (espressione del Centro studi sulle transizioni, costituito da due anni presso l'università Luiss-Guido Carli di Roma) con il proposito di indagare proprio il fenomeno delle transizioni, ritenuto tra i più significativi per guardare al nuovo secolo alla luce dei mutamenti di quello precedente. La rivista, diretta da Gaetano Quagliariello e Victor Zaslavsky, affronta l'impresa con un approccio multidisciplinare e comparatistico, chiamando a confrontarsi sui diversi nodi non solo storici, ma anche economisti, sociologi, scienziati e giuristi, in una prospettiva proiettata necessariamente sul piano del dialogo tra ricercatori a livello internazionale. L'editoriale del primo numero pone esplicitamente i paletti dell'impresa. Sul piano cronologico l'attenzione è rivolta al periodo che va dalla Grande Guerra all'oggi chiarendo che, parlando di transizione, il discorso non può non coinvolgere il presente. Sul piano tematico si fissano i tre fenomeni cruciali della transizione: la diffusione della democrazia sul piano continentale, la nascita di nuovi stati nazionali e l'accelerazione dell'integrazione europea.

La ripresa della democratizzazione è fenomeno recente, legata prima al crollo dei regimi autoritari in Portogallo, Spagna e Grecia, e poi a quello dell'Urss, con tutti i problemi inediti posti dal passaggio da economie pianificate a economie di mercato (o quasi), in presenza di una società civile debole e di una tradizione politica per lo più ridotta, con processi di assestamento, quindi, spesso contraddittori e niente affatto lineari. La nascita di nuovi stati nazionali è invece un fenomeno che si è sviluppato lungo tre grandi ondate. Una prima successiva alla Grande Guerra, a seguito della disintegrazione dell'Impero austro-ungarico (ma anche di quello turco); una seconda in seguito al crollo del nazifascismo, che paradossalmente contribuì ad avviare il processo di decolonizzazione; e una terza successiva alla disintegrazione del blocco sovietico, che ha assistito alla nascita di ben venti nuovi stati (quando molti davano per morto lo stato nazionale) negli anni successivi all'89. Il processo d'integrazione europea (che solo in apparenza contraddice quello precedente), pur con tutti i suoi limiti, è per noi vita quotidiana e tende a cancellare progressivamente, nella prassi, le differenze fino a qualche anno fa lampanti tra Europa occidentale e orientale, innescando, però, tensioni potenzialmente pericolose nei paesi a sviluppo inferiore.

Nel progetto di ricerca, il "caso Italia" occupa un posto privilegiato, data la collocazione della rivista, con un'attenzione specifica alle modalità del passaggio dal regime fascista al sistema democratico, ai caratteri assunti dall'assetto politico-sociale italiano nella lunga fase del mondo bipolare, all'influenza dell'accentuata polarizzazione politica italiana sull'assetto dei suoi istituti democratici e, infine, alle contraddizioni tra processo d'integrazione sovranazionale e ripresa di un'affermazione identitaria nazionale, per tanti anni repressa da una contrapposizione politica fortemente ideologizzata. In questa prospettiva, un ruolo essenziale è affidato allo studio delle nuove fonti oggi disponibili, e in particolare agli archivi dell'ex Unione Sovietica, dai quali molti studiosi, tra cui lo stesso Zaslavsky, hanno tratto in questi anni elementi preziosi per le loro ricerche (a questo proposito vale la pena di ricordare che la Direzione degli Archivi italiani, con Salvatore Italia, ha promosso di recente una ricerca che a breve renderà disponibili agli studiosi 500 cd con oltre un milione di documenti del Komintern di grande interesse per la storia italiana).

Detto questo resterebbero da affrontare i contributi del primo numero, alcuni dei quali di forte impatto storico-politico, come si è potuto registrare il 5 aprile, nel corso della presentazione ufficiale della rivista presso la "Luiss". Anzitutto il saggio dello stesso Zaslavsky ("Aprile 1948, l'insurrezione mancata"), che dimostra con documenti inediti il grado di coinvolgimento dell'Urss nella fallita guerra civile greca, e l'influenza di questo fallimento sulla risposta data da Stalin a Togliatti di desistere da qualunque tentativo rivoluzionario armato in Italia all'indomani delle elezioni del 1948. E poi quello di Piero Craveri ("L'ultimo Berlinguer e la "questione socialista"), che analizza la parabola della strategia del compromesso storico e i rapporti tra Craxi e Berlinguer. Con documenti del fondo Berliguer (in particolare: relazioni e lettere di Franco Rodano e Antonio Tatò al leader comunista), Craveri mette in luce come il gruppo dirigente berlingueriano abbia sempre considerato Craxi e la sua strategia estranei alla sinistra, anche di fronte a proposte di collaborazione, contribuendo in modo determinante all'approdo definitivo del Psi in un'alleanza organica con la Democrazia cristiana e al tramonto di ogni prospettiva di riforma istituzionale. Sono solo due esempi significativi - perché nel primo numero c'è molto altro - di un'impresa che al suo esordio mantiene quello che annuncia nel titolo, promettendo di diventare un punto di riferimento importante nel confronto scientifico dei prossimi anni.

10 maggio 2002

Ventunesimo Secolo. Rivista di studi sulle transizioni, Luiss edizioni - anno I,
n. 1 - marzo, 2002, pp. 250- € 16,00



 
stampa l'articolo