Carl Joachim Friedrich, costituzionalismo
e teoria politica
di Leonardo Allodi
Considerato, tra gli specialisti, come uno dei massimi studiosi
del costituzionalismo moderno (Constitutional government and
democracy, 1946, e Man and his Government, 1963), il nome di Carl
Joachim Friedrich, nel più vasto pubblico è prevalentemente
assimilato agli studi sul totalitarismo (Totalitarian Dictatorship
and Autocracy, 1965). In realtà, l'opera di questo politologo (di
origini tedesche ma trasferitosi a partire già dal 1925 negli
Stati Uniti, dopo la formazione universitaria avvenuta ad
Heidelberg con Alfred Weber) risulta ben più ricca e sfaccettata e
in grado di coniugare in modo originale sensibilità filosofica,
prospettiva storica e analisi sistematica. La prospettiva
multidisciplinare fa di Friedrich non soltanto un politologo, ma
uno scienziato sociale nel quale l'apertura interdisciplinare
evita quello che invece in molti casi ha determinato lo scarso
realismo di tante teorie, e gli consente di realizzare una sintesi
felice fra cultura politico-giuridica, ma anche sociologica,
tedesca dei primi decenni del Novecento con la grande tradizione
costituzionalistica anglosassone.
Per le cure di Sofia Ventura è in libreria un'antologia che
finalmente offre la possibilità di misurarsi con la ricchezza, a
lungo inesplorata, dei molti ambiti tematici e delle originali
prospettive che definiscono l'opera di questo studioso (teoria
politica, costituzionalismo, federalismo, politica internazionale,
totalitarismo). In un ampio saggio introduttivo, che ne
ricostruisce criticamente la posizione metodologica e l'itinerario
complessivo della ricerca, la curatrice mette in luce
l'originalità specifica di Friedrich nel trattare gli ordini
politici costituzionale e federale, "alla luce di un pensiero
politico che desta interesse e affascina per il suo carattere
alternativo rispetto ad una tradizione dominante sviluppatasi
attorno ai concetti di Stato e di sovranità e per il quale
centrale è l'interpretazione dell'ordine politico medievale come
progenitore dell'ordine costituzionale".
Il costituzionalismo occidentale, per Friedrich, è stato la
risposta al problema di salvaguardare una sfera d'indipendenza che
trascende la legge positiva. Il "cuore umanistico del
costituzionalismo" di cui egli parla, si alimenta in questo senso
delle grandi questioni filosofiche e politiche della storia
occidentale. E la capacità di questo studioso di tenerle
costantemente presenti definisce così tanto l'attualità quanto la
"classicità" della sua riflessione. La costituzione scritta non è
se non la codificazione di quella legge esterna e superiore allo
stesso sovrano che costituisce il vero fondamento della garanzia
dei diritti della persona. E le radici cristiane del
costituzionalismo sono appunto legate a quest'attenzione per la
persona, alla sua realizzazione in quanto essere comunitario, la
sua libertà.
Fortemente influenzato dalla tradizione sociologica e filosofica
tedesca del primo Novecento (Ferdinand Tönnies, Alfred Weber, Max
Scheler, Karl Jaspers, Arnold Gehlen), come ben mostra la Ventura,
ma anche da un sociologo come Robert MacIver, legato alla
tradizione dell'illuminismo scozzese, Friedrich nella sociologia
trova una fonte del suo realismo politico. Il dato di base d'ogni
esperienza politica è la comunità: processo di socializzazione e
individualizzazione procedono pari passo, e l'uno è il presupposto
dell'altro. Il senso ultimo della comunità è la persona e la sua
realizzazione in quanto "animale politico". Per Friedrich non c'è
libertà senza radicamento in una comunità, non c'è libertà senza
ordine politico. L'uomo è un essere politico, cioè un essere
comunitario. Solo nella dimensione comunitaria l'io fa esperienza
della propria unità. Ma a sua volta, la comunità non può
rinunciare ad offrire al singolo quella dimensione di libertà
senza la quale l'individuo non diverrebbe persona, non si
realizzerebbe come tale. Una preoccupazione per la persona che,
radicata nella tradizione cristiana, ha dato origine alla
concezione dei diritti naturali e a quel costituzionalismo di cui
Friedrich non esclude affatto la possibilità di una "validità
universale".
Al centro di tale concezione vi è il riconoscimento della capacità
di tutti di partecipare al governo, tipica della tradizione
americana dell'uomo comune, che "non è l'uomo medio, ma l'uomo
comunitario, cioè ogni uomo nella sua partecipazione alla
comunità". La stessa comunità politica e il processo
costituzionalistico non avrebbero dinamismo e quel permanente
carattere processuale che Friedrich loro riconosce se non si
alimentassero dell'apporto, appunto, d'individui dalla personalità
matura, e dunque intimamente liberi.
Questa concezione fonda l'acuta analisi che Friedrich ha dedicato
alla natura dell'autorità nei contesti democratico e totalitario:
"Al contrario delle società costituzionali, dove l'autorità è
diffusa e pluralistica, poiché comunicazioni autorevoli originano
da diversi centri di autorità, come le chiese, le scuole, i
sindacati, i partiti, le associazioni di ogni genere, così come
dal governo, l'autorità nelle società autoritarie è polarizzata e
concentrata in modo impressionante nel movimento totalitario". La
dialettica tra ordine politico e libertà diventa così il problema
cruciale che offre il significato complessivo dell'opera di
Friedrich. Dialettica significa, classicamente, conversare,
discutere. Valori come la libertà e l'ordine politico devono
restare impegnati in un dialogo reciproco. La ricerca di una
sintesi superiore fra comunità e libertà non è possibile, ma
pericolosa: "l'uomo desidera un ordine libero e desidera una
libertà ordinata. Per questo motivo deve accettare una certa
misura di disordine e una certa misura di mancanza di libertà".
10 maggio 2002
Carl Joachim Friedrich, L'uomo, la comunità, l'ordine politico, a
cura di Sofia Ventura, il Mulino - Bologna, 2002, pp. CIII + 450,
€ 36,00.
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