Tutta l’attualità di Cavour
di Carlo Roma
La figura di Camillo Benso Conte di Cavour, artefice dell’Unità
d’Italia del 1861 alla guida del Regno di Sardegna, è scivolata
nel corso degli ultimi decenni in un lento ed inarrestabile oblio.
Benché infatti si continui a far riferimento alle linee di ricerca
seguite nel dopoguerra da Rosario Romeo, poco si conoscono - e
ancor meno si analizzano - il suo pensiero e le sue convinzioni
politiche. Da tempo si lamenta la mancanza, nel panorama
storiografico e nelle proposte editoriali italiane, di una seria
ed aggiornata sintesi dei suoi ragionamenti e del suo operato.
Frequentato da generazioni di studenti durante gli anni
scolastici, Cavour appare relegato in una posizione marginale,
schiacciato com’è da ben altri protagonisti del dibattito politico
ottocentesco. Mentre Mazzini, ad esempio, proietta la sua ombra
oltre i confini spazio - temporali entro i quali ha sviluppato le
sue riflessioni, Cavour è tuttora ancorato alle temperie ed alle
inquietudini della sua epoca. Non riesce a sganciarsi dal clima
sociale nel quale è cresciuto il disegno di un paese finalmente
libero ed indipendente dalle forze straniere presenti sul nostro
territorio.
La validità e l’attualità delle sue idee, tuttavia, conserva agli
occhi degli studiosi di oggi un alto tasso di interesse e richiede
un rinnovato ed efficace dispiego di strumenti interpretativi. Il
vuoto critico che avvolge i discorsi affidati da Cavour
all’attenzione dei deputati sabaudi prima e a quelli del
Parlamento italiano dopo il 1861, è ora colmato da “La libertà
come fine antologia di scritti e discorsi (1846- 1861)” (Ideazione
editrice, € 15,00). Si tratta di una estesa ed affidabile
raccolta, dei migliori scritti di Cavour proposti alla luce di una
ampia valutazione delle prospettive offerte dalla sua
irrinunciabile fede nell’ “ordinata libertà”. In una lettera
redatta nei primi anni Trenta dell’Ottocento, inviata ad Auguste
De La Rive, Cavour descriveva a tinte forti il suo itinerario
ideologico: “La ragione mi tratteneva su posizioni moderate; -
sostiene - il desiderio smisurato di far marciare i nostri
retrogradi mi rigettava verso il movimento; infine dopo numerose e
violente agitazioni e oscillazioni, ho finito per fissarmi come la
pendola nel giusto mezzo. Così vi comunico che sono un onesto
justemilieu”.
I principi sui quali si fondano le premesse cavouriane non sono
mai in disaccordo con un progetto riformista attivato sia per il
Piemonte sia, in seconda battuta, per l’Italia intera. In tal
senso, occorre rilevare che la progressiva trasformazione
dell’impianto statale richiedeva l’immissione nel paludato tessuto
socio - economico italiano di misure consistenti volte ad aprire
il mercato e a renderlo più dinamico e ricettivo. Dai contributi
selezionati nel saggio emerge con chiarezza che la modernizzazione
delle infrastrutture e la valorizzazione delle energie positive
doveva assecondare, fin da allora, l’inarrestabile progresso
civile, sociale ed economico che cominciava ad investire anche
l’Italia. “Vedete dunque, o signori, - dichiara il 7 marzo 1850
alla Camera - come le riforme, compiute a tempo, invece di
indebolire l’autorità, la rafforzano; invece di crescere lo
spirito rivoluzionario, lo riducono all’impotenza” e concludeva:
“Progredite largamente nella via delle riforme e temete che esse
siano dichiarate inopportune”. Orientando le sue scelte politiche
all’insegna del realismo, Cavour è stato in grado di estendere il
modello piemontese alla nuova Italia fino a rappresentare
l’emblema dell’uomo di stato. La sua testimonianza non ha perso la
freschezza degli anni migliori e la sua attività costituisce un
buon punto di partenza per un’accurata riflessione sull’Italia di
oggi.
25 aprile 2002
crlrm72@hotmail.com
Camillo Benso di Cavour, La libertà come fine, antologia di
scritti a cura di Roberto Balzani, Ideazione editrice, 2002, pagg.
354, € 15 |