Ponzio Pilato, detective e credente
di Simone Navarra


Gesù Cristo è risorto dopo tre giorni. Ma è difficile provarlo, se non si crede. E’ perciò la storia di un’indagine, di un percorso dentro la vita di un potente, di uno che ha visto il figlio di Dio e ha dato ordine di crocifiggerlo “Il Vangelo secondo Pilato” di Eric-Emmanuel Schmitt, 42 anni, docente di filosofia, drammaturgo, commediografo di fama mondiale. E fino a qualche tempo fa, noto anche per il suo agnosticismo cinico, tipico dell’Ulisse che varca le colonne d’Ercole e vede che dall’altra parte non c’è nulla di speciale. Ma con questo romanzo, sulla “storia di tutte le storie”, ritorna su un fatto che molta parte del mondo conosce o dice di conoscere, per dichiarare la sua conversione. E la scelta del punto di vista, il prefetto di Roma che avallò la decisione del Sinedrio e fece uccidere Jeshua (come lo chiama Schmitt), non può essere allora un caso. Perché quell’uomo che deve far rispettare la legge e prova a dare spiegazioni logiche, cercando complotti e accolite di sfruttatori, è in realtà l’uomo di oggi, così percorso da dubbi, preoccupato della sua forma fisica e delle difficoltà che incontra svolgendo il suo lavoro.

E se le lettere al fratello Tito con lo “stammi bene” finale e ripetitivo sono l’escamotage narrativo, questo nuovissimo Pilato è un giovane governatore, trentatreenne come Gesù. Lontanissimo dal Rod Steiger di Federico Fellini. Ama sua moglie, la bella e intelligente Claudia Procula. E' un uomo interiormente inquieto, in ricerca. Uno che pensa, che si chiede di continuo: “Che cos’è la verità?”. E quando gli riferiscono che il sepolcro è vuoto e il corpo del giudeo è scomparso, avvia un'indagine metodica, quasi come un detective: sopralluoghi, interrogatori, simulazioni, raccolta di indizi e testimonianze. Finchè si convince che nessuna spiegazione razionale può dissolvere il mistero. O si resta nel buio della negazione e dell'assurdo o si cerca di sperare, in attesa di un'illuminazione. E se Cristo fosse veramente risorto?

Il romanzo si conclude così nel segno del dubbio. Ma vuole essere un dubbio “costruttivo”, perché – sostiene Schmitt – “dubitare e credere sono la stessa cosa. Solo l'indifferenza è atea”. Per questo il senso di ogni cosa è nell’interrogativo se la religione cristiana sopravviverà a chi ha visto il Nazareno e ascoltato le sue parole. E’ allora importante che Pilato, alla fine, così come la moglie, si lasci sconfiggere e cambiare da quello che non ha capito. Primo di una lunga serie che prega di fronte al simbolo di quello che ha ucciso il suo messia. Forse perché come dice un marziano nell’ultimo film della serie “Star Trek” siamo un genere vivente che deve ricordarsi di quel che lo fa soffrire per capire quanto è importante non ripetere gli errori. Il Pilato di Schmitt fa a pezzi non solo l'immagine di quello che si lava solo le mani, tramandata dai Vangeli, ma anche il cliché di rifiuto, cinismo, antipatia accumulato sul procuratore romano da tante rivisitazioni negative nella narrativa del Novecento, a partire da Anatole France e Michail Bulgakov con il grande “Maestro e Margherita”. Ora, battendo un'agguerrita concorrenza, le Edizioni San Paolo lo propongono in Italia, dopo aver acquistato dall'editore francese Albin Michel i diritti. In Francia è già un successo con decine di recensioni e interviste, da Le Figaro a L'Express, e oltre 100mila copie vendute, più traduzioni in nove lingue.

12 aprile 2002

Eric-Emmanuel Schmitt , "Il vangelo secondo Pilato", Edizioni San Paolo, € 14,46.
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