Un percorso bio-bibliografico

Hannah Arendt nasce ad Hannover nel 1906. Precoce negli studi, consegue l'Abitur nel 1924 e si iscrive all'Università di Marburgo, dove diventa allieva di Martin Heidegger. Pochi anni dopo, sotto la guida di Jaspers, scrive la sua prima opera su "Il concetto di amore in Agostino". Per la ebrea Hannah Arendt, gli anni Trenta sono burrascosi. Lascia la Germania (è anche internata per un breve periodo in Francia) e vive come apolide in varie città europee, stringendo amicizie importanti. Nel 1941, insieme al secondo marito Heinrich Blücher, riesce a raggiungere gli Stati Uniti dove rimarrà fino al 1975 (anno della morte). La Arendt ottiene insegnamenti in prestigiose accademie, come Columbia University, Chicago University, New School for Social Research, ed acquista anche una certa notorietà grazie alla pubblicazione di opere che la consacrano come una dei protagonisti della cultura politica del Novecento. Il ponderoso volume su "Le origini del totalitarismo" esce nel 1951 e ancora oggi, a cinquanta anni dalla pubblicazione, rimane un libro fondamentale. L'autrice ritiene che, al pari del nazionalsocialismo, anche lo stalinismo sia un regime totalitario. Qualche anno dopo esce "The Human Condition" (1958), uno dei testi che più avrebbe influenzato la rinascita della "filosofia pratica" negli anni Settanta e Ottanta.

Nella Arendt lo studio e la riflessione sono sempre associate ad una attenzione particolare all'attualità. Nel 1961, ad esempio, assiste, come inviata del New Yorker, al processo contro Eichmann, svoltosi a Gerusalemme. Nel libro che ne segue, "La banalità del male" (1963), la Arendt descrive l'imputato come un individuo "normale", incapace di giudicare in modo autonomo, pronto a conformarsi a clichés e direttive imposte dall'alto, pur di godere di una certa sicurezza e di un certo agio. L'intreccio costante tra filosofia, storia e politica, tipico dello scrivere arendtiano, emerge anche nel saggio "Sulla rivoluzione" (1963). La politica ha il compito primario di preservare le condizioni in cui sia garantito uno spazio pubblico per il manifestarsi dell'agire umano e della libertà. Alla luce di ciò, la deriva giacobina della Rivoluzione francese segna anche il fallimento della stessa. Una Virtù assoluta, una Bontà imposta per legge, finisce inevitabilmente nel Terrore, è questo il motivo per cui la Rivoluzione francese e la Rivoluzione russa, a differenza della Rivoluzione americana, sono tentativi fallimentari. Gli ultimi anni della vita della Arendt segnano il suo ritorno a problematiche di natura squisitamente filosofica. Nel 1972 ottiene l'invito a tenere le prestigiose Gifford Lectures di Aberdeen. Queste lezioni sono un po' il banco di prova per il volume "The Life of the Mind" che uscirà postumo e incompiuto nel 1978. In modo speculare a quanto avvenuto in "Vita activa" per le attività pratiche, sono ora passate in rassegna le attività fondamentali della mente: pensare, volere e giudicare. Il common sense, un senso condiviso della realtà, la meraviglia per l'esistenza e il primato della polis, sono i punti che l'autrice lascia come preziosa eredità.

Per una presa di contatto con i testi della Arendt si segnala anche: "Hannah Arendt, Il pensiero secondo. Pagine scelte", Rizzoli, Milano, 1999 (una raccolta antologica in cui sono presentate alcune delle pagine più significative dell'autrice). Una biografia molto dettagliata e precisa è quella di E. Young-Bruehl, Hannah Arendt. 1906-1975. Per amore del mondo, Bollati Boringhieri, Torino, 1990. Si segnala infine il volume: S. Forti (a cura di), Hannah Arendt, Mondadori, Milano, 1999, in appendice del quale c'è una preziosa bibliografia. Il contributo critico pubblicato in questo dossier è opera di Dolf Sternberger - uno dei più importanti pensatori politici tedeschi del secondo dopoguerra al quale dedicheremo uno dei prossimi Feuilleton - ed è la traduzione di "Die versunkene Stadt. Über Hannah Arendt Idee der Politik" apparso nell'ottobre 1976 su Merkur. Il testo di Hannah Arendt è invece la traduzione del saggio "Dream and Nightmare" pubblicato nel settembre 1954 (su The Commonwealth) e basato su un discorso tenuto dall'autrice alla Princeton University nell'ambito di una conferenza dal titolo "L'immagine dell'America all'estero". (p.ter.)


15 marzo 2002

(da Ideazione 4-2001, luglio-agosto)




 
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