I vini del Franco bevitore. L’altra
faccia del Rosso di Toscana
di Franco Ziliani
Sì, lo so bene che quando si dice Toscana nove volte su dieci gli
appassionati di vino pensano con l’acquolina in bocca a
Montalcino, a quella sorta di California italiana chiamata
Bolgheri, al Chianti Classico e ai vari Super Tuscan generati
dall’irrefrenabile fantasia, e spesso dalla voglia di stupire, di
vignaioli ed enologi. Ed in subordine Montepulciano con il suo
Vino Nobile e San Gimignano con la Vernaccia ancora in cerca di
veri estimatori... Pur con tutto il rispetto per queste
celeberrime denominazioni, che tendono a catalizzare l’attenzione
del consumatore medio e dell’esperto, credo però che la terra di
Dante e di Cecco Angiolieri possa contare su altre aree che,
sebbene meno mediaticamente celebrate, hanno grandi potenzialità,
un futuro sicuro davanti a sé e talora una storia che meriterebbe
molta più considerazione.
Penso ad esempio a Carmignano, con il suo uvaggio dove il Cabernet
Sauvignon era contemplato ben prima del riconoscimento della Docg,
a Scansano con il suo Morellino, a Montecucco e Monteregio di
Massa Marittima, dove diverse grandi aziende stanno investendo, a
Suvereto e alla Val di Cornia, al Pisano, dove il lavoro
eccellente di cantine come la Tenuta di Ghizzano e San Gervasio
testimonia della vocazione di questi terroir. Last but not least,
inspiegabilmente sottovalutate, nonostante la vicinanza ad una
zona dall’intenso flusso turistico come la Versilia di Forte dei
Marmi e di Viareggio, ci sono poi le aree delle Colline Lucchesi e
di Montecarlo, assurdamente titolari ognuna di una propria Doc e
di un proprio Consorzio di tutela. Non sarà la Toscana glamour e
modaiola delle cronache mondane, la Capalbio e dintorni della
sinistra post-comunista radical chic, il Chiantishire caro a Tony
Blair, Sting e Sarah Ferguson, l’impero di Montalcino, dove in
molti casi riesce incredibilmente il miracolo della trasmutazione
del vino (e spesso di vini tutt’altro che trascinanti) in oro, ma
l’entroterra collinare di una città splendida e discreta come
Lucca ha un fascino davvero non indifferente, da un punto di vista
paesaggistico e architettonico, per un turismo intelligente e
fuori dalle normali direttrici, e in campo strettamente vinicolo,
oltre ai risultati, non indifferenti, già conseguiti, fa
intravedere importanti margini di crescita e di miglioramento.
L’area più interessante, se dobbiamo giudicare dal numero delle
aziende operanti, dalla storia, dalla vivacità, è senza dubbio
quella della Doc Montecarlo, che comprende i territori di
Montecarlo, Altopascio, Capannori e Porcari, e presenta la
particolarità di una consolidata presenza, da oltre un secolo,
accanto a vitigni a bacca rossa toscani come Sangiovese, Canaiolo,
Malvasia nera, Ciliegiolo e Colorino e a bacca bianca quale il
Trebbiano, di una serie di varietà pregiate quale Sémillon, Pinot
(bianco e grigio), Vementino, Viognier, Roussanne in bianco, e
Cabernet (Sauvignon e Franc), Merlot, Syrah, Pinot nero in rosso.
Da questa grande varietà ampelografica e ampia possibilità di
combinazioni e dosaggi tra i diversi vitigni, nascono vini di
grande originalità e appeal, che presentano un accento, uno stile,
un corredo aromatico e gustativo del tutto particolare, che gli
amanti veri, non quelli che la predicano e poi finiscono col
premiare vini tutti uguali tra loro…, della cosiddetta
“biodiversità”, della non omologazione, colturale e culturale, se
potessero conoscerli meglio non mancherebbero di apprezzare.
A Montecarlo, tra i produttori non mancano personaggi a tutto
tondo, originali, un po’ bizzarri. Il più genuino, il più
tenacemente fedele ai propri ideali è sicuramente quel simpaticone
di un Ivaldo Fantozzi, pizzetto mefistofelico e corpulenza da
gourmet, il quale con tenacia e convinzione nei propri mezzi, e un
pizzico di follia che non guasta mai e che dà sapore alla vita, si
è deciso di far diventare l’azienda agricola Wandanna, una delle
aziende di riferimento non solo dell’area di Montecarlo, ma,
perché no?, di quella Toscana che non si è arresa ad essere
considerata minore e marginale rispetto alle Doc e Docg di
riferimento. Il buon Fantozzi, che a dispetto del cognome non ha
nulla in comune con il personaggio reso celebre da Paolo
Villaggio, ma è sanguigno, energico, amante delle provocazioni,
talvolta tende un po’ ad esagerare, e non contentandosi delle
moltissime varietà già presenti, come consente il disciplinare, in
vigna, si diverte a sperimentare davvero di tutto, dal Tannat ad
altre varietà italiche ed estere. Anche se una riduzione del
numero, davvero considerevole, dei vini attualmente prodotti non
sarebbe male.
Ciò detto, consapevoli che chiedergli questo è un po’ utopico,
teniamoci ben stretti personaggi veri e tutti d’un pezzo come il
Fantozzi tanto più che la qualità dei vini prodotti, nonostante
questa creatività vagamente futurista, è notevole. Molto buoni i
due Montecarlo base, bianco e rosso, nervosa, piacevolissima,
ideale come aperitivo la Roussanne, immediato, diretto, senza
tanti fronzoli, lo Charmat lungo chiamato ironicamente Mussò,
ambizioso e da tenere d’occhio lo Chardonnay Labirinto, ma sono i
rossi (ironia della sorte, Ivaldo…) a fare la nobilitate di questo
vulcanico produttore. Quelli futuribili, tipo il Syrah ed il Pinot
nero, che assaggiati in purezza la scorsa estate, mentre si
affinavano ancora in legno, mi hanno stupito per tipicità
varietale, intensità aromatica, ricchezza di sapore, personalità,
e quelli fortunatamente già reali come il Virente (nome vagamente
dannunziano), un Rosso Toscana uvaggio di Cabernet, Merlot e
Syrah, assolutamente vigoroso e raffinato, dotato di un bel
potenziale d’evoluzione, e soprattutto il Rosso Toscana Terre de’
Cascinieri, dove su una salda matrice toscana data da Sangiovese,
Canaiolo, Ciliegiolo, crediamo percentualmente preponderanti,
s’impiantano, a conferire carattere, sfumature aromatiche, sapore,
Cabernet e Syrah.
Il Terre de’ Cascinieri nella sua edizione 1998 a me è piaciuto
moltissimo e senza riserve, per il suo stile davvero vigoroso,
virile, ruvido quanto basta, per il carattere saldo che lo fa vino
da appassionati veri e non da mammolette in cerca di plasticità
morbidose ed eno-siliconate, date da furbesche iniezioni di Merlot
e dalla mano dei concentratori. Colore rubino violaceo, intenso,
profondo, senza smagliature, colpisce d’imperio, alla prima
“snasata” nel bicchiere, per l’intensità terroso – selvatica –
minerale degli aromi, dove oltre alla marasca matura, alla mora di
rovo, si colgono dense, ben pronunciate sfumature di pepe nero,
grafite, tabacco, sottobosco bagnato, spezie, in una cornice
floreale di bella freschezza e pulizia, che evoca le liliacee e la
viola. La bocca conferma in pieno l’intensità ed il vigore delle
sensazioni olfattive, con una polposa estrazione fruttata, dolce
senza eccessi, ben matura ma viva, una struttura tannica ben
sostenuta e nervosa, un gusto carnoso e una terrosità polverosa
che regalano al vino una lunghissima persistenza e un modo
avvolgente e pieno di disporsi sul palato. Un vino stile “mangia e
bevi”, dagli estratti importanti e dalla concentrazione naturale,
un vino vero, con tutti gli attributi.
15 febbraio 2002
bubwine@hotmail.com
Rosso di Toscana Igt Terre de’ Cascinieri 1998. Azienda agricola
Wandanna, via Don Minzoni 38. Località San Salvatore 55015
Montecarlo LU. Tel. 0583 228989 fax 0583 22029, € 11,36
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