CL: i vent’anni della Chiesa in Movimento
di Luca Pesenti


“Vi voglio molto bene. Certo molto più di quanto voi stessi possiate immaginare”. Forse non se l’aspettavano i ciellini un simile atto d’amore. Il cardinal Martini, alla soglia dei 75 anni e a un passo dall’abbandono della sua carica, ha stupito e commosso proprio loro, i fedelissimi di don Luigi Giussani, riuniti martedì scorso nel Duomo di Milano per festeggiare il ventennale del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione. Parole così appassionate se le sono sentite dire da un altro cardinale, il bolognese Giacomo Biffi, amico personale di Giussani sin dal tempo del seminario e certamente a culturalmente affine. Ma da Martini, il “progressista” amato proprio da quei cattolici che a mala pena sopportano l’avventura ciellina e la sua radicalità esistenziale, proprio non se l’aspettavano. E si sono commossi, sciogliendosi in un lungo applauso che ha accompagnato l’uscita dell’anziano cardinale. “Siamo stati gli unici a non scaricarlo” mormorava qualcuno tra le navate ambrosiane.

E’ un’immagine, quella del Duomo strapieno di gente, che resterà nella storia di questo movimento. Immagine tra immagini. Gli scalini del liceo Berchet, dove Giussani cominciò l’avventura (anno 1954) rivoluzionando la polverosa Azione Cattolica dell’epoca. La spiaggia di Varigotti, meta preferita per i ritiri di Gioventù Studentesca. La crisi del Sessantotto, la violenza lungamente subita, la fuga in massa di centinaia di aderenti, attratti dalla contestazione sociale più che da una radicale esperienza cristiana. E ancora i saloni della Fiera di Rimini, dove ogni estate da più di vent’anni va in scena il Meeting, dove ogni primavera si svolgono gli Esercizi spirituali. Ma c’è un’altra immagine che campeggia nell’album fotografico di CL. E’quella di papa Woytila, piegato a baciare la fronte del vecchio e malandato Monsignor Giussani. Il suggello a un’amicizia e a una stima che da molto tempo lega i due. Ribadita ancora in questi giorni da una lettera che Giovanni Paolo II ha fatto recapitare all’anziano e carismatico leader spirituale direttamente da Monsignor Stanislaw Rylko, segretario del Pontificio Consiglio per i laici.

Woytila definisce CL “un’autentica avventura della conoscenza”, si dichiara colpito dall’impegno del movimento “nel mettersi in ascolto dei bisogni dell’uomo di oggi”, ne esalta la capacità di costruire opere in tutti i campi della vita sociale, la perseveranza educativa e missionaria. Certamente ci sanno fare, i ragazzi giovani e vecchi di don Giussani. Per questo chi li guarda non riesce proprio a fermarsi alla neutralità. Molti sono quelli che ne riconoscono il valore, la presenza, la saldezza della fede, la capacità di convertire in un mondo sempre più ostile alla Chiesa e ai suoi principi, la baldanzosa forza d’urto culturale formatasi nel tempo su testi di un cattolicesimo anticonformista e radicale: Peguy, Testori, Chesterton, Lewis e una lista lunga da non finire mai. Molti invece se ne dichiarano risolutamente avversari. Chi li accusa di integralismo un po’ bigotto, chi al contrario non ne ama la spregiudicatezza e la capacità di movimento in contesti secolari come la politica e l’economia. A tutti don Giussani risponderebbe certamente come scrive ancora il Papa nella lettera alla Fraternità: “Il cristianesimo prima di essere un insieme di dottrine o una regola per la salvezza, è l’avvenimento di un incontro”. Proprio su questa convinzione profonda si è sviluppata nel corso degli anni la vicenda di Comunione e Liberazione, ideale punto d’incontro di bisogni elementari e domande sempre meno esprimibili nel contesto culturale della nostra epoca. Da qui sono nate tutte le opere che si ispirano al carisma di Giussani: la Compagnia delle Opere, il Banco Alimentare, AVSI, i Centri Culturali e altre ancora. Tante, quasi sempre rilevanti, qualche volta influenti. I figli del “don Giuss” sono cresciuti e si sono moltiplicati. Loro lo chiamano semplicemente “il Movimento”.

15 febbraio 2002

lucapesenti@tin.it

 

 

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