Narrativa. Delitto nell'antica Grecia
di Carlo Roma
Stefanos, un giovane studente greco del IV secolo ed il celebre e
saggio filosofo macedone Aristotele, insieme per seguire i fili
intricati di un delitto compiuto all'alba di un giorno segnato da
un vento freddo in una nobile abitazione di Atene. Insieme per
difendere l'onorabilità di Filemone, cugino di Stefanos, e per
tutelare la rispettabilità dell'intera famiglia. Per evitare che
la morte cada, inesorabile, sul capo di un innocente secondo le
aspettative degli eredi della vittima. Per scongiurare il pericolo
che Filemone, l'assassino predestinato, "sia preso e torturato ed
orribile morte veda" come grida a squarciagola un cantante
girovago, povero e malconcio, dopo che la notizia è passata di
bocca in bocca fra gli avventori del colorito mercato della città.
Veniamo ai fatti. Il ventiduenne Stefanos, sveglio di buon
mattino, avvolto nel suo mantello di lana, attraversa le vie
ancora silenziose di Atene. Tutto è quieto. L'aria frizzante del
primo mattino concilia e rasserena i suoi pensieri confusi ed
agitati. La morte del padre, verificatasi pochi mesi prima, ha
aperto la strada ad una dolorosa successione. Il cugino Filemone,
soldato deciso e coraggioso, sconta l'esilio perché, durante una
rissa in una taverna, ha ucciso un uomo. Stefanos si è formato al
Liceo di Aristotele e, grazie ai tanti insegnamenti del maestro,
ha acquisito esperienza e maturità. Dall'ombra delle nude mura che
cingono l'abitazione del ricco Boutades, uno degli oligarchi della
città, provengono alte grida, voci scomposte e vibranti. Le donne
lasciano che il loro dolore e la loro paura si alzino fino a
lambire con mani imploranti le divinità dei morti. La serenità
delle ore del mattino è rotta. I primi riflessi della luce
illuminano uno scena drammatica e sconcertante. Un fitto brulichio
di schiavi si muove intorno alla casa toccata dalla morte. Il
cadavere di Boutades, accartocciato su se stesso, giace sul
pavimento del suo studio. Gli occhi vitrei rivolti al soffitto, la
tunica di lino bianco inzuppata di sangue, le spalle piegate da
una freccia ben piantata fra le scapole: ecco come appare il
povero Boutades all'incredulo e furente Polignoto, nipote del
facoltoso ed ammirato defunto. Di fronte a Stefanos, subito
accorso, Polignoto lancia temibili invettive, miste ad un grido di
rabbia, verso il colpevole: "O Zeus - gridò con voce mezza
strozzata, tanto che le parole gli s'incepparono in gola - guarda
questo delitto e fai vendetta su quelli che tramano offese contro
di me e la mia tribù! Maledizione all'assassino!" Polignoto non ha
dubbi ad accusare, a qualche giorno di distanza dal tragico
ritrovamento, nel bel mezzo della piazza rigurgitante di folla,
Filemone e a volerlo processare. Filemone è davvero implicato nel
delitto oppure rappresenta una valida copertura per il misterioso
responsabile? Aristotele interviene in soccorso del disorientato
Stefanos. Dalla sua casa appartata conduce le indagini del suo
discepolo. Applicando il suo ferreo e lucido spirito deduttivo, il
filosofo non esita a individuare il sentiero impervio della
verità. Fino a ricostruire il mosaico dei fatti e a ristabilire i
confini della giustizia oltraggiata.
Un giallo, dunque, che rispetta tutti i caratteri stilistici del
genere con un'ambientazione originale. La canadese Margaret Doody,
in "Aristotele detective" (1978), ha riprodotto, con perizia, il
sapore di un'epoca lontana. Un'epoca lontana, siamo nel 330 a.C,.
che diventa terreno fertile anche per le storie di fantasia e si
presta a rivivere negli umori, nelle gelosie e nelle meschinità
dei protagonisti. La storia, nella quale si rintracciano anche gli
elementi distintivi del romanzo di formazione, è articolata
secondo uno sviluppo regolare e semplice degli eventi ma nasconde
una raffinata capacità di orchestrare e di gestire il tessuto
narrativo.
23 novembre 2001
crlrm72@hotmail.com
Margaret Doody, Aristotele detective, Sellerio editore, pp. 449,
lire 18.000.
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