Cucina. Il nostro pane quotidiano
di Maria Luisa Gualtieri


Si è tenuto qualche settimana fa a Senigallia, in provincia di Ancona, un evento internazionale titolato “Pane nostrum” per fare il punto e celebrare un alimento principe della cucina mediterranea: il pane appunto, di cui l’Italia vanta una tradizione e un patrimonio regionale di ben duecentocinquanta tipi. Alcuni tipi di pane regionale, per esempio quello di Genzano, hanno già un attestato di Igp (Identificazione geografica protetta); altri, e tra questi la pagnotta di Lariano (saporitissima quella di farina integrale), il pane di Altamura (squisito in tutte le versioni), il carasau sardo (delicatissimo e molto nutriente) aspirano alla denominazione d’origine. Sulla strada della tipicità e genuinità del pane, quello che resta fresco e fragrante per sette giorni, quello, per intenderci, che viene fatto con farine scelte, lasciato ai tempi della lievitazione naturale e cotto nel forno a legna, si indirizzano oggi le preferenze dei consumatori più attenti.

Il pane non ha una data precisa di nascita. Il pane viene da lontano. Lontanissimo. Ha una storia lunga quanto quella dell’umanità. Le sue radici sono intrecciate con quelle della civiltà. Nessuno può dire con certezza quando l’uomo abbia cominciato a mangiare i semi di una certa graminacea; quando abbia preso a macinarli, ottenendone farina; quando abbia pensato di mescolarla con l’acqua e cuocerla per ricavarne un alimento. Avanzi preistorici, venuti alla luce in vicinanza dei laghi svizzeri, testimoniano che già millenni prima di Cristo l’uomo conosceva la lavorazione del pane. Il metodo di cottura doveva essere simile a quello ancora oggi praticato presso le tribù primitive dell’Africa equatoriale e dell’America meridionale: un impasto di farina e acqua cotto tra due pietre calde. Affreschi dell’antico Egitto raffigurano le varie fasi della coltura del grano e forse proprio gli egizi scoprirono che lasciando fermentare le focacce di pane, queste si gonfiano e diventano soffici.

L’impiego delle mole per la macinazione della farina, la cottura nel forno e l’uso di dare svariate forme pervennero in Grecia dall’Oriente e giunsero poi a Roma, dove, un secolo prima di Cristo esisteva, lo si sa per certo, un negozio di pane. Ai tempi di Augusto le panetterie raggiunsero il numero di trecento e i loro proprietari formarono il “collegio dei panettieri”, dotato di numerosi privilegi. Al tempo dell’imperatore Traiano venne creata in Roma addirittura la prima scuola per panettieri. Il pane, dunque, è più di un simbolo, è la vita stessa materiale e spirituale dell’uomo: tutte le altre cose che l’uomo mangia, ha mangiato e mangerà hanno preso nome dal pane: si chiamano infatti companatico.

19 ottobre 2001

mlgualtieri@hotmail.com



 

stampa l'articolo