Narrativa. Pessoa, la libertà attraverso il denaro
di Maria Teresa Petti


In merito alle recenti polemiche intorno all’interpretazione politica di Fernando Pessoa, risulta interessante la riproposta da parte delle edizioni Passigli di uno dei testi pessoani più densi di politicità. Si tratta di un breve racconto, pubblicato per la prima volta nel 1922 sulla rivista modernista portoghese “Contemporanea”, che offre la migliore chiave di lettura della concezione politico-economica e filosofica del poeta lusitano. Una lettura scorrevole e interessante anche dal punto di vista letterario. “Il banchiere anarchico” è un dialogo platonico tra due interlocutori, uno dei quali (il ricco banchiere) loquace espositore dell’originale teoria degli ossimori; l’altro, timido ascoltatore, che pone alcune domande per tentare di capire. Pessoa-poeta affida alla letteratura il compito di indicare la via per il raggiungimento individuale e collettivo della libertà. E così la finzione letteraria è il modo migliore per comunicare la propria concezione della vita dell’individuo e della comunità, è la missione che il poeta si propone, quella di “stimolatore di anime”.

Il banchiere esprime dunque il cammino esistenziale che lo ha portato a colmare l’ossimoro ricchezza-anarchia, nella realizzazione assoluta di teoria e pratica. Racconta di essere stato un giovane e intelligente operaio, insoddisfatto di quella posizione e di tutte le ingiustizie e le convenzioni sociali, e divenuto anarchico proprio per questo. “E’ stato per rivolta a queste considerazioni che le sto esponendo che è nata la mia anarchia di allora - l’anarchia che, le ho già detto, conservo oggi senza alcuna alterazione”, afferma il Pessoa-banchiere, aspirando lentamente il fumo del suo sigaro. Continua poi illustrando la possibilità della realizzazione dell’ideale libertario. Secondo lui la realizzabilità però non va ricercata attraverso una rivoluzione sociale, poiché anche quest’ultima è un regime dispotico. “... se, grazie a una sommossa improvvisa, si compisse una rivoluzione sociale, si instaurerebbe non già la società libera (perché per quella l’umanità non può ancora essere preparata), ma una dittatura di quelle che vogliono instaurare una società libera”. Infatti, secondo questa teoria, ogni aggregazione di uomini che tenti di combattere le finzioni sociali crea una nuova tirannia, il comando da parte di una personalità più forte.

Ecco così il delinearsi della soluzione: “Lavorare tutti per lo stesso fine, ma separati”; “...lavorando separati non possiamo, in nessun modo, creare una nuova tirannia, perché nessuno agisce sull’altro e pertanto non può, dominandolo, limitargli la libertà, né, aiutandolo, soffocargliela”. E’ per questo che il protagonista comincia ad agire da solo, applicando i principi teorici direttamente alla sua vita pratica, comprendendo che non bisognava distruggere le finzioni sociali, ma dominarle “... non potevo pensare di distruggere le finzioni sociali né completamente, né parzialmente. Dovevo soggiogarle, vincerle soggiogandole, riducendole all’inattività”. E, scoperta la più importante delle finzioni sociali, il denaro, decide di ridurlo all’impotenza su se stesso, possedendone in quantità tale da non sentirne l’influenza. Dalla demonizzazione del denaro al denaro come via per la libertà.

13 luglio 2001

matpetti@hotmail.com

Fernando Pessoa, “Il banchiere anarchico”, Passigli, Firenze 2001, 89 pagine, lire 12.000.

 

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