I vini del Franco Bevitore. Onesti produttori e falsi miti
di Franco Ziliani


Una scarna notizia apparsa recentemente sulle pagine di Cuneo della Stampa intitolata "Elio Altare emblema dei produttori onesti. Proposto per una campagna regionale", ha avuto il singolare potere di farci letteralmente girare le scatole (eufemismo). Nella cronaca viene raccontato che martedì 12 giugno il Consiglio Regionale del Piemonte, retto, ci dispiace doverlo rilevare, da una giunta di centrodestra, il cui presidente è notorio amico e sostenitore di una nota associazione di potere con sede a Bra, ha deliberato, "a maggioranza" di approvare la proposta presentata dal gruppo dei Comunisti italiani di fare di Elio Altare, vignaiolo di La Morra, il simbolo di una campagna sul "vino sicuro". Il produttore del Vigneto Arborina, del Langhe Larigi e La Villa, sarebbe stato scelto, secondo i sostenitori della proposta, per la sua decisione di togliere dal mercato l’annata 1997 del suo Barolo, reso imbevibile a causa dei tappi difettosi utilizzati, venduti da un fornitore al quale Altare ha fatto causa. Personalmente, non abbiamo mai considerato e non consideriamo nemmeno oggi come "eroica" la scelta del leader riconosciuto dei modernisti del Barolo dalla barrique sostenuta e dalle macerazioni "sveltina". Vendendo i suoi vini ai prezzi molto importanti (intorno alle centomila lire a bottiglia) ai quali vengono proposti, ci sembra che il signor Altare non avesse proprio altra soluzione che rinunciare, sia pure a malincuore e con grave danno finanziario. "Non voglio essere considerato un eroe - ha riconosciuto Altare con grande onestà in una dichiarazione rilasciata alla Stampa. Non mettere in vendita il barolo all’odore di tappo era l’unica strada possibile. Ero moralmente obbligato per rispetto ai clienti che mi seguono da più di vent’anni, tra i quali ci sono molti collezionisti".

A fronte dell’asciutta assunzione di responsabilità di Altare, un certo strano mondo dimostra invece di non capire che creare degli eroi e dei miti, quando forse mancano i requisiti fondamentali, non ha proprio senso e rischia di rivelarsi un boomerang. Così, dopo gli editoriali promozionali del compagno Carlin Petrini, ospitati in prima pagina dalla Stampa, dopo i processi di beatificazione del povero vignaiolo di La Morra, (che siamo curiosi di sapere se sarebbero stati riservati anche a produttori non amici di Slow Food che si fossero trovati nell’identica sfortunata situazione toccata ad Altare…), ci tocca oggi vedere che non solo i Comunisti italiani ma tutti gli altri membri del Consiglio regionale cascano in questa stupida trappola. Scrivere difatti, come si legge nel comunicato emanato dal Consiglio, che "Il mondo enologico di qualità ha abbandonato da tempo le vecchie e perdenti logiche manipolatorie o, peggio, sofisticatrici, per puntare su di un target alto, che oltre a un lavoro professionalizzato nelle vigne e nelle cantine non prescinde mai dal rispetto nei confronti del consumatore, anche quando si verificano situazioni che non dipendono dal produttore", non solo fa venire la pelle d’oca per la scadentissima qualità della prosa dell’estensore, ma ci sembra assolutamente scandaloso e comico.

Non vogliamo lanciare nessuna accusa ad Altare, determinate cose si possono scrivere solo in presenza di prove e di riscontri scientifici analitici. Ma vedere proprio in lui - che è stato ed è il punto di riferimento di una corrente di pensiero (diciamo così…) di vignaioli scaltri e senza scrupoli che, secondo una diffusa e mai smentita vox populi, per anni, secondo una "logica manipolatoria" che il comunicato condanna, hanno prodotto dei "Barolo" fortemente personalizzati nello stile e nella composizione ampelografica, nonostante il disciplinare di produzione - parlasse e parli chiaramente di Nebbiolo 100 per cento, ci sembra veramente una beffa nei confronti dei produttori realmente onesti. Se i signori del Consiglio regionale vogliono eleggere un simbolo del vino pulito di Langa, un personaggio che mentre i furbi e i cialtroni aggiungevano Merlot e Cabernet al loro Nebbiolo spacciandolo bellamente per "Barolo", si ostinava, per rispetto di se stesso, a lavorare esclusivamente sul Barolo in purezza, rispettando una tradizione ed un’identità storica del vino, senza svenderla in ossequio al mercato, agli americani e al gusto internazionale, non ad Altare si devono rivolgere ma un vero grande uomo del vino di Langa, ad una persona di spessore come Bartolo Mascarello.

Chi meglio di Bartolo, uomo di cultura, personaggio dal passato e dal presente adamantino, e con grande gioia dei Comunisti italiani, da sempre impegnato politicamente a sinistra, potrebbe essere simbolo e protagonista, moralmente ineccepibile di una campagna promossa dalla Regione per sottolineare la serietà dei produttori piemontesi, per ricordare al consumatore che il mondo del vino piemontese davvero "ha abbandonato da tempo le vecchie e perdenti logiche manipolatorie o, peggio, sofisticatrici"? Tutta la solidarietà possibile all’uomo e al vignaiolo sfortunato Elio Altare, ma senza farne un eroe e un mito. I veri uomini faro del vino piemontese e di Langa sono altri, quelli che non hanno bisogno delle sponsorizzazioni e del sostegno altrui, perché sanno parlare con i loro vini e con la loro storia. Impeccabile, inattaccabile, senza sospetti né macchie.

29 giugno 2001

bubwine@hotmail.com

 

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