“Nessuna etichetta, l’unico padrone è il proprio pensiero”
intervista a Luca Doninelli e Ugo Cornia di Angelo Crespi


“Se per cultura intendiamo i libri, i romanzi, i convegni, i salotti, le fiere e cosette simili, allora tutto è in mano alla sinistra”. Non ha dubbi lo scrittore Luca Doninelli,quando gli si chiedono lumi sull’egemonia culturale della sinistra riproposto dal saggio di Pierluigi Battista. “L’egemonia c’è stata ed è stata talmente evidente che solo una volontà di mistificazione ridicola potrebbe metterlo in dubbio”. Ma quando si insiste su categorie come destra e sinistra Doninelli storce il naso. “L’intellettuale ha un solo padrone: il proprio pensiero. Intellettuale di destra o di sinistra è un’espressione priva di senso. Odio quando mi definiscono scrittore cattolico. Preferirei che leggendo i miei libri dicessero belli, o brutti”. Un pensiero che paradossalmente lo avvicina a uno scrittore di una generazione più giovane come Ugo Cornia, rivelazione dell’anno passato con lo stralunato romanzo “Sulla felicità a oltranza” (Sellerio), difficilmente assimilabile alla genia di giovani autori progressisti.

Cornia, nato nel 1965, si dichiara più o meno di sinistra con idee liberali libertarie. “Ma non saprei come catalogarle esattamente - confessa - perché non sono legate a nessun partito. E’ un sentimento personale”. E va oltre, spiegando che la divisione destra-sinistra ha sempre meno senso. “Un tempo l’intellettuale sapeva dove si stava andando, poi la società andava da tutt’altra parte e lui aveva già pronta una nuova analisi su dove saremmo andati. L’intellettuale degli anni ’60 che parteggia e interviene su tutto oggi fa ridere. Io ho scritto un libro bello, così mi dicono, ma potrei essere, su altre materie, un cretino completo. Per esempio, che competenze ho per valutare le scelte economiche di uno stato che devono dare certi frutti in 4 o 5 anni?”.

Appurato che destra e sinistra come categorie di interpretazione del mondo sembrano fare acqua (non è certo una novità), resta da capire dove andrà la letteratura. Se sarà capace di uscire dalle pastoie ideologiche in cui vivacchiano molti. “Certo che ci sono novità - insiste Doninelli - ma quando si entra nell’ufficialità quasi tutto è ancora di sinistra. Ci sono scrittori non allineati e ce ne saranno sempre di più. Ma ci vorrà tempo. In ogni caso, è bene sottolinearlo, il cambiamento politico trae origini anche da novità culturali. La cultura della piccola e media impresa, della destalizzazione, della privatizzazione. Mi sembra difficile che si ritorni al passato”. Ci apprestiamo dunque ad assistere alla morte dello scrittore engagé, schierato a difesa del partito? Cornia per il suo presunto modo di fare letteratura disimpegnata, ha già pagato le conseguenze. La rivista a cui collaborava qualche anno fa, “Il Semplice”, è stata chiusa pur essendo pubblicata da Feltrinelli. “Trovo che sia un limite della critica. Se non si parla di droga, emarginazione, violenza sessuale e cose del genere - problemi irrilevanti rispetto alla vita della maggioranza delle persone - un romanzo viene bollato per essere bucolico. Proprio il genere di accusa che veniva formulata a noi del Semplice, guarda caso, da una certa critica di sinistra”. E qui si arriva al punto dolente. “La critica - insiste Doninelli - a questo punto per sopravvivere deve abbandonare le ideologie. Siamo stati tanto abituati al critico che traeva gli strumenti metodologici dal suo pensiero politico, che una volta morta l’ideologia sembra finito anche il ruolo del critico”.

29 giugno 2001




stampa l'articolo