Città. Tutte le strade portano a Berlino
di Pierluigi Mennitti

Se Berlino attende ancora il suo grande romanzo della riunificazione, da oggi ha almeno la sua grande biografia. L’ha scritta Alexandra Richie, storica del Wolfson College di Oxford, famiglia di antiche origini tedesche e lei stessa berlinese d’adozione: un tomo di oltre millecento pagine, novecento di testo, duecento solo di note. D’altronde la storia di Berlino è monumentale, i suoi 766 anni di vita hanno segnato le vicende europee nel bene e nel male. Una biografia non poteva avere le dimensioni di un tascabile: troppo ingombrante. In Italia il libro della Richie è stato appena pubblicato da Mondadori e prende le mosse dalle origini della città, immerse in un misto di storia e leggenda. L’analisi scorre sempre viva e brillante attraverso l’unificazione dei tanti villaggi in un unico centro urbano, la città dell’assolutismo e quella dell’industrializzazione, la Berlino rossa delle lotte operaie e quella imperiale delle rigidità prussiane: due mondi che convivono gomito a gomito in una realtà divenuta metropolitana ma ancora ricca di tratti provinciali. Questo senso di borgo non sparirà mai da Berlino, a eterna memoria delle origini di villaggio.

Quarantatre euro costa il libro della Richie, ma è il prezzo che tocca pagare per un’opera omnia. Le miserie della prima guerra mondiale e soprattutto del dopoguerra, i dorati anni Venti in cui Berlino esplose come centro culturale e d’avanguardia, capace di attirare artisti da tutta Europa e di rivaleggiare con Parigi e New York sulla scena internazionale. Poi la crisi della Repubblica di Weimar e l’ascesa del nazismo che fece piombare sulla città ribelle una spessa cappa di grigiore e terrore conformista. La Berlino delle bombe è quella che tragicamente ci hanno consegnato tanti film di guerra, le rovine, le morti, la disperazione. Poi la ripresa, la divisione, il muro. Berlino diventa il centro della Guerra Fredda, la divisione che taglia il mondo e l’Europa passa sulle carni vive di questa città con il filo spinato, i mattoni, le garritte, i vopos a sparare su chiunque tenti la fuga verso la libertà. Berlino Est e Berlino Ovest, due metà rivali che si somigliano sempre di meno fino alla caduta del muro e alla festa irrefrenabile del 9 novembre 1989. Quando la città si riabbraccia scoprendosi diversa, diversissima. Il libro si conclude con la storia della riunificazione, un processo ancora aperto che richiederà presto un’appendice di aggiornamento.

Se la biografia di Berlino ha il nome di Alexandra Richie, i racconti del suo “spleen” hanno la firma degli autori di tre triller che provano a rinverdire i fasti del Le Carré della “Spia venuta dal freddo”. Uno è lo stesso John Le Carré che torna sul terreno che lo rese famoso negli anni della Guerra Fredda. Berlino 1969 è luogo e data di partenza del nuovo romanzo “Amici assoluti” (Mondadori, € 18,60) che lancia sulla scena due vecchi amici-rivali, Ted e Sasha, spie al servizio di Inghilterra e Germania Est ai tempi del muro. I due si salvano la vita a vicenda e diventano amici. Una relazione che non resisterà alle pressioni del mondo dopo l’ottantanove, quando gli equilibri della Guerra Fredda saltano e i due protagonisti vengono assorbiti da realtà impazzite.

Il secondo è Thomas Sanders, tedesco di Berlino, cadetto ufficiale nell’esercito dell’ex Germania Ovest. “Terreno di gioco” è il suo romanzo-verità (Sonzogno, € 18): una squadra di nove uomini selezionati fra i migliori soldati giovani che la Germania Ovest potesse offrire viene spedita a compiere missioni segrete dall’altra parte del muro. E’ l’Elitekommando Ost, lo scheletro nell’armadio della Guerra Fredda, il commando che non è mai esistito. Ma nel quale proprio l’autore ha svolto servizio negli anni Ottanta. Le imprese hanno come scenario la città divisa dal muro, un tuffo negli anni della Guerra Fredda che tanto contribuirono al successo delle spy-story.

Il terzo è Joseph Kanon, scrittore americano con alle spalle una carriera di direttore editoriale e il bestseller “Los Alamos”. L’ultimo romanzo s’intitola “Il buon patriota” e intreccia un thriller capace di tenere il lettore con il fiato sospeso sino all’ultima pagina e una toccante storia d’amore. Scenario: la Berlino disperata del secondo dopoguerra. Macerie, povertà, miseria materiale e spirituale con due livelli di degrado: quello della gente comune disposta ad abbassarsi ai compromessi più turpi pur di sbarcare il lunario e quello dei traffici illeciti messi in piedi da scienziati senza scrupoli che approfittano dell’anarchia postbellica per lucrare profitti illegali. Cinquecentocinquanta pagine che scivolano via rapidamente per lo stile semplice e moderno utilizzato da Kanon. Costa € 18,20 ed è pubblicato da Mondadori. In chiusura riproponiamo un romanzo sempre-verde, il romanzo di Berlino. E’ l’epopea di Franz Biberkopf raccontata da Alfred Döblin in “Alexanderplatz”. In libreria si trova l’edizione tascabile di Rizzoli. E’ un bellissimo affresco della Berlino di fine anni Venti con le sue piazze brulicanti, la sua umanità varia e rissosa, i perdigiorno e i traffichini, i fumi e gli odori di una città povera ma vitale, instancabile, disordinata, cialtrona e affascinante. Questa Berlino la si può solo leggere e immaginare, inutile tentare di ritrovarla nella capitale ipermoderna di oggi. Se poi in qualche bancarella ritrovate una copia d’antan, ancora meglio.

19 dicembre 2003

pmennitti@ideazione.com

 
stampa l'articolo