Apocalittici e disintegrati: l’eredità del
comunismo
di Beatrice Mauri
Quattordici anni sono passati dalla caduta del muro di Berlino,
l’evento che in assoluto simboleggia il crollo di un universo
parallelo, quello sovietico, dove la realtà veniva manipolata
per conformarla all’ideologia. Quattordici anni fa, il bozzolo
sovietico si è sgretolato, inaspettatamente per chi conosceva
solo la verità della propaganda ufficiale, precipitando mezzo
continente europeo in un mondo al quale apparteneva ormai solo
geograficamente. Un mondo che era andato avanti, aveva
continuato a crescere, che aveva ormai nuove regole e nuove
logiche che bisognava capire al più presto per riuscire a
sopravvivere. E poi magari anche a vivere. Il salto non è stato
e non è tuttora facile o indolore e le testimonianze di questo
sforzo di crescita e adattamento si riflettono nella
letteratura. Abbiamo scelto tre libri, che raccontano il disagio
di tre paesi che hanno scelto tre strade diverse. La Russia, la
santa madre Russia, troppo spesso anche feroce matrigna, che non
vuole in nessun modo rinunciare a sentirsi una grande potenza.
La Polonia, operosa e mitteleuropea, che ha scelto di seguire il
destino dell’Unione Europea. E la Serbia, nell’immediato
strascico di una guerra fratricida, che ancora si interroga su
colpa collettiva o individuale, senza riuscire a venire fuori da
un sistema economico social-malavitoso.
Irina Denezkina ha vent’anni e il suo primo libro, “Dammi! Song
for lovers” (Einaudi, 2003, € 12,80), ha diviso la critica
russa. Alcuni l’hanno salutata come diretta discendente di
Hemingway e Salinger, altri l’hanno liquidata come semplice
espressione del degrado giovanile. La giovane autrice descrive
la vita dei suoi coetanei russi, al tempo stesso simili e
diversi dai loro coetanei occidentali, usando un linguaggio
fresco e tagliente, gergale e osceno. Amore, musica, droga,
sesso, esami e tante botte, la Denezkina ci porta nei sobborghi
popolati dai barboni e alcolizzati, nelle stanzette stipate in
enormi caseggiati, nei pub dove scorre a fiumi acida birra
russa, sempre con l’incubo della guerra in Cecenia sullo sfondo.
Un quadro della cosiddetta “generazione Mtv” dipinto senza
giudizi e senza alcun grido di protesta.
Ne “Il cielo sopra Varsavia”
(Bompiani 2003, € 16), Andrzej Stasiuk ambienta il suo thriller
aspro e angosciante in una capitale spettrale e indifferente,
dove il protagonista Pavel dovrà condurre una lotta spietata,
senza esclusione di colpi, per salvare la vita e la dignità. Gli
scenari in cui il protagonista si muove sono quelli classici
dello squallore metropolitano: stazioni ferroviarie, zone
industriali, hotel abbandonati, giardini incolti, sentieri
infangati, cortili in rovina. Uno spaccato poetico della realtà
polacca, che racconta di violenza, amicizia e sogni traditi.
“Casablanca serba – Racconti da Belgrado” (AA.VV.,
Casablanca serba – Racconti da Belgrado, Feltrinelli 2003, € 15)
è
un’antologia che dà al lettore una visione d’insieme del
paesaggio letterario serbo contemporaneo, che ha preso forma
negli anni Ottanta, in opposizione al regime di Slobodan
Milosevic, e ha continuato a evolversi secondo diverse
direzioni. Belgrado è la grande protagonista di questa
antologia: popolata da esseri paranoici, surreali, nostalgici
ancora di quella che un tempo era il crocevia fra Oriente e
Occidente. Le differenti influenze storiche, geografiche e
culturali di questa città trovano espressione nei diversi
contributi a questo volume: dal racconto storico a quello
psicologico, da quello surreale a quello sentimentale. Come è
stato giustamente osservato, forse solo una raccolta di racconti
poteva descrivere la Belgrado post bellica: spezzettata,
dissociata, disorientata
19 dicembre 2003
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