La prima guerra globale
di Alessandro Gisotti
L’America non è un luogo, è uno stato d’animo. Ci piace credere
che Gianni Riotta e Thomas L. Friedman abbiano condiviso questo
pensiero di Mario Soldati nel raccontare il tempo nuovo
dell’America ferita. “La Prima Guerra Globale” del
corrispondente negli Usa del Corriere della Sera (Rizzoli, 281
pagine, € 15) e “Il mondo dopo l’11 settembre”
dell’editorialista del New York Times (Mondadori, 380 pagine, €
18) sembrano quasi scritti per essere letti l’uno dopo l’altro.
Entrambi sono una raccolta di articoli. Di qui la vivacità
tipica del pezzo nato sulla scorta degli eventi della cronaca.
Non manca tuttavia lo spunto di riflessione, l’osservazione
ricca d’interrogativi, l’analisi. Che, con il volgere delle
pagine, diviene chiave di lettura. “La mia speranza – afferma
l’opinionista americano, più volte vincitore del Premio Pulitzer
– è che questo libro sia un ‘album di parole’, capace di
cogliere e conservare le emozioni e le riflessioni allo stato
puro, grezzo, perché rivelino come io e altri ci sentivamo
dovendo affrontare l’11 settembre e le sue conseguenze”. Nel suo
sforzo di comprensione, nella sua ricerca delle radici
dell’odio, Friedman fa partecipe il lettore dei suoi incontri
con i leader del Medio Oriente. Ma anche con gli intellettuali e
i giovani del mondo arabo. Un lungo viaggio dalle madrasse
pakistane ai palazzi reali sauditi, dalle montagne afgane a
Gerusalemme. Un percorso attraverso le percezioni, le paure, le
ragioni di chi vede un’altra America rispetto allo sguardo
occidentale.
Il mondo visto dagli Stati Uniti è, invece, la prospettiva da
cui muove Gianni Riotta, che spiega bene nelle prime pagine del
suo libro il significato e la posta in gioco della prima guerra
globale. “Nel disordine del mondo del 2003 - rileva - non è in
corso uno scontro di civiltà, la storia non è finita con buona
pace dei professori Huntington e Fukuyama. La guerra civile del
nostro mondo è tra le forze limpide della tolleranza e le forze
oscure dell’intolleranza, presenti in ogni campo, in ogni
nazione e religione”. In modo avvincente, Riotta analizza fatti
e protagonisti di questa guerra civile planetaria. Le mosse e
contromosse dell’amministrazione Bush sull’insidioso scacchiere
iracheno. L’Europa divisa tra l’atlantismo blairiano e le
ambizioni di Chirac. L’opinione pubblica, nuova superpotenza, e
i neoconservatori ascoltati dalla Casa Bianca. Ancora,
l’esercito americano e il popolo di Baghdad tra voglia di
cambiare e dubbi sul futuro. D’altro canto, Riotta, non si
sottrae al confronto con i suoi lettori, specie se giovani. “Ai
nostri ragazzi e ragazze, così giustamente disgustati dalle
ipocrisie e dall’arroganza del potere – scrive – dobbiamo
ricordare, con un sorriso, che niente è sexy come la
democrazia”. Impossibile dargli torto. (A.G.)
19 dicembre 2003
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