Politica. Storie tra Prima e Seconda Repubblica
di Teodoro Brandis

Venticinque luglio 1992: l’allora presidente della repubblica Francesco Cossiga rassegna le dimissioni. Quasi in contemporanea i magistrati di Milano decidono di stravolgere il quadro politico italiano sparpagliando sul territorio avvisi di garanzia e provvedimenti di custodia cautelare. Scoppia il fenomeno Tangentopoli, la linea di demarcazione immaginaria da cui è nata quella che è considerata la Seconda Repubblica italiana. Coalizioni pre-elettorali, bipolarismo, personalizzazione della politica: tre elementi che contraddistinguono il nuovo assetto che si è andato a creare. Dieci anni in cui gli equilibri hanno cercato di assestarsi, tra homini novi e “vecchi navigati” delle stanze dei bottoni. In questo contesto si inserisce “Per amor di Patria” l’ultima fatica di Francesco Cossiga che, con la penna del cronista, ha messo per iscritto quanto i suoi occhi hanno visto da protagonista. Un volume che non può mancare dagli scaffali di una qualunque biblioteca domestica: dieci anni di storia politica italiana; dieci anni di cultura all’italiana; dieci anni di avvenimenti che hanno prepotentemente lanciato la nuova classe politica a fare i conti con l’immagine esterna ai palazzi. C’è da essere ottimisti per il futuro del Paese? Cossiga non si sbilancia, ma allo stesso tempo non ne annuncia neppure il funerale (“Per amor di Patria”, Mondatori, pp. 320, € 17.

Sempre ricordando il periodo di Tangentopoli spicca l’ultimo lavoro di Gianni De Michelis, indimenticato ministro degli Esteri, nonché protagonista suo malgrado della scomparsa del Partito socialista italiano. E proprio da questa sua visione in presa diretta degli avvenimenti politico-giudiziari nasce l’analisi di quello che in molti hanno considerato il metodo utilizzato per levarsi qualche fastidioso sassolino dalle scarpe. Non è una mera ricostruzione storica, quella allestita da De Michelis, ma una vera e propria “ricostruzione da sotto il tavolo”, come l’autore stesso ha spiegato: “Interpretati non da una lettura degli avvenimenti ma dall’averli vissuti in prima linea” Lo stile si rifà ai dialoghi platonici, con un intreccio da racconto giallo. Una serie di domande e risposte a cui è difficile rimanere impassibili; uno scenario che rivisto con il senno del poi non può che far sorgere riflessioni e più di qualche dubbio (“La lunga ombra di Yalta”, Marsilio, pp. 214, € 11).

Sempre di Prima Repubblica, ma questa volta un po’ più personalizzata, tratta il volume edito da Sellerio, “Route El Fawara”. Bobo Craxi, figlio dell’ex presidente del Consiglio Bettino, leader del socialismo contemporaneo, racconta a Gianni Pennacchi gli ultimi anni del padre, intrisi di vita e di politica, di piccole gioie e grandi dolori, di speranze e frustrazioni, lasciando emergere i segreti che ormai possono essere consegnati alla Storia e le verità rimosse che ancora inquietano le vicende politiche italiane. Costretto ad Hammamet, Bettino Craxi è un isolato, un ex. Ma un ex che ragiona e congettura a tempo pieno, rimugina e rilancia. E soprattutto è decisamente lucido, anche a ritroso, capace tra l’altro di formidabili storicizzazioni. In questa sua estrema e drammatica stagione della vita, Bettino Craxi ha saputo guardarsi dentro con il suo ben noto e rude realismo (“Route El Fawara”; Sellerio editore, pp. 320, € 15).

Come ogni anno è forse l’appuntamento saggistico più atteso e allo stesso tempo più chiacchierato: il libro di Bruno Vespa. Questa volta l’attenzione del giornalista di Rai Uno si rivolge a Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Presidente-cavaliere uno, professore l’altro, saranno i protagonisti della prossima tornata elettorale europea e forse delle successive elezioni politiche del 2006. Due stili e due concezioni della politica distanti anni luce tra loro, destinate a condizionare ancora la vita politica dell’intero paese. Con la solita sagacia che lo contraddistingue, coronata da una giusta dose di gossip, Vespa scava nelle personalità dei due contendenti, mettendone in luce, oltre alle virtù, soprattutto quelle piccole manie sconosciute al grande pubblico (“Il cavaliere e il professore”, Mondadori; pp. 432, € 17).

Per finire, un regalo insolito, una galleria di immagini di Benito Mussolini come mai si era visto prima. Il regime fascista mise in campo una macchina mediatica formidabile. A guidarla fu lo stesso Mussolini, che escludeva con zelo iconoclasta qualsiasi ritratto difforme dal modello prestabilito. Il monopolio dell'immagine di Mussolini, affidato all'Istituto Luce, si accompagnò a direttive vincolanti e a censure che provvidero alla corretta esecuzione del disegno propagandistico. E il ventaglio delle immagini "consentite" si riduceva a pochi stereotipi: la posa imperiale, la folla acclamante, la superiore competenza in ogni campo. Tutto il resto finiva nelle foto scartate: le piazze mezze vuote, le prodezze del duce non sempre eccellenti, i soldati che non tengono le fila. Mimmo Franzinelli e Emanuele Valerio Marino hanno esaminato l'ingente numero di immagini censurate e hanno selezionato quelle più significative, portando così allo scoperto la realtà vera con tutto il suo potere dissacrante. E umanizzante. Testo e immagine raccontano una storia inedita, non patinata, implacabilmente autentica, come avviene quando cade l'artificio (“Il Duce proibito”, Mondadori, pp. 184, € 18,60).

19 dicembre 2003

 
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