Film. Ritorno al passato 
di Carlo Roma

Due adolescenti, un padre, un viaggio denso di incognite. Sullo sfondo, immobile e silenziosa, la Russia settentrionale con i suoi paesaggi sconfinati, il suo clima spesso ingeneroso e i suoi colori vividi. Un'auto rumorosa, sporca e vecchia, lanciata ad alta velocità sulle strade statali, deserte, costeggiate da file di alberi, che conducono verso un’isola verde, disabitata ma ospitale. Una assenza lunga dodici anni, della quale si sono perse le tracce e della quale non si avverte più il peso, da colmare nel corso di una breve escursione sul lago durante le ore quiete della pesca. Uno spirito di adattamento, più fittizio che reale, con cui misurarsi per una settimana intera. Un uomo taciturno, deciso e a tratti violento, da seguire e da rispettare malgrado la poca familiarità e l’aria di mistero che ispira con il suo sguardo triste e malinconico, scavato da una vita complicata e forse infelice. Le sue tante incongruenze sono, in realtà, l’emblema di una vita parallela, avvolta nell’ombra e costruita lontano dalla moglie abbandonata al suo destino.

Ecco, allora, cosa si devono aspettare Ivan e Andrey. L’incomprensione, confusa fra le pieghe di una paura stringente, sembra essere l’unico veicolo di comunicazione fra i ragazzi e il padre. I tre sono legati, peraltro, da un rapporto quasi del tutto inesistente. Sono pochi gli scambi d’opinione e gli utili insegnamenti da parte del padre. Ivan e Andrey non si divertono né, tanto meno, sono entusiasti di partire, di fatto, con uno sconosciuto di cui hanno sentito appena parlare. L’atmosfera è inquietante e, dopo aver litigato per anni, i ragazzi si ritrovano soli con il padre: cercano un’intesa possibile ed accantonano i motivi del loro contendere. Solidarizzano, insomma, nella speranza di poter capire cosa si nasconde dietro il volto burbero del padre. Un volto davvero enigmatico che lascia poco spazio al desiderio di raccontarsi. Giorno dopo giorno emergono – fra la paura ed i tanti rimproveri – le diverse reazioni dei due fratelli. Andrey è più accomodante. Asseconda la volontà del padre, accetta le sue indicazioni, perentorie come degli ordini, senza reagire. Crede, probabilmente, di poter conquistare il suo cuore glaciale fidandosi di quel poco che conosce della sua storia. Ivan, al contrario, gli oppone una resistenza ferrea. Sin dalle prime ore di viaggio non rispetta il suo ruolo di guida, spinto da un odio sempre più profondo ed accecante. Si ribella all’autorità paterna, più volte sottolineata con implacabile fermezza, ingaggiando una coraggiosa resistenza. Dove può condurre il contrasto che Ivan innesca con tanta energia? Ad una tragedia finale che attende il piccolo gruppo dietro l’angolo.

Film dalle emozioni forti, con un ritmo tagliente e asciutto, l’opera prima del russo Andrey Zvyagintsev, "Il ritorno" è stato accolto fra gli applausi della Mostra del Cinema di Venezia. La giuria, diretta da Mario Monicelli, suscitando varie polemiche, gli ha assegnato il Leone d’oro. Del resto, non è difficile individuare degli spunti interessanti. Per quanto criticabile, ad esempio, la figura del padre è intensa e coinvolgente, capace anche – nonostante tutto - di aprirsi all’affetto e alla generosità. Si rende conto, ma soltanto all’ultimo, dei segnali che gli manda Andrey. Non ha il tempo di rispondere con il cuore, come vorrebbe il figlio, eppure gli lascia un grande gesto d’amore. Agli spettatori, invece, lascia molti e dubbi e tante domande prive di risposta. Un film ispirato, dunque, tutto da scoprire e meditare.

5 novembre 2003

crlrm72@hotmail.com

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