Cinema: "Mio cognato", sulle strade di Bari vecchia
di Carlo Roma

A Bari una nottata senza soste tra loschi personaggi, vicoli oscuri e torbidi. A Bari al seguito di due uomini, a bordo di una decappottabile di un rosso sgargiante e troppo appariscente, uniti soltanto da un vincolo familiare ma diversi e lontani, fra i quali non sembra correre né buon sangue né tanto meno una intesa solida e duratura. Due uomini che si ritrovano, loro malgrado, ad attraversare le sabbie mobili di una storia dai contorni indistinti e sfilacciati, il cui esito sembra destinato a creare, fin dalle prime battute, scene ad alta tensione. Sullo sfondo appare una città, silenziosa e quieta eppure gravida di malaffare, animata da gente priva di ogni possibile virtù morale o civile sempre a caccia del guadagno facile e veloce. Non mancano, però, dei guizzi di scanzonata allegria, e le consuete trovate d’ingegno attraverso le quali si esprime lo spirito e la sensibilità pugliese. Il registro, insomma, cambia di volta in volta. Tutto si svolge all’ombra di una comicità tagliente, di una verve viva e forte, di una divertente immersione nella realtà barese. 

Vito e Toni, dunque, si ritrovano dopo molto tempo, sul lungomare del capoluogo. Si festeggia il battesimo del figlio di Toni. Vito, nato a Bari, ha lasciato la Puglia per andare a lavorare al Nord. Appare un po’ spaesato, come se avesse smarrito i vincoli con le sue origini. Non mastica più il dialetto e non è in grado di cogliere i tanti simboli della sua cultura d’appartenenza. Viene scambiato, insomma, per uno straniero. Vito, viceversa, è il prototipo del classico meridionale, almeno secondo un cliché piuttosto abusato: impresario, conduce un’attività dalle dubbie caratteristiche, coltiva legami ed amicizie pericolose. E’ uno spaccone simpatico e umorale, istintivo e talvolta molto superficiale. L’aria è tiepida, calda, bagnata da un sole primaverile. In apparenza regna sovrana una serena armonia dietro alla quale, nondimeno, trapelano piccoli screzi, ruggini ed incomprensioni. All’improvviso Toni, affacciandosi alla balconata che guarda il parcheggio, si accorge con disperazione che la sua automobile nuova di zecca è stata rubata. E’ una pura casualità dovuta alla proverbiale maestria dei soliti ignoti? Di che cosa si tratta? Bisogna sporgere subito denuncia alle Autorità oppure è necessario provvedere in altro modo seguendo magari i sentieri impervi dei sobborghi corrotti ed inseguendo i delinquenti di bassa lega?

Sono queste le prime sequenze del film di Alessandro Piva Mio Cognato interpretato da Sergio Rubini, nei panni di Toni, e dal tanto celebrato Luigi Lo Cascio, nel ruolo del più mite Vito. A metà strada fra il registro comico e serio, la pellicola perde, di tanto in tanto, credibilità. I mutamenti di prospettiva a volte sono troppo rapidi. Sono molto scontate, peraltro, alcune ambientazioni mentre si cade spesso nella rappresentazione stereotipata della mala barese (che, di certo, fa anche ridere). Il tema del confronto tra mondi che stentano a comunicare, sul quale viene strutturata la pellicola, d’altra parte, non è propriamente una novità. Forse, insomma, dall’opera del regista Alessandro Piva ci si poteva aspettare qualcosa in più, senza nulla togliere alla bravura e alla simpatia di Sergio Rubini. 

24 ottobre 2003

crlrm72@hotmail.com

 

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