Previti, parola alla difesa on-line
di Beatrice Mauri
“Mentre mi difendo con tutte le risorse previste dalle procedure,
ogni volta che vedo impudentemente calpestati, dalla procura o dal
collegio giudicante, i principi basilari del giusto processo, mi
domando: “Ma se io, avvocato civilista di lungo corso,
parlamentare, dotato di notevoli mezzi economici, supportato dal
valore assoluto, umano e professionale, dei miei straordinari
legali, non riesco a far rispettare, da codesta “giustizia” di
rito ambrosiano, neanche i più elementari diritti costituzionali,
allora quale incubo kafkiano pende sulla testa dei cittadini
italiani, che, incappati negli ingranaggi della macchina
giudiziaria, non hanno le mie stesse possibilità di far valere le
loro ragioni?”. Così Cesare Previti, nell’introduzione al suo
nuovo stito, spiega il perché di una battaglia, quella legata ai
processi che lo vedono imputato, che ormai non è o non dovrebbe
essere più solo sua, ma di tutti i cittadini.
Cesare Previti, imputato per corruzione nei processi Mondadori,
Sme e Imi-Sir, ha ritenuto necessario ricorrere ad un
sito web
intitolato “La Verità” (e hackerato subito dopo la sua messa
on-line) per dire, appunto la sua verità sui casi in questione e
sui processi ad essi legati intentati dalla procura di Milano;
sulle metodologie e sulle procedure seguite, sui testimoni
utilizzati e sula loro credibilità. E’ la prima volta in Italia
che un imputato affida anche ad un sito web la sua difesa, quel
diritto che, ritiene, gli sia stato negato di esercitare in aula,
durante il processo. Il sito è una miniera di documenti e di
verbali, deposizioni, di elementi mai riportati dalla stampa, che
offrono una interpretazione alternativa di quello che, secondo
Previti, appare sempre più come un processo che persegue precisi
fini politici.
Dal particolare dei processi Previti il discorso si allarga fino
ad abbracciare l’intero sistema giudiziario italiano, certi
costumi ormai inveterati come le carcerazioni preventive usate per
estorcere confessioni, l’utilizzazione disinvolta dei testimoni,
la disparità dei mezzi a disposizione dell’accusa e della difesa
(“Si pensi, ad esempio, a come possa essere difficile difendersi
rispetto ad un’accusa di furto, senza sapere cosa si è accusati di
avere rubato, dove, quando e perché.”), la discrezionalità dei
tribunali nell’ammettere o rifiutare un testimone presentato dalla
difesa e tutto il corollario di malagiustizia al quale siamo,
forse, troppo abituati. Ed è proprio per questo che il caso di
Previti dovrebbe, secondo lui stesso, diventare il caso di tutti i
cittadini che hanno a cuore il rispetto della legalità nel nostro
paese: ai visitatori il giudizio finale.
4 luglio 2003
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