Katharine Hepburn, addio alla Lady di Hollywood
di Fulvia Galli della Loggia

Donna forte, risoluta e dal carattere non facile, Katharine Hepburn, 4 oscar e 12 nomination, muore all’età di 96 anni nella sua residenza nel Connecticut. A lei, leggenda del film americano anni ‘30 e ‘40, il presidente Bush ha reso gli onori come ad una ricchezza del patrimonio americano. A lei il pregio di aver sfidato le convenzioni di una Hollywood infiocchettata e di cartapesta. Il suo fisico spigoloso “troppo magro” per i gusti formosi del tempo, il suo fare mascolino e diretto, poco attento alle etichette della differenza tra sessi, poco propenso ai trucchi tipicamente femminili di seduzione e make up, audace fino all’aggressività, se necessario, le affibbia nel tempo soprannomi di tutti i generi: Caterina l’arrogante, veleno dei botteghini, Greta Garbo dei poveri, femminista e lesbica, fino allo stesso Spencer Tracy che incontrandola sul set del loro primo film disse “Come faccio a recitare con una donna dalle unghie sporche, che si veste da uomo e che forse è lesbica?” 

La strada del successo della giovane contessina di Bothwell si muove in modo anomalo e incostante. Nata in una ricca famiglia aristocratica del Connecticut (tra i suoi avi annovera l’amore infelice del conte James Hepburn per Maria Stuarda) eredita il temperamento anticonvenzionale dalla madre suffragetta e emancipata; dal padre una durezza apparente che nasconde una fragilità nervosa e burbera; dalla tradizione familiare rigide regole di igiene etico-fisiche a cui non rinuncerà mai tipo: cenare presto la sera e andare subito a letto, evitare i ristoranti, svegliarsi alle cinque del mattino, fare il bagno in acqua gelata in qualsiasi stagione e non rinunciare mai a golf, tennis e nuoto, se possibile. Uno stile di vita ben lontano dai vizi e dalla rilassatezza dei suo colleghi attori, spesso snobbati dalla sua aria altera e distante. Una vera sofisticated Lady attenta agli affari e poco propensa alle uscite pubbliche. Detesta i giornalisti e le interviste e non ritirerà mai di persona i quattro oscar che Hollywood comunque le regala, sempre divisa tra chi la considera una brava attrice e chi solo una brava manager. 

Ma dietro una maschera di donna forte ed austera batte un cuore fragile, particolarmente vulnerabile e attratto da uomini fragili ed insicuri (dall’ombroso Bogart, all’introverso John Ford fino all’infelice Spencer). La sua storia d’amore con Spencer Tracy, durata 26 anni e 9 film, tenuta nascosta come un segreto di Pulcinella, mai resa pubblica se non con un omaggio reso al grande attore con il film Tv “Quel che Spencer ci ha lasciato” nel 1986, fa subito il giro del mondo e il pubblico gode nel leggere sotto le righe dei film interpretati dalla coppia di attori parole e sguardi rubati a una finzione-verità quasi irresistibile. Tracy, però, fino all’ultimo rimarrà legato dal vincolo matrimoniale alla moglie Louise Treadwell per il dolore di un figlio sordomuto che li unisce e per un cattolicesimo praticante e sofferto a cui non rinuncia. E Katharine, innamorata e persa, finalmente seconda allo sguardo di un uomo, finalmente domata come un’omonima eroina di Shakespeare, resterà tutta la vita in disparte, rispettosa del grande e corrosivo dolore di Tracy affogato nei sensi di colpa, nell’alcool e nella disperazione. Accanto, ma dietro di lui, lo seguirà e accudirà fino alla morte, restandogli fedele fino all’ultimo. Al suo 90 compleanno dirà “Asciugate le lacrime. Ho atteso questo momento per trent’anni. Sto per raggiungere Spencer”.

4 luglio 2003

stampa l'articolo