Cinema. Cecilia, un vaccino anti-Muccino
di Elisabetta Di Virgilio

Nato dalla fantasia del regista carrarese Antonio Morabito, classe 1972, “Cecilia” è stato presentato al Torino Film Festival come cortometraggio nel 1999. Traendo ispirazione dall’espediente narrativo del corto, è uscito solo a maggio di quest’anno nelle sale cinematografiche italiane l’omonimo lungometraggio. Il film racconta la storia di una ragazzina poco più che maggiorenne, Cecilia, insofferente alla vita familiare, che vive in un mondo tutto suo, e che coltiva un sogno mai rivelato: trasformare i suoi strumenti musicali, per ora solo disegni, in realtà. La possibilità di rendere reale il suo sogno le si presenta quando scopre per caso che a Londra si avvia un corso per liutai. E allora una mattina di un giorno di quasi estate, per sfuggire alle incomprensioni di una famiglia che le appare soffocante e da cui si sente incompresa, Cecilia parte, lasciandosi tutto dietro le spalle, fidanzato (“il barbone”) compreso. Da lì l’evolversi della vicenda, che ci si aspetterebbe in ogni modo tranne quello in cui realmente si svolge. 

Pur seguendo una scansione temporale e d’azione enunciata – i capitoli del film si susseguono come i capitoli di un manuale scolastico di storia: "Le cause", "La crisi", "Il caos", "Il governo del padre", "L'insurrezione", "La guerra" - il film si muove su un piano narrativo volutamente sconclusionato, che per nulla lascia spazio alla prevedibilità del racconto. E’ per questo che Cecilia diviene una pellicola per molti aspetti sorprendente. Dai tratti a volte surreali, molto spesso grotteschi, il film si svolge in un crescendo volutamente paradossale che giunge fino ai limiti del farsesco, per dissacrare, attraverso la tecnica della parodia estrema, un certo mondo moderno. Il mondo strutturato della famiglia, in primis: la famiglia all’italiana, invadente ma spesso inconcludente, avvinta più dalla mania di protagonismo e d’interventismo che dalla concreta fattività. Il mondo delle organizzazioni a struttura rigida, che, aggrovigliate nell’eccesso di burocrazia, anche nella realtà si spingono ai limiti del ridicolo. Il mondo della comunicazione vacua e retorica e di un leaderismo vecchio stile, che assume i tratti di una messinscena caricaturale.

Girato con mezzi dilettanteschi (come dicono gli esperti, low budget), incapace di vantare nel suo cast – Pamela Villoresi a parte, anche in questo caso straordinaria – grandi nomi del cinema italiano, privo di “spinte” promozionali di qualsivoglia natura, e quindi destinato a “morire” dopo un breve giro nelle maggiori piazze cinematografiche italiane (il film è stato distribuito per ora solo a Roma e a Calimera di Lecce), “Cecilia” è un film divertente e mai noioso, certamente non scontato, assolutamente singolare. Non è un capolavoro cinematografico, certo - ma neanche il regista probabilmente lo definirebbe tale – ma di certo è un lavoro del tutto al di fuori dai cliché imposti dal gotha cinematografico italiano.

23 maggio 2003

lisadivirgilio@hotmail.com

Italia. Anno 2001. Durata: 85'. Regia: Antonio Morabito con: Pamela Villoresi, Gianni Grima, Anna Terzano, Erika Manni, Massimiliano Rossi. Sceneggiatura: Antonio Morabito. Distribuito da Pablo distribuzione indipendente

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