Musica. Sergio Cammariere, una vita d'artista
di Cristiana Vivenzio

“Vivo d’artista quasi da sempre / con questo nome che non resta in mente / così difficile da ricordare / per uno che a casa non può ritornare…”. Canta così Sergio Cammariere di fronte al tutto esaurito del Teatro Sistina a Roma. Forse per gesto scaramantico, questa è la canzone che chiude il concerto. Ormai sono in molti a ricordarne il cognome, e il successo ormai acclarato lo chiama da Nord a Sud, non solo d’Italia: tra le prossime tappe Torino, Parigi e poi ancora l’Europa. Eppure lui rimane sempre uguale a se stesso, e anzi, l’ondata di successo gli ha dato una carica in più. Lo dimostra quest’ultimo concerto, il più partecipato, anche per chi ha assistito ad almeno altre sei o sette esibizioni di questo artista che, agli occhi di chi scrive, non è di certo, quindi, una rivelazione di recente acquisizione. Lui i locali jazz di Roma li “batteva” già da tempo, con un pubblico di affezionatissimi fan che non lo hanno mai abbandonato, e con i quali si scambiava con spontaneità ed affezione continui messaggi epistolari. Quegli stessi fan che si ritrovavano sempre, come per un appuntamento fisso, sotto il palco, a godersi le canzoni, certo, ma soprattutto a godere delle emozioni e dell’atmosfera che solo lui, ritroso artista calabrese, sapeva, e sa, creare.

Ma quell’atteggiamento un po’ schivo e un po’ autoironico, quando Sergio si siede al pianoforte si trasforma e si fonde, in un tutt’uno, con la sua musica, che diviene talora virtuosismo talora vera e propria sinfonia. Questo grazie a lui, ma anche grazie a quella che chiama “la sua famiglia”: Amedeo Ariano il batterista, Luca Bulgarelli contrabbassista, Olen Cesari al violino, Fabrizio Bosso alla tromba, Simone Haggiag alle percussioni. Tra loro, anche Alex Britti che con la chitarra tira fuori il suo vero talento. Lo seguono, proprio come i fratelli minori seguono il maggiore, indipendentemente dai successi, indipendentemente dalla notorietà. Solo per la voglia di fare musica, di divertirsi insieme. E tutto ciò risulta talmente evidente a chi assiste seduto ad ascoltare, che quasi sembra di riuscire a far parte di questa famiglia di artisti assortiti, trascinati dalle onde del mare o dalla brezza del vento – due dei temi ricorrenti delle canzoni di Cammariere; suggestionati dalla malinconia dell’autunno o dal senso di vuoto dell’abbandono; inebriati dal ritmo latino e dalla dimensione onirica.

Molto è stato detto su Sergio Cammariere, sulla sua versatilità musicale, che dal jazz trasfonde nello swing e ancora nella musica latino americana. In molti hanno rivangato il suo passato: nato a Crotone quarant’anni fa, la sua carriera artistica nasce all’inizio degli anni Novanta. Nel 1997 il premio Luigi Tenco oggi i successi di Sanremo. Lui che a Sanremo si sente “un pesce fuor d’acqua dentro un grande acquario” ma che alla fine ce la fa. Meno forse sono coloro che sanno che le parole di quasi tutti i testi della “rivelazione dell’anno” della musica italiana sono di un certo Roberto Kunstler, anch’egli cantautore, una partecipazione a Sanremo negli anni Ottanta. E che - strano a crederci - quella “vita d’artista, vita da cane” cantata da Cammariere altro non racconta se non la storia di Kunstler, che in tedesco significa proprio artista. E’ lui che dà una voce in più all’armonia della musica. “Non sono un poeta – ha detto Kunstler – sono un cantautore al quale ad un certo punto della propria vita ha fatto schifo il mondo dello spettacolo”. Da allora il sodalizio (vincente) con l’amico fraterno Sergio - come amano dire entrambi. Tutto il resto è "Tempo perduto". 

9 maggio 2003

vivenzio@ideazione.com


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