Teatro. Corrado d’Elia, la passione di una vita 
di Myriam D’Ambrosio

Ai tempi del liceo nascono amori e amorucci di breve durata ma fissi nella memoria, e, qualche volta, passioni forti destinate a diventare vita. Ci sono professori che non si dimenticano e hanno addosso responsabilità che ignorano. E’ gente che lascia segni su anime in crescita, alla ricerca di una strada. Corrado d’Elia, trentaquattrenne regista e attore milanese (con una buona parte di sangue partenopeo), ne sa qualcosa: “Iniziai a interessarmi di teatro con il professore Salvatore Guglielmino che amava molto Franco Parenti e ci portava a teatro – racconta – tutto è cominciato così. Dicevo a mio padre di andare male in greco e inventavo pomeriggi di ripetizioni inesistenti. In realtà facevo le prove con la compagnia del liceo”. Dopo la maturità Corrado si iscrisse a medicina, ma la vocazione all’arte della scena non fece di lui un discepolo di Ippocrate e la Scuola Paolo Grassi spalancò le sue porte. 

“Uscito da scuola avevo già un’idea precisa – dice Corrado – sentivo forte l’esigenza di uno spazio mio, uno spazio fisico, un luogo dove realizzare quello che avevo in mente. Ho coinvolto compagni di scuola e di accademia seguendo una spinta aggregativa. All’inizio era un piccolo teatro di zona, ma il progetto Teatri Possibili cominciava a prendere forma”. Era il 1995 e, oltre alla Compagnia Teatri Possibili e alla società di organizzazione e produzione teatrale con lo stesso nome, d’Elia metteva su anche un Centro di Formazione per lo Spettacolo. Per due stagioni, 1996-97 e 1997-98 è stato direttore artistico del Teatro Olmetto e dal 1998 dirige il Teatro Libero in via Savona, 10. “Volevo creare una realtà propositiva che non si piangesse addosso (come purtroppo fanno molte giovani compagnie) e mandare avanti un teatro che lavorasse per ragazzi dai venticinque ai trentacinque anni – dichiara – ora, dopo aver svolto un lavoro capillare, abbiamo un pubblico. Andavamo a prenderci gli spettatori uno per uno, a Brera, nei locali frequentati dagli studenti a parlare dei nostri spettacoli spiegando il nostro modo di fare teatro. Era l’unica maniera per sopravvivere. Dalla tenacia è nato un progetto di vita, non soltanto di lavoro. Ora questa comunità teatrale ha sede qui a Milano, ma sogno una cascina in campagna”. Legittimo desiderio di spazio totale e vitale. 

Quest’anno ha portato a Corrado buoni frutti: a giugno scorso il Premio Hystrio Provincia di Milano e poi un “Caligola” di Camus e un “Don Giovanni” che hanno ottenuto consensi di critica e pubblico. “Don Giovanni è stato un progetto rischioso messo in scena dopo quello di Lavia e l’altro dello Stabile delle Marche, entrambi dei successi – commenta – è comunque un testo difficile che lascia sempre insoddisfatti”. Questa estate lo vede impegnato in veste di regista e interprete in “Cyrano de Bergerac”, il romantico e colto spadaccino vissuto nella prima metà del XVII secolo e reso immortale dalla penna di Rostand. “Siamo ancora in viaggio, questa in via Savona è casa nostra e ci torniamo ogni volta con un bagaglio più grande – ammette fiero – per due anni, quando non c’era una sede, andando in giro per i teatri milanesi (Litta, Filodrammatici, Verdi) abbiamo creato un contatto diretto con il pubblico, ed è rimasto. Il progetto per il futuro continua ad essere la stabilità”. 

14 febbraio 2003

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