"Di là dall'acqua": il nuovo cd della Compagnia dell'Anello
di Filippo Rossi


A dodici anni di distanza dall'ultimo disco e a quasi trenta dall'inizio di una ormai lunga avventura musicale, è arrivato in questi giorni il nuovo cd della Compagnia dell'Anello, il gruppo che ha preso nome e ispirazione dall'opera tolkieniana. "Di là dall'acqua" - questo il titolo del disco - raccoglie ben undici brani che possono rappresentare la piena maturità artistica e professionale di un gruppo che è riuscito negli anni a restare sempre fedele allo spirito di Compagnia dell'Anello. La formazione è infatti cambiata nel corso del tempo, ma ha sempre ruotato attorno alla figura del fondatore e voce storica, il padovano Mario Bortoluzzi, vero e proprio Frodo Baggins - per dirla con J.R.R. Tolkien - di una esperienza che è sì musicale, ma anche esistenziale e culturale. La Compagnia dell'Anello è nota, infatti, per una canzone - Il domani appartiene a noi - che è stata negli anni anche uno slogan, un simbolo identificante e un percorso politico. Una canzone che è riuscita ad imporre un concetto innovativo proprio nel lessico della destra politica, introducendo il passaggio psicologico dal ricordo e dalla testimonianza alla possibilità di incidere nuovamente nella storia.

Dal ghetto - duro, pesante, ma in fondo rassicurante - l'apertura verso il mare aperto della politica come un'avventura tutta da costruire. E quello slogan e quella canzone avevano un preciso atto di nascita: erano infatti venuti alla luce venticinque anni fa - l'11 e il 12 giugno del 1977 - nel primo Campo Hobbit di Montesarchio, in provincia di Benevento. Nel corso di quelle due giornate di dibattiti, musica e cultura della destra giovanile, due ragazzi padovani, Mario Bortoluzzi e Stefania Paternò, pensarono di adattare - in italiano e per chitarra - una delle più belle canzoni di Cabaret, il celebre film musicale di Bob Fosse: "Tomorrow belong to Me". Era naturale che il titolo fosse la traduzione di quella canzzone di John Kander e Fred Ebb: "Il domani appartiene a noi". Per tutti gli anni Ottanta, quei versi verranno imparati a memoria e cantati in tutta Italia: "Ascolta il ruscello che sgorga lassù / ed umile a valle scompar / e guarda l'argento del fiume che / sereno e sicuro va / Osserva dell'alba il primo baglior / che annuncia la fiamma del sol / Ciò che nasce puro più grande vivrà / e vince l'oscurità / La tenebra fugge i raggi del sol / Iddio da gioia e calor / nei cuor la speranza non morirà: / Il domani appartiene a noi / Ascolta il mio canto che sale nel ciel / verso l'immensità / unisci il tuo grido di libertà…".

E, come dicevamo, da vera Compagnia dell'Anello, quel gruppo vedrà negli anni alternarsi intorno a Mario almeno venti persone. All'inizio con Bortoluzzi c'era Junio Guariento, poi arriveranno musicisti da tutta Italia, da Milano, da Rimini, da Palestrina. Nel '78 quella prima musicassetta, inconfondibile per la copertina con l'immagine tolkieniana dei fratelli Hildebrandt. E quelle canzoni cantate per anni: Dedicato all'Europa, La rivolta degli atenei, Sunglasses policemen blues, A Piero, La ballata del nero, La foiba di San Giuliano, Alain Escoffier… Nella primavera del 1980, in un concerto a Rimini, entra a far parte del gruppo anche Adolfo Morganti nel ruolo di percussionista e vengono presentati tre brani che anticipano una nuova fase: Terra di Thule, Nascita, e Il costume del cervo bianco, la cover di una nota canzone del cantautore bretone Alan Stivell. Il repertorio comincia ad approfondire una linea meno collegata alla politica e maggiormente ispirata alla ricerca di sonorità e temi tipici della musica popolare europea. Nel 1980, poi, la formazione originaria viene affiancata da tre musicisti con aspirazioni professionistiche: i prenestini Massimo e Marinella Di Nunzio e il milanese Gino Pincini. Due anni dopo c'è un avvicendamento: Junio esce dal gruppo ed entrano Maurizio Sebastianelli e Marco Priori, rispettivamente al clavicembalo e alla batteria. Con questa formazione - Bortoluzzi, Morganti, i fratelli Di Nunzio, Pincini, Sebastianelli e Priori - si arriverà alla produzione di due dischi: Terra di Thule, del 1983, e - con il supporto flautistico di Filippo Cianfoni - In rotta per Bisanzio, del 1990.

"Allora capimmo - ha raccontato dopo Bortoluzzi - di aver fatto il salto di qualità. E infatti anche la Rai se ne accorse e ci dedicò un servizio di Vincenzo Mollica su "Primissima" illustrato con disegni di Hugo Pratt. La nostra non era più musica "militante" nel vecchio senso della parola, restavamo dei dilettanti ma nel senso etimologico della parola: suonavamo anche per dilettarci". Era una consapevolezza artistica ma anche - forse soprattutto - politica e culturale. Gli anni Ottanta stavano segnando un percorso irreversibile: il domani sarebbe davvero appartenuto a chi se lo conquistava. Non c'erano più rendite di posizione o più alibi di comodo. Dalla recriminazione si passava inevitabilmente alla fase della creatività. E in questo senso "Di la dall'acqua" è il coronamento di un percorso artistico: arrangiamenti ultra-professionali, sound accattivante, un perfetto mix tra il precedente repertorio, echi gucciniani, sperimentalismi alla Battiato e riletture del repertorio popolare celtico. Ce n'è per farsi ascoltare e riascoltare all'infinito. Mario Bortoluzzi canta con l'inconfondibile voce, accompagnato o sostituito in qualche brano da Massimo Di Nunzio - notevole anche alla chitarra acustica e classica e alla cornamusa scozzese - e dal violinista Alessandro Chiarelli. Al pianoforte e al sintetizzatore c'è l'inconfondibile Marinella Di Nunzio - signora Bortoluzzi, per chi non lo sapesse - mentre Adolfo Morganti è alle percussioni e Marco Priori alle tastiere.

Ben tre brani - e la copertina con il leone incoronato - sono dedicati all'Istria e alla Dalmazia: "Nave che mi porti / sulla rotta istriana / navi, quanti porti hai visto…". Splendida "Addio a Perasto", che ripercorre la vicenda di una piccola città all'interno delle Bocche di Cattaro in Dalmazia, e la strumentale "Volo su Zara". "Dio che amavi" è invece un esplicito omaggio alla poesia di Holderlin, mentre "Anche se tutti… noi no" rappresenta la continuità con tutta la storia del gruppo: "Forse era solo uno sfogo / di un ragazzo arrabbiato / ma io vent'anni dopo / non l'ho ancora dimenticato / perché sai, certe emozioni / specialmente se sincere / le conservi nella mente / e diventano bandiere / anche se tutti… noi no". Un disco, insomma, da ascoltare e assaporare. Per saperne di più, e magari acquistarlo, anche on-line (www.compagniadellanello.net).

6 dicembre 2002

filipporossi@hotmail.com

 

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