Cattivi pensieri. Mondiale, non è che un gioco
di Vittorio Mathieu

E’ la formula con cui si cerca di consolare un appassionato, quando gli capita una sciagura a bridge (nel caso specifico la conseguenza più grave fu un uxoricidio). Lo stesso vale, naturalmente, per il calcio: non è che un gioco. Appunto per questo è una cosa seria. Cito a memoria: “Le meste rote/da poi che Febo istiga, altro che gioco/son l’opre dei mortali? Ed è men vano della menzogna il vero?”. L’ode si riferiva a un vincitore nel gioco del pallone, ma può andare benissimo anche per un perdente nel gioco del pallone, praticato coi piedi anziché con le mani. Leopardi, tra l’altro, pur senza essere particolarmente dotato come atleta, non avrebbe sfigurato nella squadra della Corea (fatta eccezione per Ahn).

Esaurita la parte seria, veniamo alla non seria, cioè alla Fifa. Da decenni sento parlar male di Blatter, ma da un po’ di tempo attenuatamene: come mai? O i suoi peccati sono veniali, e allora è meglio ignorarli. O non lo sono, e allora era meglio dire: finché c’è lui non ci iscriviamo ai mondiali. Qualcuno perderebbe miliardi di euro ma nell’insieme se ne risparmierebbero di più.

La maledizione dello sport è il professionismo: tennis, calcio, bridge, olimpiadi, sono andati a picco in poco più di mezzo secolo. Eppure, Di Biagio e compagni sono ben professionisti. Sapevano che milioni di euro sarebbero mancati alle loro tasche se avessero applicato il principio che gli arbitri non si discutono ma (all’occorrenza) si pestano. Eran pronti a testimoniare così il loro disinteresse, o era una sceneggiata?

Il Coni potrebbe mostrarsi disinteressato in altro modo: sganciandosi dalla Fifa fino a quando questa insista nel vendersi al miglior offerente. Nel medio periodo potrebbe anche uscirne una situazione interessante.

Una nota ottimistica per concludere: di fronte all’affronto si è ritrovata per un momento l’unità nazionale. non uno ha detto ciò che pure qualcuno senza dubbio pensava: la colpa è tutta di Berlusconi. Del conflitto d’interessi. In nessun altro paese del mondo c’è un fenomeno come quello di un azionista del Milan che al tempo stesso, come presidente del Consiglio è anche padrone della Nazionale. Senza dire che Trapattoni, pur mostrandosi cattolico, non sembra volersi allineare su Castagnetti.

21 giugno 2002

stampa l'articolo