Biagi e Lerner: fuga per la vittoria
di Paola Liberace


La decisione sul destino televisivo di Enzo Biagi e del suo "Fatto", la trasmissione condotta da circa otto anni su Raiuno, sarebbe dovuta dipendere dal colloquio con il direttore generale dell'azienda, ma da qualche giorno sembra ormai già presa. Mentre questo caso televisivo si consumava nel clamore, accompagnato dai commenti sdegnati di chi vi ha voluto vedere la vittoria della dittatura sulla libertà di parola, un altro addio alle armi avveniva poco distante. Gad Lerner ha infatti lasciato il palcoscenico dello strano terzetto di "Otto e mezzo", sul quale, insieme a Giuliano Ferrara e ad un Andrea Molino ormai ironicamente rassegnato al ruolo dello scendiletto cui ci si affeziona, aveva commentato i più rilevanti fatti italiani ed internazionali negli ultimi mesi. Le voci che danno come suo successore Luca Sofri non hanno per ora trovato riscontro presso l'interessato: quindi quasi sicuramente sarà lui a prenderne il posto.

Biagi è uno del quale di questi tempi si fa peccato a dir male; Lerner è uno del quale è in generale rischioso dir bene; forse proprio per queste opposte ragioni, l'opera giornalistica di entrambi non è in discussione, eppure ambedue le trasmissioni - accomunate dalla collocazione preserale - hanno condotto a ripensamenti di palinsesto le rispettive emittenti. Poste in concorrenza reciproca e con Striscia la Notizia, hanno sempre dovuto cedere alla forza di quest'avversario che, nonostante i guai giudiziari e l'impertinenza - sempre più spesso fastidiosa e immotivata, anziché provvidenziale - continua a stravincere. Nel caso de "Il fatto", i risultati d'ascolto sono calati negli ultimi tempi, restando comunque di tutto rispetto; non altrettanto si può dire di Otto e mezzo, che pure è stata riconosciuta tra le migliori dieci trasmissioni dell'anno, e che ha probabilmente sacrificato al "prime time" scelto durante il percorso una buona fetta di aficionados che ne avevano apprezzato la precedente collocazione "di nicchia".

Al di là delle polemiche facili e del differente successo delle due trasmissioni, vale forse la pena di porsi il problema vero e proprio di una filosofia, quella legata allo spazio post-Tg, nato di recente e ben presto rivelatosi problematico. Il commento all'informazione che contorna l'informazione, arrivando subito dopo il telegiornale o addirittura sostituendolo, non si è rivelata un modello vincente, se non con i correttivi "ludici" che hanno contraddistinto la formula di Antonio Ricci. Lo stesso problema si era presentato, con qualche variante, per la fascia di trasmissioni che precede il TG, in particolare per Raiuno - che puntando su una trasmissione-rotocalco come "La vita in diretta" sperava di recuperare all'informazione del TG1 gli ascolti persi, stando all'Auditel, con il "Quiz Show". La chiusura anticipata del programma di Cucuzza (su cui nessuno, al contrario, ha recriminato) per la fascia preserale, e l'abbandono di Lerner e lo spostamento nel palinsesto de "Il Fatto", per quella pre-prime time, sono tre casi in cui è necessaria una pacata riflessione sulla programmazione, sulle esigenze degli ascoltatori delle trasmissioni intorno al telegiornale, sul telegiornale stesso; invece che levate di scudi e ricerche di colpevolizzazioni che tentano di spostare fuori dal piccolo schermo un problema di natura schiettamente televisiva.

7 giugno 2002

pliberace@hotmail.com


 

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