Maurizio Crozza: il "camaleonte" torna in teatro
di Myriam D'Ambrosio


La prima volta in cui calcò un palcoscenico fu nel 1975. Aveva sedici anni e faceva la comparsa nell'Aida di Verdi, vestito da schiavo etiope. Da allora Maurizio Crozza ha avuto ben presente la strada da seguire. Dopo ventidue anni di lavoro costante, di dedizione al teatro (ha iniziato allo Stabile di Genova con Gian Maria Volontè) e di esperienze televisive, Maurizio raccoglie a piene mani i frutti maturi. Quest'ultimo anno è stato particolarmente intenso e importante ma "la televisione è soltanto un aspetto del mio lavoro - precisa subito l'attore genovese - i ritmi televisivi non superano i due, tre minuti. E' necessario abbinare sempre qualità e quantità". Il richiamo del teatro per un attore completo come lui resta forte e Maurizio, anche se a intervalli, lo asseconda. Attualmente è in giro con "La vita non è rosa e fiore", scritto con Stefano Benni e Massimo Olcese che cura anche la regia. "Lo spettacolo teatrale ha respiri più ampi e tempi più lunghi di quelli frenetici televisivi. Le immagini sono molto cinematografiche e con me sulla scena compaiono due musicisti (Savino Cesario alla chitarra e Antonello Aguzzi al pianoforte) che sottolineano diversi momenti - racconta l'attore - c'è spazio anche per una punta di malinconia. "Ricordati Pino che la vita non è rosa e fiore", è la frase che il muratore Carmelo dice spesso al suo amico e l'abbiamo scelta come titolo. In alcuni personaggi c'è un po' del mio passato. Carmelo ricorda un mio amico, muratore anche lui, un calabrese coi capelli biondini sbiaditi, colore della calce".

Oltre al saggio Carmelo il pubblico incontrerà Bibendus Esposito, spirito guida in sovrappeso capace di svelare i misteri dell'Universo, il diavoletto maleducato Brot e il maestro Pavarotti. "Pavarotti ha avuto grande risonanza a Sanremo, ma io all'inizio non volevo metterlo in scena. E' un personaggio troppo nazional-popolare - rivela Maurizio. Comunque, a me interessa raccontare qualcosa attraverso i nuovi personaggi su cui lavoro, interessa mostrarne le contraddizioni. Pavarotti che evade il fisco e poi fa spettacoli di beneficenza è solo un esempio del grande marasma mentale che ci domina. Siamo tutti trionfi di contraddizione. Per quanto mi riguarda io mi chiedo sempre perché metto in scena quel determinato personaggio, che cosa ha da dire, da comunicare".

Di personaggi Crozza ne ha proposti parecchi (da Carmelo Bene a Luciano Onder, da Serse Cosmi ad Arrigo Sacchi, da Terim a Candido Cannavò). La televisione gli sta regalando una grande popolarità e "mi sta aiutando a interagire con il pubblico - confessa - ad abbattere la cosiddetta "quarta parete" a cui un attore è abituato. Mi manca l'aspetto cabarettistico, il contatto diretto con un pubblico da coinvolgere e la televisione serve a raggiungere questo scopo". Maurizio è uno di quegli attori che hanno avuto la fortuna di scoprire in età precoce la loro vocazione e di essere assecondati nella passione. La prima a dirgli "devi fare l'attore" fu sua moglie, l'attrice Carla Signoris (con lui nei Broncovitz) quando aveva appena quattordici anni.

Le persone fondamentali della sua vita Crozza le ha incontrate presto. Poi nacque il sodalizio affettivo e artistico con Massimo Olcese che Maurizio chiama "mio fratello". "Abitavamo nello stesso palazzo a Genova. Quando sono nato lui aveva due anni. Siamo cresciuti insieme e poi, a un certo punto, Massimo ha deciso di scrivere per me, di fare l'autore - ricorda e con la semplicità di un bambino aggiunge - devo ringraziare il mio papà e la mia mamma perché mi hanno sempre appoggiato nella scelta di questo lavoro. Mio padre faceva l'elettricista e mia madre la casalinga. Un giorno andai da lui e gli dissi: "Farò quello che fai tu, sceglierò il tuo mestiere". A momenti mi tirava un posacenere dietro. Ma quanto fu felice quando tornai per annunciargli: "Papà, farò l'attore". E così cominciò una lunga gavetta. Crozza ricorda gli anni dell'Archivolto quando con Giorgio Gallione lavorava fino a dieci ore al giorno anche senza guadagnare una lira. Ricordi e tenerezze a parte, Maurizio conserva un sogno degno di un attore classico e lo sguardo si illumina mentre lo svela: "Tra una decina d'anni vorrei interpretare "Riccardo III". Ora sono ancora giovane, bisogna accumulare altra esperienza".

10 maggio 2002




 

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