Enrico Ruggeri: una voce fuori dal coro
di Luciano Lanna

Irregolare per vocazione. Fuori del coro per istinto. Rivendica la libertà di non lasciarsi incasellare e imprigionare da niente e da nessuno. Non da uno stile (passa dalla canzone d'autore al rock, dall'acustico al melodico), non da una canzone particolare (sente sue tanto "Il portiere di notte" che "Il mare d'inverno", sia "Contessa" che "Si può dare di più"), non da una ideologia (lontano da qualsiasi pensiero politicamente corretto, può però anche permettersi di criticare certi aspetti del globalismo), non da una identità (ha sempre fatto avanguardia ma non ha mai disdegnato la sagra nazionalpopolare di Sanremo). Questo è Enrico Ruggeri, milanese, 44 anni, cantautore e musicista di successo: tifa Inter, odia la Juve, ha scritto alcune delle più belle canzone italiane del dopoguerra, ha una passione per la letteratura e ha pubblicato libri di racconti e poesie ("La giostra" del 1988, "Per pudore" del 1994, "Racconti e poesie" del 1995 e "Piccoli mostri" del 2000). Solo lui poteva portare all'ultimo Sanremo la bellissima "Primavera a Sarajevo", dove "lungo i giardini tra le croci e le moschee il fiume va più nero della sera".

Questo e altro è quanto emerge da "La vie en rouge", un libro in cui Ruggeri si racconta a Massimo Cotto e che è arrivato in libreria per i tipi della Sperling & Kupfer. "Sui cancelli di Wimbledon - esordisce Enrico - è scritto che Vittoria e Sconfitta sono due imbroglione che vanno trattate con la medesima diffidenza. Nella mia vita le ho incontrate entrambe, spesso separatamente, altre volte a braccetto". Adolescenza difficile per via degli occhiali: "I ragazzi mi discriminavano: non ti picchio perché hai gli occhiali… per non morire, ho trasformato gli occhiali da oggetto di discriminazione a segno distintivo, mi venne in aiuto Knox, il cantante dei Vibrators, che portava occhiali scuri dalla montatura bianca". La via dell'estetica come superamento, quindi. Ma si aprono comunque altri problemi. "Ostentando gli occhiali - racconta ancora Enrico - ho rotto le catene come Spartaco, ma ho incontrato, negli anni dell'allineamento politico a sinistra, altri problemi: gli occhiali scuri erano, almeno così dicevano, di destra". E Ruggeri, ragazzo per bene di famiglia borghese, bambino prodigio mandato a scuola a cinque anni, sceglie la via della musica: "Ricordo i primi concerti con gli Champagne Molotov, dove venivamo tenuti sotto osservazione dalla gente di sinistra per la musica che proponevamo". Demenzialità degli anni Settanta, periodo in cui Lou Reed veniva considerato di destra e politicamente scorretto solo perché vestiva di nero e aveva i capelli molto corti: al Palalido di Milano gli permisero solo due-tre canzoni, poi gli tirarono sassi e lattine, costringendolo a lasciare il palco.

Sono gli anni in cui Enrico frequenta il Liceo Berchet, "protetto da un ambiente famigliare e da un modo di vivere quasi fuori del tempo perpetuato da alcuni parenti che credevano in certi valori ormai al tramonto". Quando, nell'autunno 1970, Enrico arriva al liceo è sopraffatto da un clima assurdo: un Sessantotto non ben digerito, le femministe, le assemblee, la caccia al fascista: "Del liceo, ricordo la professoressa di matematica, la signora Fincato, considerata fascista, subiva settimanalmente un'assemblea contro. Arrivava in classe accompagnata dalla polizia, solo perché era l'unica che pretendeva di interrogare e contemplava l'idea di darti 5 come voto". Ruggeri trovava aberranti le lezioni di filosofia: sei mesi su Marx e nemmeno una lezione su Nietzsche e Schopenhauer. "In italiano, niente D'Annunzio e poco Leopardi e Foscolo, ma ore e ore su Gramsci". Non mancano i ricordi tragici e imbarazzanti: "Ricordo un giorno del 1972, l'intero liceo riunito in assemblea quasi permanente. Due ragazzi presero il microfono: Compagni, un'ora fa il proletariato ha giustiziato il commissario Calabresi. Ovazioni, applausi anche dai professori". Per Enrico la lezione fu indimenticabile: "Da quegli anni ho imparato quanto sia bello combattere contro l'arroganza, quanto sia gratificante stare fuori dal coro".

Il 4 ottobre 1977, nell'anno dei portenti, con una provocazione situazionista, Ruggeri avvia la sua carriera musicale. Milano è tappezzata di manifesti che recitano "Concerto punk con i Decibel. Discoteca Piccola Broadway, via Redi angolo corso Buenos Aires". Sull'onda del vento punk proveniente da Londra, Enrico segue l'esempio dei Sex Pistols: strombazza un concerto mai organizzato per vedere che effetto facesse. Arrivarono 300 punk da tutto il Nord Italia e quello che sembrava uno spettacolare raduno divenne un campo di battaglia: "La paura di un nuovo movimento, erroneamente considerato di destra, scatenò uno scontro feroce tra gli adepti della nuova parrocchia e due dei gruppi giovanili della sinistra, Avanguardia Operaia e Movimento Studentesco". Il risultato? Si pestarono a sangue, la discoteca chiuse le porte, continuando a ripetere che nessun concerto era previsto per quella sera. "In un amen - ricorda Ruggeri - finimmo sui giornali. Radio Popolare ci invitò a una trasmissione. Grazie a un mio coinquilino, che conosceva Pepe dei Dik Dik, a sua volta amico di Silvio Crippa, che ora è il mio manager, entrammo in contatto con la Spaghetti Recors…. A novembre, eravamo nel castello di Carimate, per registrare un album, Punk, che oggi è preda ambita dei collezionisti. Tutto senza aver fatto assolutamente nulla…".

Tre anni e i Decibel arrivano a Sanremo. Nel 1981 il primo album da solista, "Champagne Molotov". E gli anni Ottanta saranno un crescendo di successi per Enrico: Festivalbar, ancora Sanremo, collaborazioni con i più importanti cantanti italiani, testi per altri interpreti, tour internazionali. Nel 1983 scrive "Il mare d'inverno" per Loredana Bertè. Un trionfo. Un secondo colpo dopo "Polvere", dello stesso anno. Nell'87 è la volta di "Si può dare di più". C'è questo e altro nel libro che è, in realtà, una biografia a muso duro, frizzante come Champagne, incendiaria come Molotov. Ci sono le tante storie reali dietro ad ogni singola canzone, i particolari inediti e privati, le passioni, gli amori, le donne, le mille avventure con i compagni di viaggio, i torti, le speranze, le rivendicazioni, i sogni: tutto nella "vie en rouge" sempre a tinte forti, mai banale, sempre autentica di un musicista italiano. "Il compito di un'artista - conclude Enrico - è anche, forse soprattutto, illuminare ciò che in genere resta al buio, cogliere i dettagli che rimangono sempre nella polvere, trascurati da tutti. I particolari apparentemente insignificanti sono la chiave di lettura della vita o di una parte del cammino". Non è la vittoria, ma la lotta il senso della vita: "Mondo di uomini, fatto di uomini, pronti a rincorrere il vento, partono deboli, tornano uomini". Grazie, Enrico!

15 marzo 2002

lucianolanna@hotmail.com

Enrico Ruggeri, "La vie en rouge. La mia vita, le mie canzoni", Sperling & Kupfer, pp. 201, € 13,43.

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