La “Lotta di classe” diventa un real show
di Paola Liberace
L’ultima frontiera del socialismo reale non è la Cina o Cuba, ma
una trasmissione televisiva: in onda il martedì sera, già arrivata
alla sua seconda puntata, e affidata alla conduzione della Iena
più irriverente, Enrico Lucci. “Lotta di classe” è uno degli
ennesimi format nati da una variante del reality show, nel quale
due persone di estrazione sociale differente – se non opposta – si
scambiano il posto per qualche giorno, vivendo ognuno la vita
dell’altro, il tutto naturalmente ripreso dalle telecamere.
Ma pare proprio che anche in TV il comunismo se la passi male. Le
due vite che si scambiano non sembrano poi tanto differenti:
semmai, è evidente il tentativo di farle apparire tali, esagerando
alcuni dettagli e riducendoli a caricatura. Il ragazzo della
famiglia bene palermitana che “soffre” ad alzarsi presto al
mattino, o il suo reciproco, un panettiere bergamasco, che si
presenta in felpa alla riunione di un circolo dell’alta società,
sono davvero troppo calcati per risultare credibili. Quando non si
insiste così tanto, di fatto i modi di parlare, di fare, di
vestire, sono difficilmente distinguibili, specialmente quando le
due persone appartengono alla stessa fascia d’età.
L’intervento delle telecamere ed il montaggio televisivo
peggiorano la sensazione di artificiosità, specialmente quando ad
essere riprese sono le riflessioni “private” dei protagonisti, che
parlano di un mondo sconosciuto, inimmaginabile. Persino il genio
un po’ schizofrenico di Lucci appare visibilmente sacrificato,
ridotto a battutine in primo piano che intervallano le riprese:
lontano dalla graffiante intrusione nei modi e nei tempi più
inaspettati, com’era sua abitudine fare. Non sarà che per caso
distinguere tra “classi” sia davvero diventato demodé, e la lotta
di classe si sia spenta in concertazione?
15 febbraio 2002
pliberace@hotmail.com
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