Quanto siamo intelligenti? Ce lo dice la
TV
di Paola Liberace
Non ce lo saremmo mai aspettati: certo, non dal mezzo di
comunicazione che la first lady Ciampi, Franca di nome e di fatto,
ha testé definito “deficiente”. Eppure, proprio alla televisione è
stata affidata la missione di farci sapere quanto siamo
intelligenti, grazie ad un test-trasmissione, nato (naturalmente)
da un format di Aran Endemol e in onda mercoledì 30 gennaio in
prima serata sulla Rai. Un programma pieno di coesistenze
difficili, posto a metà tra alternative tra le quali la TV cerca
la sua “terza via”, per uscire dall’impasse che la signora Ciampi
sintetizzava, appunto, nell’ormai famosa definizione.
Per cominciare, la conduzione del programma è compito di Paolo
Limiti e di Natalia Estrada: come dire, un colpo al cerchio e uno
alla botte. Uno alla tradizione televisiva, legata all’immagine di
un’Italia già quasi andata, e l’altro alla televisione commerciale
meno impegnativa, legata a format magari più innovativi, certo non
sempre interessanti. Il test potrebbe essere definito, con un
neologismo anglofobo da brividi, “edutainment”, a metà tra
l’educazione e il divertimento. Oltre ai due conduttori e ad altri
personaggi del mondo dello spettacolo, che tra i due termini sono
certo più vicini al divertimento, si annoveravano tra gli ospiti
fior di psicologi e persino qualche matematico, di tutt’altra
estrazione. La trasmissione è stata lanciata con una sorta di
appello alla nazione, a metà tra il richiamo del censimento
dell’Istat e i fasti nazionalpopolari della Lotteria Italia; sin
dagli spot che l’hanno annunciata, si è presentata come un grande
invito a tutti gli italiani a convalidare il dato secondo il quale
saremmo tra i più intelligenti del mondo - ma a farlo proprio di
fronte al mezzo che spesso viene incriminato per la repressione di
questa stessa intelligenza.
In realtà, il test sull’intelligenza non fa che riprendere la
tendenza ormai affermata di altre produzioni Endemol, i famosi
quiz-traino dei TG, che tentano di conciliare informazione e
gioco, educazione e divertimento, invitando a confrontarsi con il
proprio “sapere” e insieme a competere per il premio finale. Al
contrario di questi quiz, tuttavia, una trasmissione come “Quanto
siamo Intelligenti”, rischia di essere presa troppo sul serio, di
sbilanciarsi troppo su uno dei due termini, cercando di recuperare
a tutti i costi l’immagine di una televisione che “serve” e
“insegna”. Questo tipo di messaggio sarebbe perfetto per un tipo
di pubblico come quello consueto, appunto, di Limiti e della
Estrada, il pubblico da sala Bingo o da trasmissione nostalgica –
ma taglierebbe definitivamente fuori dalla televisione tutti
coloro che sanno bene che l’intelligenza, così come il sapere, non
è questione di domandine; e che a queste continuano ad attribuire
il valore, tutto sommato limitato, dell’edutainment: un colpo al
cerchio, e uno alla botte.
1 febbraio 2002
pliberace@hotmail.com
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