Il rischio della Jihad giustizialista
di Arturo Diaconale


I segnali della svolta in atto ci sono tutti. Giuliano Amato ha riconosciuto che le perplessità sul mandato di cattura europeo sono assolutamente fondate. Massimo D’Alema ha ammesso che sulla questione della giustizia non si può continuare all’infinito con il muro contro muro. Piero Fassino ha incominciano a tendere timidamente la mano per l’avvio di un dialogo con il centro destra. Ed i socialisti di Enrico Roseli hanno addirittura scavalcato il Rubiconde dell’ostilità preconcetta verso la maggioranza avviando una iniziativa parlamentare tesa a spianare il terreno ad una riforma della giustizia bipartisan da chiudere con un adeguato provvedimento di amnistia. Le condizioni per un dialogo corretto ed un confronto produttivo su come rendere la giustizia italiana al passo con i tempi e con l’Europa si incominciano ad intravedere. Ma è proprio l’approssimarsi di una eventualità che solo nei mesi scorsi appariva del tutto irrealistica che impone il massimo della prudenza e della vigilanza.

Per chi vuole la fine della guerra civile sulla giustizia questo è il momento più difficile e delicato. Non per la necessità di rimuovere lo spesso strato di incomunicabilità che divide ancora il centro destra ed il centro sinistra. Ma per fronteggiare gli inevitabili tentativi di sabotaggio che verranno tentati ai danni dell’apertura del dialogo da parte dei gruppi più oltranzisti della galassia giustizialista del paese. Qualcuno potrebbe pensare che a suscitare una preoccupazione del genere dovrebbero essere gli estremisti di entrambi gli schieramenti. Ma è bene essere chiari su questo punto. I garantisti del centro destra non hanno mai messo i bastoni tra le ruote al confronto. I giustizialisti del centro sinistra, al contrario, hanno una lunga tradizione in proposito. Dalla Bicamerale in poi, ed anche negli anni precedenti, non hanno fatto altro che mandare sistematicamente all’aria ogni tentativo di sciogliere in qualche modo il nodo della giustizia che ostruisce il corretto funzionamento della vita democratica del paese.

Esiste il fondato pericolo, in altri termini, che mentre i garantisti della Casa delle Libertà accettino di buon grado l’avvio del dialogo, i personaggi ed i gruppi della sinistra che guidano e compongono la galassia giustizialista della sinistra si affrettino a compiere tutte le azioni in grado di boicottare e mandare a monte l’operazione. Il riferimento è ai settori più politicizzati della magistratura, agli esponenti più esagitati dell’Associazione Nazionale Magistrati, ai giornalisti ed agli intellettuali che hanno cavalcato proficuamente la tigre della rivoluzione giudiziaria e non vogliono scendere di sella ed a quei politici dell’ultra sinistra che vedono nel giustizialismo l’unica nicchia in cui rinchiudersi e sopravvivere durante la legislatura del centro destra. Costoro sono come gli uomini di Hamas e della Jihad islamica in Medio Oriente. Rifiutano la pace e sono pronti a compiere qualsiasi azione pur di continuare una guerra che serve solo a giustificare la loro presenza sulla scena politica.

Che fare per fronteggiare il metaforico terrorismo giustizialista? Le forze responsabili e riformiste del centro sinistra debbono avere il coraggio di rompere il fronte ad avviare sul serio il dialogo con la maggioranza. Ed il centro destra, se vuole veramente cogliere la mano tesa dell’opposizione, non deve far altro che mantenere ferma la battaglia per la giustizia giusta. Ogni cedimento su questo terreno non favorisce il dialogo ma indebolisce i riformisti del centro sinistra e rafforza i kamikaze della Jihad giudiziaria e quelli di Hamas giustizialista.

14 dicembre 2001

diaconale@opinione.it

da L'opinione delle Libertà


 

 

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