Informazione e show in Tv: il duello
continua
di Paola Liberace
La protesta dell’ordine dei giornalisti, espressa in una lettera
inviata a Zaccaria, sull’invasione di campo da parte del varietà
e dei suoi protagonisti, non poteva tardare ad arrivare, in un
momento in cui la contaminazione dei generi televisivi è sempre
più evidente. Nella lettera viene contestato in particolare il
fatto che capiti a showman e vallette di intervistare gli uomini
politici, anziché riservare questo tipo di informazione ai luoghi
e ai personaggi deputati ad occuparsene. Nella risposta di
Zaccaria i toni sono difensivi: non è vero che l’informazione in
Rai è stata strappata a questi luoghi per essere consegnata agli
showman, ma non si può impedire a chiunque di fare una domanda
fuori dal contesto.
Strano, in un momento in cui tutta la televisione ha più o meno
sentito il bisogno di riconvertirsi alle “news”, veder esplodere
una polemica del genere. Specialmente se si pensa che, qualche
giorno fa, il Codacons ha drasticamente bocciato trasmissioni come
quelle di Lerner e Ferrara da una parte e di Vespa dall’altra,
dedicate all’attualità più scottante e costantemente basate sulla
presenza di ospiti del mondo della politica e del giornalismo.
Trasmissioni che, pure, riscuotono un grande consenso, tanto da
indurre qualche osservatore dei media sui settimanali nazionali a
parlare di “febbre della seconda serata”.
E’ dunque possibile che gli spettatori chiedano sempre più
informazione, in particolare dopo gli attentati americani, e al
contempo si dichiarino annoiati da trasmissioni completamente
basate sull’attualità? Se si accetta questa ipotesi, viene da
chiedersi: non è vero che la televisione tenta una strada
intelligente distribuendo questi stessi contenuti informativi
anche in format che canonicamente non dovrebbero occuparsene? Così
come l’informazione, almeno fino all’estate di quest’anno, ha
prestato i suoi protagonisti allo spettacolo - spesso con
risultati più lusinghieri - non è possibile che lo scambio proceda
ora nel senso inverso, in modo da diffondere un’educazione
all’informazione, in modo da procedere ad una trasformazione dello
stesso show nel senso di una eticità diffusa?
Non si tratta di dare licenza di dichiarazioni incontrollate a
chiunque, ma di accettare e anzi favorire il contatto tra i
protagonisti dell’attualità e della politica e il pubblico,
specialmente televisivo. Sarebbe forse la strada giusta per
azzittire i quotidiani stranieri che accusano l’Italia di
difendere e piangere i suoi giornalisti perché, mancando pressoché
di libertà di parola, ha bisogno di farne degli eroi.
7 dicembre 2001
pliberace@hotmail.com |