Rai Way, la vendita dell'anima
di Michele Lo Foco


La sinistra italiana al governo affidò le sorti dell'azienda di stato Rai al dottor Celli, e non fu un "affidavit" formale ma sostanziale. Seguendo uno schema classico il principio fu consegnare nelle mani di un ex capo del personale, cioè ad un signore che conosceva i gangli del controllo diretto, la vita e la morte della Rai. Gli furono consegnate quindi le chiavi di tutte le porte, anche di quelle di servizio, con piena libertà di azione. Celli sapeva dell'azienda quello che sa di qualunque azienda, e cioè come utilizzare le persone per controllare gli apparati. Su questo ha scritto espliciti e cinici libretti. Ma non sapeva nulla dei contenuti. La sua strategia fu pertanto quella di entrare nel meccanismo come una piovra, e per attuarla immaginò la costituzione di una serie di società autonome, una specie di galassia di nuclei monotematici, posseduti al 100 per cento sempre dalla Rai azienda di stato, controllati dal centro, ma più liberi di agire nel mercato in quanto ufficialmente società per azioni.

Il primo e comune problema fu il capitale e i valori di conferimento delle proprietà da Rai alle nuove società. In poche parole quanto valevano i beni che la Rai andava a trasmettere alle nuove società. La logica ufficiale era quella della privatizzazione: queste nuove società avrebbero potuto essere in parte cedute a privati. La logica vera e pratica era quella del "divide et impera": mettere in ogni società o persone inermi ed incapaci di qualunque decisione o persone fidate, una specie di guardia reale pronta a recepire ordini e disposizioni. Il risultato è stato quello che è oggi sotto gli occhi di tutti e cioè la creazione di una serie di baracche senza capacità autonoma di strategie, senza partner di alcun tipo, totalmente inutili. Abbiamo in questi anni assistito al balletto di nuovi amministratori, di ricapitalizzazioni, di annaspamenti, di fallimenti. Perché se è vero, come lo è, che il dottor Celli ha governato da monarca la galassia, è altresì vero che ognuna delle società è rimasta priva di sostanza, è stata fonte di dannose agitazioni del mercato e soprattutto è stata la causa del disastro della Rai a livello di produzione di contenuti. Basti pensare alla "Serra Creativa" che non ha creato nulla o a Rai Net che ancora non sa di esistere.

Tutto ciò è stato reso possibile dall'assenso prestato costantemente dal Cda Rai e dal Presidente Zaccaria, prono alle strategie del Direttore Generale. E perché Zaccaria, oggi così veemente nella difesa del "suo" servizio pubblico, ha abdicato al proprio ruolo ed ha consentito il disastro attuale? Per un motivo semplice: di questo lavoro, vale a dire amministrare strategicamente un'azienda nazionale di comunicazioni, non sa nulla, e questa prerogativa lo accomuna ad altri consiglieri. Pertanto non capisce che se la Rai è ridotta in questo stato, se ha bisogno di vendere l'anima al diavolo, ciò dipende dalle falle, dispersioni e goffaggini create dal non sapere più produrre, dal dover dipendere da produttori esterni, dal dover acquistare tutto, dal non sapere più giudicare una scenografia, un dialogo, un presentatore, un film, un format.

Così per Rai Way. Tutti, proprio tutti, sanno che gli americani della Crown Castle nei loro conteggi avevano valutato per l'acquisto delle quote il doppio di quanto stabilito. Infatti, in sede di conferimento, la Rai, grazie all'inutile lavoro delle società di consulenza, aveva valutato i propri beni 1.700 miliardi. Ma anche qui tutti sanno che quel valore, per combinazione pari alla valutazione data dall'Iri nel 1990, è il frutto di strategie di bilancio, di ammortamenti, di costi originari. Pertanto nulla di più lontano da una vera valutazione del valore reale delle strutture. Ed è, d'altra parte, semplice anche solo intuire che se gli americani erano pronti a pagare 800 miliardi, tale volontà era espressione di un business valutato in ogni minimo aspetto. I grandi gruppi americani non fanno affari del genere Telecom Serbia: esaminano ogni minimo aspetto del problema, fanno proiezioni a 10/20 anni, calcolano tutti i rischi e non se ne assumono nessuno.

Quello che loro volevano ed avrebbero realizzato, cioè sfruttare le strutture in un modo molto più capillare diversificando i clienti, lo può fare la Rai stessa, migliorando sensibilmente i propri ricavi. Inoltre la Rai non è la Bbc. Il panorama inglese è molto più frastagliato, più composito. La Bbc è un'azienda che lavora solo sui contenuti, e su questi combatte e gareggia. Per fare un paragone americano la Cnn non è conosciuta nel mondo per la sua posizione centrale nel sistema paese, ma perché è la prima ad intervenire, perché è "l'informazione", per i suoi giornalisti d'assalto, per il metodo. Rai Way, per la Rai, è come le fabbriche per la Fiat e la Rai non è una emittente come la Bbc, è l'Italia, è la spina dorsale della comunicazione.

Quello che Zaccaria ed altri non capiscono è che il ministro Gasparri, se avesse voluto fare un favore a Mediaset, avrebbe dovuto avallare l'operazione Rai Way. Così la Rai avrebbe perso il controllo della sua anima ed avrebbe buttato 800 miliardi o parte di essi in programmi demenziali ed in inutili strutture. Quello che gli attuali amministratori non intuiscono nemmeno è che non si vende un patrimonio vitale per pareggiare il buco di bilancio o per l'insensatezza gestionale. Una realtà è lo stato patrimoniale e una realtà è il conto economico. Ma per comprendere questo concetto dovrebbero anche ammettere, e non cercare di nascondere con la manovra Rai Way, quali sono stati i risultati di una gestione miope, viziata, maldestra e purtroppo anche culturalmente fallimentare.

1 novembre 2001


 


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