Cinema. Moulin Rouge: potere e amore bohemien
di Ivo Germano


Che film! Che attori! E che Diva! Condensato estetico di una sorprendente opera pop. Questo è "Moulin Rouge", diretto da Baz Luhrman, ragazzo di genio e talento, non fosse altro per l'ardire stilistico precedente di aver voluto filmare e adattare "Romeo e Giulietta" fra le spiagge di Miami. John Leguizamo, Nicole Kidman, Ewan McGregor, Jim Broadbent, Richard Roxburgh ne rappresentano un cast, vivace e magniloquente per bravura e precisione: Toulouse Lautrec - Leguziano- è un poeta che nonostante l'opposizione del padre decide di trasferirsi a Montmartre e condividere l'esperienza scapestrata e bohemienne dei pittori parigini dell'800. E lì, in compagnia di narcolettici, hippy simpatici e non, piagnoni, gamines e tipi tosti ma mai arroganti. Una fabula contemporanea, con un motivo in più di ispirazione.

Quel che potremmo aspettarci da un musical è ribaltato celermente e vertiginosamente; la colonna sonora unisce Elton John e i Queen; la 'disco '70 e il 'glam rock'. Bellezza e virtù si trasfondono nella Parigi di 'cartoncino' e sono introdotte da quella bomboletta spray di sesso e pepata avidità che è la cantante Kylie Minogue, tramutata in Campanellino dei 'postriboli e dei tabarin'. Certo ci sono anche minime scosse di stile, come ad esempio l'implausibile e improbabile "Bar Assenzio", un po' come se esistesse, all'oggi, il "Pasticca Bar". Pazienza! Tutto è perdonabile, di fronte a un film che sa narrarsi efficacemente. Comunque, all'aurora della belle époque, un professorino, a metà strada fra l'ideal-tipo cechoviano e quello deamicisiano, per fato e necessità, incontra la medusante Nicole Kidman, da troppi desiderata, ma da pochissimi avvicinabile.

Sarà amore, lite, concordia e discordia, massicciamente interferite da un ricco Duca, finanziatore dello spettacolo teatrale che ha come trama l'amore ostacolato da un potente maharajà, cui il maestrino dovrebbe dedica inchiostro e fatica. Lo spettacolo si farà, ma a modo della protagonista e del suo fido innamorato. Nonostante il sicario del Duca, gli appuntamenti mancati, i ricatti e i compromessi fra il proprietario del "Moulin Rouge" e il Duca stesso. E allora, giù con Goethe, la Traviata, Shakespeare, Broadway e Hollywood, con fuochi d'artificio filmici dall'impatto visivo sopraffino. Lo schema del teatro che si fa cinema, si riversa nel videoclip, nella sintesi di stili e modi di rappresentazione. Discorso a parte, merita Nicole: diva assoluta della postcontemporaneità. Gli spettatori e, persino l'occhio severo delle spettatrici sono venusianamente condotti nella storia della material girl: dalla sua apoteosi visiva alla malattia e morte per male sottile. Senza troppo interessarsi al lieto fine, ma attoniti, questo proprio sì, dalla trama pop e contaminante del film.

Potere e amore bohemien. Anni luce lontani dalla versione contemporanea, bobos, da bohemien-bourgeois, che si rimpinzano di raccolte musicali orientaleggianti, indossando scarpe da calcetto. A discendenza genealogica ci troviamo, qui, nei paraggi di Saturday night fever e di Cabaret. Il gallese Ewan e l'australiana Nicole sono purtroppo prototipi, approssimazione per eccesso che certo aiuteranno a sognare, favoriranno un istante di catarsi nei tempi duri e cupi, ma non ci dicono la verità. Verità vera che, con la solita cultura e con altrettanto realismo, è stata vergata da Giampiero Mughini sul Foglio del 19 ottobre. In risposta ai peana cannibali di Aldo Nove e all'esercizio di ammirazione realistico di La Capria nei confronti della siderale Kidman, Mughini strappa il foglio della pretesa luminescente ed edificante della bellezza femminile scrivendo che: "Ammaliati entrambi dall'indecente bugia di Moulin Rouge, il film si prende gioco di noi raccontandoci che la strabella si invaghisce del giovanotto pieno di speranze e non dello straricco che tutto può".

Non è misoginia, neppure quel sarcoma intellettuale che corrisponde al neneismo che nel caso del film vorrebbe condurci alla non scelta fra la bellezza salvifica e quella incendiaria, di una ragazza dai capelli rossi anche lei, come la protagonista di un romanzo mughiniano, "che non poteva stare a metà tra la platea e il bordello". Morale che pane e fatica non si sposano mai e poi mai con le cose sognate e lontane. Dalla “più carina della classe” sino alla portentosa collega di lavoro. "E' il real world, bellezza"! E con ciò: sostiene Giampiero!

26 ottobre 2001

ivogermano@libero.it



 


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