Internet Blocking e libertà d'espressione
di Massimiliano Neri

Fino al 1999 eravamo rimasti affascinati dal boom di Internet, dalla fiaba di una rete libera dove era diventato incredibilmente semplice ed economico pubblicare davanti al mondo intero qualsiasi informazione. Poi la fiaba è diventa realtà, il boom dell'Internet Industry ha portato alla ribalta un fenomeno che aveva lasciato definitivamente l'etichetta di giocattolo per laboratori universitari per diventare alla portata di tutti. Le aziende potevano finalmente fare milioni di dollari tramite la rete, a tutto vantaggio dei consumatori che finalmente trovavano un luogo dove comprare più efficacemente. Il fantasma del caveat emptor, l'inganno del commerciante che vuole portare a casa la vendita avvalendosi dell'ignoranza del compratore, ha lasciato strada ad un'offerta completamente orientata alla soddisfazione del consumatore. Ma non si è trattato solo di E-Commerce. I Net-cittadini avevano scoperto un nuovo strumento di incontro e scambio di idee che ha rivoluzionato irreversibilmente ogni società. La semplicità con cui è possibile recuperare informazioni con Google, personalizzare i propri interessi con Yahoo!, creare comunità virtuali con eGroups, aprì letteralmente le porte ad un nuovo mondo. Un simbolo di questa rivoluzione è stata la campagna promozionale di Cisco. La più costosa iniziativa commerciale della storia, un'operazione triennale da 300 milioni di dollari, che non solo gli valse la posizione dominante sul mercato, ma che diventò addirittura un simbolo nel firmamento pubblicitario. Lo slogan, che oggi è studiato nelle università americane, era frutto di una strategia geniale e lanciava un messaggio di una semplicità disarmante: "Siete pronti?" 

Nel 2001 Internet è stato metabolizzato in ogni paese avanzato ed è diventato parte integrante, se non necessaria, della nostra vita quotidiana. Il Nasdaq è ancora in sala di rianimazione ed ha preso le forme di un vecchio West dove si lotta per la sopravvivenza, con le unghie ed il coltello. Ma non è necessario essere esperti di globalizzazione per capire che questo cambiamento, nonostante gli assestamenti successivi alla fase della sua immaturità, non è stato una bolla, ma al contrario sta andando avanti con la stessa potenza ed entusiasmo. Quali sono allora le nuove sfide? Internet ha mandando all'aria ogni barriera geografica facendo perdere agli stati tradizionali il loro potere. I governi non hanno alcun controllo su quello che avviene nell'Internet e questo ha comportato una contro-reazione. Se volessimo azzardarci in previsioni impossibili, un assaggio del futuro potrebbe essere ciò che è accaduto a Napster, asceso a simbolo del libero scambio di file musicali e recentemente chiuso da una corte giudiziaria. Non è molto distante dalla fantasia ipotizzare una vera contro riforma degli stati nazionali alla minaccia portata da Internet. 

Le sfide portate dai governi alla libera circolazione di idee in Internet si giocano su tre tavoli. Il primo riguarda la difesa della libertà d'espressione in Internet. La difesa dei nostri diritti di Net-cittadini si era manifestata come uno spettro già l'anno scorso con la notizia che i servizi segreti americani, per apparenti motivi di sicurezza nazionale, spierebbero le comunicazioni in rete, tramite il progetto Echelon. Alla notizia i nostalgici di Orson Welles si sbizzarrirono in colorite elaborazioni da grande fratello, illuminando un terreno, quello della privacy, che rimane ancora pieno di ombre. Chiedersi se qualcuno segue e registra il nostro comportamento digitale è la prima sfida alla libertà di espressione in Internet. Una seconda sfida riguarda la libertà di pubblicazione. Per anni è stato un gioco da ragazzi aprire il proprio sito personale, avviare con entusiasmo la news letter della nostra associazione culturale o un newsgroup dove condividere barzellette, o discussioni tematiche sul signor Rothbard, o per protestare contro la globalizzazione. Nuovi luoghi di incontro dove riunirsi con chi la pensa come noi, per sviluppare comunità virtuali e idee, in maniera spontanea e istantanea. In questo paese delle meraviglie, perché bisognerebbe preoccuparsi della libertà di pubblicazione in Internet? Una triste ragione è quanto stato fatto nel marzo del 2001 dal precedente governo italiano. Citando l'articolo di Alberto Mingardi (http://digilander.iol.it/secedo/
gov_contro_rete.htm
) "l'Internet che parla italiano è a rischio censura perché è stato reintrodotto nella legislazione italiana il reato penale e civile di "stampa clandestina"; secondo la nuova legislazione, anche i periodici Internet devono avere un "direttore responsabile", cioè un giornalista patentato. Questa è la seconda sfida alla libertà di espressione in Internet, anche se per adesso, a parte in Italia e in Cina, nessuno ancora si azzarda a toccare il diritto di pubblicare sul World Wide Web.

La terza sfida riguarda la nostra libertà di usufruire in maniera totale delle informazioni offerte in Internet. Ancora, perché dovremmo preoccuparci anche di questo? Il motivo si chiama Internet blocking. Si tratta di un meccanismo software che permette di classificare il contenuto di pagine Internet, con il proposito di filtrarle e quindi diminuire l'accessibilità a determinati tipi di contenuti. L'Internet blocking è oggi noto all'opinione pubblica per l'opera di governi come Cina, Afganistan e Korea, che tentano di sbarrare ai propri cittadini l 'accesso in maniera parziale o totale a ciò che è pubblicato in Internet. Purtroppo questo non accade solo nei paesi dove i cittadini faticano ancora ad uscire dal baratro comunista o dell'integralismo religioso. In forme diverse questo è accaduto pochi mesi fa nel paese che dovrebbe rappresentare il simbolo della libertà, gli Stati Uniti. Nel dicembre 2000, il congresso americano ha approvato una legge che impone l'utilizzo di tecnologie di Internet blocking per bloccare materiale pornografico in tutte le scuole e biblioteche pubbliche finanziate con determinati fondi federali. Vi sono molte ragioni per affermare che questo tentativo, se pur nobile, è vano e pericoloso. Qualunque tecnologia di blocking non è intelligente abbastanza da bloccare neppure il 10 per cento della pornografia sulla rete. Questo è motivato dall'inerente complessità del linguaggio umano che viene usato per presentare informazioni anche in Internet. Per rendere effettivo il filtraggio occorre innalzare le barriere, incorrendo in ciò che è chiamato overblocking. Sbarrando più materiale della limitata porzione di contenuto pornografico che si vorrebbe fermare, si danneggia significativamente l'uso più basilare e pratico di Internet. Siccome la maggior parte del materiale in rete è informativo e utile, non dovrebbe essere in alcun modo inavvertitamente o intenzionalmente bloccato. La tecnologia di blocking, invece, sbarra in maniera sproporzionata contenuti legati a certi argomenti, discriminando (più o meno volontariamente) intere comunità di persone che accedono, pubblicano o divulgano nell'Internet. E qui veniamo al punto. 

Qualsiasi legge che induce la censura di una parte di Internet, viola il principio elementare di libertà, di espressione e di associazione. Leggi che proibiscono la produzione e distribuzione di materiale pornografico osceno o che coinvolge bambini, esistono già e valgono anche per Internet. Il congresso degli Stati Uniti, ordinando il blocco dei finanziamenti alle scuole che non introducono l'Internet blocking, viola palesemente i principi della costituzione americana, che assicura, anche per l'Internet, i diritti di libertà e di parola d'ogni persona che vi accede, pubblica o divulga. E che dire della vulnerabilità di questa tecnologia? Considerate il livello di alfabetizzazione digitale dei bambini d'oggi. Le operazioni di blocking possono essere aggirate facilmente da qualsiasi ragazzino. Infine, ragionando in termini di E-Government, anche la più semplice tecnologia di blocking richiede una gestione è molto complessa. Ne seguono non soltanto costi di outsourcing, ma anche una totale dipendenza da esperti e aziende specializzate, che vengono in questo modo ad acquisire un grosso potere discrezionale in un ambito che riguarda le nostre libertà più elementari. 

La tecnologia di Internet blocking sembra proprio una panacea fallimentare per un problema che richiede una soluzione più riflessiva. Libertà di espressione in Internet significa quindi libertà di parlare , libertà di ascoltare, senza essere ascoltati. Cosa ci aspetta nel 2002 dipende anche da che ruolo i Net-cittadini vorranno assumere se intenderanno difendere le loro libertà. La buona notizia è che proprio tramite Internet è possibile sostenere l'azione di associazioni come Electronic Frontier Foundation (www.eff.org) che si occupa di difendere i diritti fondamentali e le libertà civili, educando stampa, politici e Net-cittadini. EFF ha sede a San Francisco ed ha recentemente dato inizio ad una strategia di espansione internazionale. In Italia è anche attiva Alcei (www.alcei.it) con sede a Milano.

7 settembre 2001



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