Prove tecniche di tv interattiva
di Paola Liberace


Cominciata l’estate, rieccoci nel carosello televisivo di repliche e trasmissioni tappabuchi, che ereditano dalle “sorelle maggiori” il difficile compito di fare da traino ai telegiornali durante la giornata e la serata. Ma tra tanti programmi che sanno di già visto, quest’anno il piccolo schermo, reduce dal successo del filone “reality”, propone le più singolari varianti sul tema (prova che il mancato gradimento di Survivor non ha compromesso la fiducia e la curiosità per il genere nel suo complesso, e anzi, pare abbia suggerito a Mike Bongiorno di spostarsi dalla montagna al mare). Subito dopo la serata tra le “colleghe televisive” di martedì, ecco su Canale 5 il turno di “Love Stories”, un esperimento a metà tra realtà quotidiana e fiction, per il quale Mediaset ha scomodato addirittura una professionista del giornalismo come Cesara Buonamici - segno di un investimento non indifferente da parte della televisione commerciale.

Non è l’unico né l’ultimo laboratorio televisivo della stagione: abbiamo già assistito al “reality quiz” di Enrico Papi - forse più mirato a ridare lustro al suo conduttore che a proporre un’innovazione di format - e per i prossimi tempi è in arrivo una nuova selezione in diretta, questa volta per diventare protagonisti di una soap opera, sulla scia del fortunato “Popstar”. Nel caso di “Love Stories”, tuttavia, c’è una novità importante e distintiva rispetto agli altri format: prendendo atto della rilevante parte di “fiction” che sempre, inevitabilmente, concorre a costruire il reality show, gli autori hanno deciso di farne addirittura la protagonista della trasmissione. Il punto forte della storia vissuta dai due protagonisti di “Love Stories” è stato infatti il “diario”, una specie di copione che i due hanno dovuto seguire interpretando davanti alle telecamere la loro storia: di fronte alla costante sfida di confondere realtà e finzione, di innamorarsi davvero, al di là delle scene da recitare.

Sembra davvero di essere finalmente al di là della polemica sulla verosimiglianza e sulla “onestà” di trasmissioni come il Grande Fratello: in questo laboratorio di “ingegneria dei sentimenti” (anche se qui, più che nell’era dell’ingegneria genetica, sembra di essere di fronte agli esperimenti sociali settecenteschi), il bello sta proprio nell’indecisione tra copione e sfera privata, su cui, alla fine, tocca al pubblico decidere. Ed eccoci, sempre più protagonisti, da ghiri del telecomando quali eravamo, delle passioni e delle ragioni del video televisivo; che sia come protagonisti di selezioni riprese dalle telecamere, che sia come personaggi di fiction a metà tra la verità e la menzogna, o che sia semplicemente come arbitri telefonici del destino di un racconto, nel quale ci piace in fondo immaginare di riconoscerci.

15 giugno 2001

pliberace@hotmail.com


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