L’Europa è un pericolo ma la Puglia non lo sa
di Fabio Del Prete

L’incontro autunnale con la fondazione Ideazione su “Un’altra idea del Mezzogiorno” si avvia a diventare un evento ricorrente da annotare sull’agendina. Il tema di quest’anno è di bollente attualità, ed è sconcertante che in giro se ne parli poco e in toni sommessi: “Sud: le Regioni alla prova dell’Europa”. Offrire finanziamenti alle imprese, quale che sia stato il canale, si è dimostrato insufficiente a stimolare lo sviluppo dell’area meridionale: i finanziamenti statali o regionali, attraverso l’erogazione di fondi europei, ha svolto prevalentemente un ruolo sussidiario e non di addizione rispetto agli investimenti di parte privata. Far sorgere capannoni dove non ci sono strade e ferrovie o adeguate forniture di energia in terre dove la scuola funziona poco nel creare adatto capitale umano e dove la burocrazia pubblica (e perché no, anche privata) ostacola anziché spingere, serve veramente a poco: fumo negli occhi e niente arrosto sotto i denti. L’elenco dei problemi che inficiano la capacità del Sud a competere si è allungato e approfondito.

Il discorso è stato spesso alto e complesso, ma, mentre seguivo i lavori, per qualche impercettibile motivo, duravo fatica a ritrovare il tema attorno al quale ci si era raccolti: le regioni meridionali e l’Europa. Possibile, mi dicevo, che il tema caldissimo dell’allargamento a 25 e, di qui a pochi anni, a 27, non salti fuori e si imponga al centro dell’attenzione? Mi sembrava che si stesse cucinando un’ottima torta, saporita e succosa, ma che ci si fosse dimenticati di metterci sopra la ciliegina. Poi, finalmente, sabato mattina il tema è esploso: per primo, Imbriani, poi Miccichè e, quindi, tutti. L’allargamento rappresenta, per il Meridione, un’opportunità o un pericolo? Una risposta definitiva non è arrivata, ma almeno il problema è stato posto. E su questo si dovrà tornare, non perché si possano ventilare prospettive di passi indietro, ovviamente, ma perché si deve riflettere sui comportamenti da adottare, sui progetti da spingere, sui sogni a cui rinunciare, di fronte ad evoluzioni globali che ci vedono sempre più rimpicciolire rispetto al campo di azione di soggetti sempre più numerosi e che saranno sempre più portatori di interessi divergenti rispetto ai nostri.

Ma la necessità di trovare soluzioni andrà delusa se, come ha sanguignamente lamentato Mennitti, politici e operatori (specie le banche) non mostreranno sensibilità operativa sul problema. Epperò non dobbiamo perdere le speranze (si dice così?): alla conclusione dei lavori si è trovato persino spazio per lanciare un’idea non peregrina di cooperazione tra Gianfranco Miccichè, viceministro all’Economia e Finanze e il sottosegretario Guido Viceconte delegato del ministro alle Infrastrutture e Trasporti, al fine di far uscire il Corridoio 8 dalle nebulosità inconcludenti dei discorsi astratti e cominciare seriamente a progettarlo. Questo disegno, che tanto interessa noi pugliesi, non ha trovato in Europa la spinta necessaria a entrar nel pacchetto delle misure più urgenti anche perché sarebbe strano che l’Europa finanziasse infrastrutture ubicate in paesi al momento ad essa esterni (Albania, Romania, Bulgaria), ma questo non impedisce che si dia inizio al processo di progettazione, dato che, se non ci possono essere i fondi europei, possono ben esserci i finanziamenti della Bci. Potrebbe essere l’occasione perché, rovesciando il tema del Convegno, l’Europa sia messa alla prova delle Regioni.

19 novembre 2003


(dal Corriere del Mezzogiorno del 18 novembre 2003)

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